URBEX, L'ESPLORAZIONE DEI LUOGHI ABBANDONATI

Questa sorta di vademecum non ha la pretesa di insegnare niente a nessuno. Frutto di dieci anni di esplorazioni fotografiche in luoghi abbandonati, può essere utile a chi si avvicina all'urbex oppure a chi ha già una sua esperienza, ma ama confrontarsi con altri esploratori.

 

Il tempo sospeso, il silenzio che avvolge tutto, l’odore di muffa, le pareti sverniciate, i pavimenti sporchi e sbiaditi, vecchi mobili impolverati, documenti e vecchie fotografie, particolari che affiorano nella penombra rotta solo dalla luce che penetra da uno squarcio nel tetto o dai vetri opachi di una finestra: quello che sembra uscito dai racconti di scrittori come Lovecraft o Edgar Allan Poe è ciò che in realtà affascina chi pratica questa attività. E' il mondo strano e poco conosciuto dell’Urbex. 

In che cosa consiste l'Urbex

Il termine Urbex nasce dalla contrazione di due parole inglesi: "urban" ed "exploration". In generale, per urbex si intende l’esplorazione di qualunque struttura creata dall’uomo, in contrapposizione con l’esplorazione degli ambienti naturali. Tuttavia, ci sono diversi modi di intendere l’Urbex. Infatti, si associa automaticamente l’Urbex all’abbandono, al disuso e al dimenticato, ma non è sempre vero. Esistono alcune varianti, come l’Infiltration o il Roofing, che non prevedono il non uso o l’abbandono della struttura e che fatalmente finiscono per diventare degli illeciti accessi. L’infiltrazione è, infatti, l’ingresso clandestino in strutture, anche se lo scopo non è di commettere reati bensì l’esplorazione non autorizzata. “Infiltration” è proprio il nome della rivista fondata da Jeff Chapman a cui si fa risalire la nascita dell’Urbex. Conosciuto come "Ninjalicious", negli anni novanta questo fotografo canadese ha dato il via al fenomeno dell’Urbex, che quindi nasce come genere fotografico. Il “Roofing” è una sua variante e consiste nella scalata clandestina di strutture urbane per poter godere di visioni e panorami urbani inusuali; da roof cioè tetto, che sostituisce simbolicamente la cima della montagna. Attività illegale ed anche alquanto pericolosa. 

Questo modo di intendere l’urbex noi non lo condividiamo e per urbex ci limitiamo a considerare quello più classico: la ricerca e l’esplorazione di luoghi abbandonati, o comunque in disuso, di cui si è persa la memoria, luoghi dimenticati da tutti fuorché da chi con ostinazione li cerca, per fare rivivere il loro passato. 

Una illuminante definizione dell’Urban exploration è: "The act of going places you're not supposed to go”. Gli esploratori urbani, infatti, si interessano a luoghi dove la stragrande maggioranza delle persone non si sognerebbe mai di mettere piede. Quello che attira gli Urbex è l'ignoto, l'avventura, ma anche il fascino del luogo maledetto e proibito. Un aspetto peculiare di questa disciplina è il suo riflesso comunque potenzialmente illegale. Non bisogna cadere, però, nell'errore e nell'approssimazione di considerare gli Urban Explorer come dei profanatori. Ci sono alcuni elementi fondamentali che separano questa attività dalla pura "violazione di proprietà": i luoghi esplorati hanno sempre per l'esploratore urbano un interesse intellettuale (storico, artistico, esoterico etc); detti luoghi, anche quando appartenenti a qualcuno, sono sempre - di fatto - abbandonati e lasciati all'incuria del tempo; il desiderio unico dell'esploratore urbano è semplicemente quello di documentare, senza prendere, rompere o toccare nulla. La regola universale è: "Take only photographs, leave only footprints" (prendi solo immagini e lascia solo impronte)


L'Urban Exploration può essere, quindi, considerata una riappropriazione di spazi abbandonati allo scopo di vivere un’appagante esperienza di esplorazione e conoscenza legata, in qualche modo proprio all’oblio e alla negazione di quel luogo. Non nascondiamolo: la quasi totalità degli Urban Explorer trova interessante un luogo proprio perché abbandonato e sconosciuto ai più. Se questo fosse frequentabile con visite e percorsi guidati, e magari anche ristrutturato, ci troveremmo di fronte ad un museo o qualcosa di simile e il luogo perderebbe quasi completamente di interesse. La decadenza è la molla principale, ma anche la solitudine e l’oblio sono elementi imprescindibili. 

