PONTICELLI Il parco dei Murales

 

 

 

 

 

Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.

All'esistenza di orrendi palazzi sorti all'improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre.

È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore".

 

(Peppino Impastato)

 

 

 

 

 

 

 

← Ael, tutt egual song e criature (Jorit Agoch)

Ponticelli, la periferia della periferia di una grande città di antichissime origini e raffinatissima cultura. Zona orientale di Napoli, Parco “Merola”, quattro edifici uguali disposti a quadrilatero che ospitano centosessanta famiglie. Sorto nell’emergenza post terremoto del 1980, non è stato pensato per essere inserito in un tessuto urbano coerente e definito. I parchi a Napoli non sono dei giardini, come il nome sembrerebbe suggerire, ma una sorta super condomìni formati da tanti edifici chiusi in uno spazio comune, isolati dall’esterno. E così, le periferie sono formate da tante sotto periferie, atomizzate e sclerotizzate dalla mancanza di un progetto, di una visione di tessuto urbano, umano, sociale. Osservare queste realtà riporta la mente a fortilizi eretti in zone isolate e ostili. Come chiusi in dei fortini di cemento, gli abitanti protetti da recinzioni metalliche osservano il deserto di cemento che si spande tutto intorno. Castelli in un deserto di cemento.

Ma il bello non lo puoi rinchiudere, confinare. E così quello che era chiamato in modo spregiativo “O’ parco dei cuolli spuorc” è diventato oggi “il parco dei Murales”, un concentrato di opere d’arte di cui gli stessi abitanti vanno fieri, intuendone il grande valore simbolico che trascende l’arte stessa.

 

E’ una afosa giornata di agosto. Il cancello è aperto ed entriamo nel primo grande spiazzo parcheggio. Molti ci osservano perché sanno che non siamo abitanti del parco, ma non sono sguardi minacciosi od ostili, sono sguardi compiaciuti. Mentre fotografiamo la meravigliosa opera di Jorit Agoch, forse la più nota “Ael, tutt egual song e criature”, conosciuta anche come la zingara, passa un uomo di mezza età che ci invita a continuare:” ce ne stanno altri, venite venite…”. In tutto ci sono sette Murales. 

Scopriamo che in zona c’è un Osservatorio sulla creatività Urbana che persegue progetti di promozione e valorizzazione della STREET ART. Dal 2015 commissiona Murales a noti artisti. E così, dopo Jorit Agoch, altri maestri del calibro di  Zed1, Rosk & Loste, Mattia Campo Dall’orto hanno impreziosito le facciate cieche di questi edifici con le loro creazioni. 


                     AEL, TUTT EGUAL SONG E' CREATURE JORIT AGOCH                                                                  A PAZZIELL IN MANO E CRIATURE  ZED1


         LO TRATTENIMIENTO DE PECCERILLE  MATTIA CAMPO DALL'ORTO                                                  A PAZZIELL IN MANO E CRIATURE  ZED1

     JE STO VICINO A TE  DANIELE HOPE NITTI

    A MAMM E TUTT E MAMME   LA FILLE BERTHA


CHI E' VOLUT BENE NUN SO SCORD   ROSK & LOSTE

 

 

 

 

 

Non siamo gli unici visitatori. Ci hanno detto gli abitanti del luogo che molta gente passa di qui a visitare queste opere.

E questo ha certamente creato un ponte ideale tra la gente del Merola e l’esterno, allentando quella sensazione di isolamento e marginalizzazione.

E’ talmente alto l’interesse generato da queste opere che è stato addirittura creato un Tour organizzato che parte dalla Stazione Centrale di Napoli.

 

 

Ci piace condividere un pensiero di Alessandra Nardini, Studiosa di semiotica, che a proposito del Parco Merola scriveva:

Non basta mettere del colore su un muro per riqualificare una zona degradata e di questo siamo più che certi; ma credo che il colore, usato in maniera intelligente, possa essere un primo passo verso una rigenerazione urbana vera e profonda, che vada oltre la semplice riconfigurazione spaziale ed estetica, ma che abbracci vari aspetti del sociale”


 

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