 

Vi riconoscete in quanto scritto sopra? Anche voi amate o amereste esplorare luoghi dimenticati, fermi nel tempo di cui si è persa la memoria? Allora siete pronti per entrare nel mondo dell’Urbex e fare il passo successivo: imparare a trovare i posti abbandonati, senza i quali manca proprio la possibilità di fare Urbex. Questa è forse la parte più difficile ma anche più gratificante.

Come cercare luoghi abbandonati  

Che tipo di luoghi dobbiamo cercare? Potenzialmente qualsiasi che ci attragga dal punto di vista storico o emozionale. I luoghi che attirano maggiormente gli esploratori urbani sono quelli a forte impatto emotivo come: prigioni, riformatori, orfanotrofi, manicomi, paesi fantasma. Ma l’elenco è piuttosto vasto e comprende anche: scuole, fabbriche dismesse, teatri, luna park, antiche dimore nobiliari (come ville e castelli, spesso veri tesori di arte dimenticata) basi militari dismesse, aeromobili, navi ed in generale qualunque opera umana abbandonata che sia degna di essere esplorata. Ci sono ormai siti leggendari che sono diventati meta di vere e proprie spedizioni da tutto il mondo, come Chateu Miranda in Belgio o la base Buran In Kazakisthan. La mia tipologia di luoghi abbandonati preferita sono gli ex manicomi.

A prescindere dalla tipologia di luogo, le basi di partenza per una ricerca sono essenzialmente di tre tipi: 1) sto cercando un luogo conosciuto nell’ambiente urbex, un luogo che è stato già esplorato e di cui ci sono testimonianze fotografiche e video. So già di cosa si tratta, so che è abbandonato e quindi devo solo scoprire dove si trova; 2) il luogo da cercare non è un luogo noto nell’ambiente urbex, ne ho avuto notizia da altre fonti; 3) il luogo non devo cercarlo, ma l’ho trovato per caso, magari cercando qualcosa altro.

Caso 1- luoghi noti. A meno di non riuscire a convincere qualcuno a darci le coordinate di quel posto, cosa non tanto frequente perché gli Urbexer sono giustamente gelosi delle loro scoperte, dovremo arrangiarci con le notizie che abbiamo. Partiamo dal nome che viene dati ai luoghi che è spesso di fantasia come "villa dei pavoni", "villa conchiglia" o "castello del gigante". Queste sono definizioni sono legate a qualche particolare del luogo, ma non è mai il vero nome. Un modo per capire dove quel posto si trova è scoprire il suo vero nome. La ricerca è la cosa più difficile, ma anche la più creativa ed entusiasmante. Ogni piccolo particolare, ogni piccola insignificante informazione può essere determinante. A volte basta niente, anche il riflesso di un finestrino dove si legge un cartello stradale, un documento nelle pieghe di una foto, una notizia collaterale in rete, un’asta giudiziaria. Tutto può essere utile. La base di partenza sono le immagini girate da altri, sia fisse che video, le notizie sia intrinseche che estrinseche che trapelano. A volte basta poco tempo, a volte ci vuole invece tantissimo tempo; a volte si scopre direttamente l’ubicazione, a volte ci si avvicina per gradi. Cominciamo a fare qualche esempio.

Normalmente gli autori del post urbex (video, singole foto, articoli) tendono ad esplorare le zone in prossimità della propria residenza o verosimilmente in un raggio contenuto. Questo non è sempre vero perché gli urbexer, specie i più incalliti si spostano ed anche tanto, ma vale la pena cercare di sapere da dove viene l’autore del materiale che stiamo esaminando che circoscrivere l’attenzione ai comuni limitrofi, alla regione o al massimo a quelle limitrofe. Osservate anche le caratteristiche del territorio che a volte hanno delle architetture o dei paesaggi inconfondibili. Se vedete montagne alte difficilmente sarà la Puglia, ma più verosimilmente la Basilicata o la Campania. Se l’autore del materiale è pugliese e le immagini ritraggono paesaggio pianeggianti, con terra rossastra e ricca di olivi è piuttosto probabile che il luogo sia in quella regione. Queste sono le valutazioni di massima per così dire che indirizzano la ricerca ma poco ancora ci dicono dell’ubicazione del luogo cercato. A questo punto esaminate come foste dei analisti forensi le immagini, alla ricerca del più piccolo particolare: un cartello, un luogo noto come un teatro, un cinema, una fabbrica con tanto di insegna. Questi dettagli appaiono più spesso nei video, che sono più generosi di particolari, che nelle foto. Quindi, anche se un luogo ha un nome fittizio, ad esempio "la villa dei pavoni", cercate sul browser tutto quello che c’è sulla villa dei pavoni aggiungendo tag come “urbex” – “abandoned”; troverete spesso molti e diversi link ad articoli e video. Esaminateli tutti, perché qualcuno sta più attento a non rivelare troppo, ma magari altri girano e fotografano di più e con meno attenzione. L’ambiente circostante non vi aiuta a capire di che paese, comune, o almeno regione si tratta? Concentratevi anche sulle immagini all’interno del luogo abbandonato perché anche quelle possono rivelare tanto. A volte da foto, documenti, targhe o anche scritte trapelano informazioni preziose. Noi abbiamo identificato un ex manicomio da una scritta molto singolare nella sua cappella. Se i video rivelano più delle foto, gli articoli contengono spesso informazioni utili per la identificazione e localizzazione del luogo. Per quanto scaltri e attenti, tutti commettono sempre un piccolo errore che, se notato, aiuta a trovare il luogo. Anche il web aiuta, se dalle immagini ancora non abbiamo capito. Mettendo insieme tutte le informazioni raggiunte, una ricerca sul web può essere determinante per risolvere l’enigma. Esempio di ricerca: Friuli, villa, comando nazista, strage, frazione montana etc. Abbiamo messo nel browser le poche notizie che abbiamo carpito dal materiale che abbiamo e ne cerchiamo di altre affinché il puzzle si componga del tutto. Compariranno articoli, documenti storici, foto, altri video non urbex e quindi sicuramente più generosi di notizie che dovremo esaminare e valutare. Spesso saremo fortunati e scopriremo dove si trova quel posto.

Talvolta però scopriamo solo il luogo, ma non proprio l’esatta ubicazione. È quasi fatta, ma manca ancora la certezza. E qui ci aiutano di nuovo i particolari delle immagini di partenza che avevamo: è un luogo isolato? è in città? Si vede qualcosa di particolare nei pressi, un bosco, una ciminiera? Ora dovremo usare lo strumento che tutti gli urbexer usano, Google maps o Earth (è uguale), e avere molta pazienza. Mettiamo il nome supposto su maps e lo apriamo (map 1), attiviamo la visione 3d (map 2) e scendiamo in qualche punto a terra con la funzione street view, una sorta di bolla bianca ci dice che in quel punto è attivo (map 3), e poi risaliamo di nuovo a livello di interpolazione computerizzata. Dovremmo avere una visione tridimensionale, sufficiente vicina al suolo, per permetterci un volo radente su tutta l’area alla ricerca di quei particolari (una fabbrica, un camino, un filare di alberi, uno stadio etc.) che vi porteranno a trovare l’esatta ubicazione di ciò che state cercando. Scendendo di nuovo al suolo vedremo immagni reali del sito che ci confermeranno che il posto è quello (map 4). A questo punto puntate il mouse sopra e salvate le coordinate.

(nella mappa: l'ex ospedale psichiatrico della Maddalena di Aversa)

                       google maps                                                          attivare visione 3D                             funzione street view                                 street view

Insomma, avete capito che in questo campo ogni notizia è utile e tutti gli strumenti e i metodi di indagine possono essere utili. L’importante è non demordere: se un posto lo volete davvero trovare, in qualche modo, prima o poi, lo troverete.

Caso 2- luoghi non noti. Valgono le stesse considerazioni fatte per il caso 1, solo che qui avrete molte meno notizie e meno certezze che il luogo esista ancora e che sia abbandonato.

Caso 3- luoghi trovati accidentalmente. Quante volte capita che durante una ricerca fisica o sul web con google maps vi capiti per puro caso di trovare dei presunti edifici abbandonati. Qui il percorso logico è inverso perché non cercherete l’ubicazione di luoghi più o meno noti, ma vi troverete di fronte ad una struttura individuata, che vi interessa e di cui non sapete assolutamente nulla.

La prima cosa da fare (cosa che vale per tutti e tre i casi descritti) è scoprire se sia davvero abbandonata e in disuso. I segnali più evidenti dell’abbandono, quelli abbastanza affidabili, sono i tetti sfondati, le finestre rotte, le porte assenti, rotte o aperte, la vegetazione cresciuta in maniera anomala, nei pressi o addirittura sopra e dentro. La presenza di auto, panni stesi, suppellettili, antenne moderne, parabole indica la presenza, magari anche abusiva, umana. L’assenza di queste unite a quanto sopra ci farà ritenere il luogo abbandonato. Attenzione anche e soprattutto alla presenza di recinzioni, telecamere, cartelli di divieto che potrebbero testimoniare che la struttura, sebbene disabitata e fortemente ammalorata, abbia un proprietario che la protegge da accessi estranei. La loro presenza non vuol dire, tuttavia, attualità dell’interesse: ad esempio le telecamere potrebbero essere non più funzionanti da anni, i cartelli caduti, arrugginiti e parzialmente illeggibili, le recinzioni sfondate. Tuttavia è la loro assenza che ci dà praticamente il "via libera" all’esplorazione, perché ove mai qualcuno ci sorprendesse dentro potremmo in qualche modo dimostrare la nostra buona fede. Ma di questo parleremo anche dopo.

La struttura è accessibile, è di nostro interesse e sembra abbandonata. Non rimane che scoprire qualcosa di questo luogo con ricerche documentali, chiedendo a persone della zona, direttamente esplorando. Diciamo che se l’esplorazione ci dirà qualcosa, avere qualche informazione prima ci permette una esplorazione più consapevole e quindi servono entrambe le cose.  

Avete trovato il posto. Adesso dovete attrezzarvi e pianificare l’esplorazione

L’attrezzatura e la pianificazione nell’Urbex 

Come si accennava, i luoghi abbandonati sono spesso fatiscenti e quindi presentano molte insidie. Per questo motivo gli Urban Explorers conoscono bene le fondamentali precauzioni da prendere, qui sintetizzate in alcuni punti: 1) fare una valutazione approfondita dei luoghi, raccogliendo tutte le informazioni possibili; 2) non muoversi da soli e far conoscere a qualcuno fidato all’esterno la propria posizione;3) dotarsi di ricetrasmittenti, per ovviare al problema dell’assenza di segnale per cellulari, verificando prima se in zona c’è segnale e relative frequenze;4) indossare abbigliamento adeguato, con indumenti leggeri ma resistenti, impermeabili e antistrappo: scarpe robuste, meglio una protezione per la testa tipo caschetto da cantiere, guanti; 5) portare almeno due fonti autonome di luce con sufficiente autonomia; 6) usare una protezione per le vie respiratorie (mascherina o maschere con filtri) per evitare di respirare muffe e sostanze tossiche spesso presenti. 

Naturalmente più il luogo è isolato e pericoloso più saranno necessarie precauzioni e dotazioni. Esplorare una base militare dentro le viscere di una montagna non è la stessa cosa che un edificio in città. Se il luogo presenta rischi particolari è buona norma avvisare da due-tre persone che a partire da una certa ora dovranno contattarvi o essere da voi contattate. In assenza, dovranno avvisare i soccorsi rivelando la vostra posizione. Importante è che, in caso di vostra ingiustificata assenza, qualcuno sappia esattamente dove eravate. In caso contrario, pensateci, sarebbe assai difficile che qualcuno vi trovi. Quindi devono essere persone fidate e affidabili e dovete ricordarvi di avvisarle che tutto è a posto appena siete fuori, per evitare che si attivino involontariamente i soccorsi. 

E, dunque, dopo aver cercato il luogo ed averlo trovato, pianificato una visita è arrivato il momento di esplorarlo. Anche qui alcuni consigli pratici per far sì che la spedizione sia più possibile un successo.

Siamo dentro, come comportarci

Innanzitutto deve essere chiaro che: 1) nessun luogo, per quanto bello sia, vale la vita o la salute. Quindi, massima prudenza e valutate ogni possibile rischio con grande obbiettività e se è il caso rinunciate. Ci saranno occasioni migliori; 2) l’esploratore urbano deve muoversi con la massima delicatezza e discrezione.

Una volta dentro valgono le stesse regole: state lontani il più possibile dalle finestre e valutate bene la solidità del pavimento e dei solai prima di entrare. Se vedete crepe, fessurazioni o rigonfiamenti, evitate. Muovetevi piano e con attenzione, guardando in tutte le direzioni, anche in alto dove spesso si annidano pericoli (strutture pericolanti o oggetti che potrebbero cadervi addosso). Altra regola importante: mai scappare! Se incontrate altre persone, mantenete la calma e cercate di capire se sono ospiti come voi (spesso incontrerete altri urbexer, specie se il posto è famoso) o hanno legami con i luoghi (ad esempio senza tetto o custodi). Comportatevi come se fosse del tutto normale che voi siate li: fate subito capire le vostre oneste intenzioni, non evitate il confronto e le domande che giustamente vi verranno rivolte da chi ha un rapporto diretto con i luoghi come un sorvegliante. Spesso, spiegando con calma le proprie ragioni si riesce ad ottenere persino il permesso di rimanere a fotografare, magari con delle guide di eccezione. Talvolta si verrà invitati semplicemente ad uscire. A volte arriveranno le forze dell'ordine per accertarsi che non siano stati commessi reati (furti, danneggiamenti etc.).

A questo punto sono opportune alcune precisazioni di natura legale. Un immobile ha sempre un proprietario, anche quando è abbandonato, poiché la proprietà di beni immobili non si rinuncia. L'abbandono non fa venire meno il rapporto giuridico tra l'immobile e colui che lo abbandona. Dunque, entrare in un immobile senza esserne i proprietari e senza l’invito di questi comporta sempre il rischio di commettere un reato come "violazione di proprietà privata" o, molto più raramente, "violazione di domicilio" se non si seguono le regole esaminate in precedenza nell’esame preventivo dei luoghi. Tuttavia, la violazione di proprietà è un reato che necessità l’intenzionalità di entrare per occupare, cioè non si ravvisa quando la presenza è occasionale, dura poco tempo e manchi l'animus occupandi. Il discorso è leggermente più complesso di così, ma serve per orientare il comportamento e capire che certe azioni, come scavalcare un muro, rompere una rete, entrare in presenza di uno specifico attuale divieto hanno un significato giuridico preciso. Aggiungo: non toccate o prendete nulla, non solo perché potreste essere accusati di furto o danneggiamento, ma anche e soprattutto per rispetto dell’etica dell’Urbex che predica "prendi solo immagini, lascia solo impronte". Un urbexer vero prende solo immagini e quando esce deve sembrare non essere mai entrato.

Come fotografare i luoghi abbandonati 

L’Urbex è nata proprio come genere fotografico. E quindi la documentazione per immagini è un aspetto quasi essenziale. Lo scopo della maggior parte degli urbexer è di portare via belle immagini, immagini che generino emozione esaltando la decadente bellezza del luogo e, quindi, bisogna valutare attentamente il tipo di fotografia che si va a fare e adeguare attrezzatture e settaggi.

I luoghi di ripresa che si incontreranno, frequentemente saranno con poca o pochissima luce. In questo, la foto urbex ha molte affinità con quella di interni o di architettura. Ognuno troverà nel tempo la configurazione che più gli si addice, privilegiando la completezza o la leggerezza, magari un solo corpo macchina leggero con un unico zoom che copra tutte le focali utili (24-70 mm ad esempio). Tutto dipende dall’importanza che date alle vostre immagini. Se la priorità è portare a casa immagini al massimo della qualità possibile, allora sacrificatevi a portare una attrezzatura più ingombrante, ma che vi dia il massimo della resa. Per avere immagini di buona qualità è assolutamente indispensabile l’uso di un buon cavalletto, intendendo non un cavalletto di fortuna comprato sulle bancarelle, ma un treppiede robusto e stabile, dotato di testa di innesto rapida e sufficientemente modulabile. Utile per la messa a fuoco, e l’inquadratura in generale, l’uso di lampade alogene da poter montare con adattatori direttamente sulla reflex. Il flash, sebbene in grado di illuminare bene anche una stanza buia, rovina l’atmosfera dei luoghi. Quando possibile, meglio sfruttare la luce ambiente, con tempi lunghi e l’uso dello stativo. Non sempre sarà possibile usare il cavalletto, ma anche l’eventuale uso di alti valori ISO non rovinerà più di tanto la fotografia urbex, che è resa affascinante proprio dalla ruvidezza della grana e dall’elevato contrasto. Come corpo macchina, secondo il mio personale giudizio, è meglio una robusta reflex. Per le ottiche, sono da preferire grandangolari spinti (14-16 mm) luminosi, che permettono di inquadrare completamente gli angusti ambienti chiusi e hanno maggiore tolleranza ai lunghi tempi di esposizione. Buona norma usare filtri neutri, di protezione della lente dalla polvere ed accidentali graffi. Tenete sempre a portata di mano le cartine ottiche per pulire le lenti che nei luoghi abbandonati si impolverano subito e tanto. Molto utile laddove sia scarsa la luce o addirittura buio, avere una dei quelle lampade frontali tipo da campeggio, che permette di illuminare la macchina fotografica avendo le mani libere. Ultima cosa, il dispositivo di “scatto remoto”. In alternativa se non lo avete soccorre sempre il vecchio autoscatto regolato al minimo del tempo.

ALCUNE DELLE ATTREZZATURE CHE USO: TREPPIEDI MANFROTTO - TESTA A SGANCIO RAPIDO - SACCA FARETRA PER TREPPIEDI - ZAINO FOTOGRAFICO - LUCE LED PER REFLEX - PENNELLINO A SOFFIETTO E CARTINE OTTICHE (KIT PULIZIA LENTI)

La mia personale configurazione è: due corpi macchina reflex FX, trasportati in zaino fotografico imbottito, una con un 14-24 f 2.8 e l’altro con un 24-120 f.4, cavalletto che porto nella sacca faretra fino al momento di doverlo usare, lampada a led. Con questo sistema ho un campo di ripresa dal 14 mm al 120 mm (magari utile in esterna) e riesco a sfruttare la massima qualità possibile delle macchine. Per il settaggio, la macchina che va sul cavalletto (Manfrotto MK190XPRO4-3W) la imposto con ISO 64, generalmente in modalità priorità dei diaframmi, con un diaframma fisso mediamente chiuso (f.8, f.11) che garantisce la giusta profondità di campo (peraltro già assicurata dall’ottica molto corta) e la massima nitidezza. La seconda reflex, con le focali un po’ più lunghe, la uso in manuale e mi serve per fare i dettagli delle scene. 

 

In conclusione, se l’urbex vi emoziona alzatevi dalle poltrone, spegnete tv e pc, e uscite ad esplorare, in qualunque modo lo intendiate o vogliate farlo.  

© Giovanni R. Filangieri 2019

 

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