TRAPPETO

UNO SGUARDO SUL PASSATO

C’era una volta un fabbro che abitava in un minuscolo paese, verso valle presso un ruscello.

Un giorno davanti alla sua fucina passò uno straniero che gli chiese di ferrare il suo asino.

“Quanto ti devo?”  chiese lo straniero al fabbro. Il fabbro lo osservò e vedendolo vestito di poveri stracci, con solo poche cose semplici con sé, gli rispose “non mi devi niente, fai buon viaggio.” Lo straniero insistette per poterlo pagare, ma il fabbro gli rispose che aveva tutto quello che gli necessitava e non volle essere pagato. Allora lo straniero tiro fuori da una sacca sull’asino due strani oggetti e gliene fece dono: una sedia e un sacco. Disse che chi si fosse seduto su quella sedia sarebbe stato obbligato a restare seduto, se non gli fosse stato ordinato di alzarsi; chi fosse entrato nel sacco non ne sarebbe potuto più uscire, a meno che non gli fosse ordinato di farlo. Poi ringraziò il fabbro e se ne andò. Trascorsero molti anni e un viandante mai visto prima entrò nell’officina del fabbro e disse: “Il tuo tempo è terminato, sono venuto a prenderti”.  Il fabbro capì lo sconosciuto era la morte e disse: “lascia che mi prepari. Intanto, siediti qui!” E lo fece sedere sulla sedia regalatagli dallo straniero. Prese poi un grosso bastone e lo colpì duramente prima di ordinargli di andare via lontano. E la morte andò via in fretta ma il giorno dopo tornò per portare via il fabbro. La morte disse al fabbro: “sono la morte non puoi sfuggirmi, se voglio posso attraversare il buco della serratura!” Il fabbro allora lo sfidò: “entra in questo sacco se ci riesci!” Aprì il sacco, e la morte vi entrò ma non riuscì più ad uscire. Rimase intrappolata nel sacco ed ancora è lì dentro, in un angolo remoto dell’officina del fabbro.

Questa vecchia storiella per introdurre un piccolo borgo abbandonato sul fianco di una collina dove c’è una vecchia fucina di un fabbro, piena di ferri del mestiere e di oggetti strani, ma per ora nessuno ha ancora trovato sacchi animati.

La parola trappeto deriva dal termine vernacolare “trappito” ovvero frantoio oleario. Forse fu la presenza di uno o più frantoi a suggerire il nome per questo luogo.  Si tratta di un quartiere rupestre composto da grotte scavate nel tufo naturale sul costone della montagna dai profughi della vicina Corsano sfuggiti alla terribile epidemia di peste del 1656. I superstiti si rifugiarono a Montecalvo e costituirono una sorta di villaggio di case-grotte dove persone e animali convivevano condividendo gli stessi spazi. Un’area in cui vivevano circa 2000 persone in condizioni di vita così arcaiche che sembrerebbero riferibili ad epoche lontane secoli. Al tutto poi nel tempo si aggiunsero case a formare quello che è l’attuale aspetto del borgo. Era una primordiale civiltà contadina in cui ci si viveva con i ritmi della terra e del sole. Ci si alzava alle prime luci dell’alba per lavorare la terra; l’acqua la si andava a prendere alle fonti con le damigiane. Le case o le grotte erano piccole con grande promiscuità tra i vari membri della famiglia e persino gli animali. Un mondo semplice in cui ancora dominava il baratto con cui procurarsi beni più sofisticati o cure mediche.

Entrando in questi alloggi rurali si vedono oggetti ormai visibili solo nei musei o nei ricordi di persone assai anziane. Tutto si autoproduceva e non di rado si possono trovare barattoli di vetro contenenti salsa di pomodoro ed ogni genere di derrate ormai ammuffite. Abiti e cappelli appesi a semplici chiodi conficcati nei muti, armadi ricavati in nicchie scavate nel tufo e servizi igienici microscopici, solitamente il water ed un minuscolo lavandino. Tra i tanti paesi abbandonati da noi visitati, questi è certamente il più arcaico di tutti. È come una astronave atterrata nelle campagne meridionali dell’ottocento. 

Su tutti gli ambienti, spicca l’officina di un fabbro, un luogo tetro e magico allo stesso tempo dove regna la semioscurità dalla quale emergono tracce vivide di un recente passato e di mestieri che non esistono più: la forgia del fabbro in grado di fabbricare, ma soprattutto riparare, qualsiasi tipo di oggetto in metallo. Vecchissimi ombrelli, abiti e cappelli, scarpe, ferri di cavallo, trofei e coppe, vecchie foto, croci, lapidi, finimenti di cavallo: tutto sparpagliato in un caotico percorso.

La zona è stata colpita da violenti terremoti ed è soggetta a smottamenti molto evidenti specie nella parte superiore. Il dissesto geologico unitamente alla cronica mancanza di lavoro ha certamente decretato lo spopolamento progressivo fino all’abbandono del borgo che è apparentemente fermo agli anni 50-60. Oggi è tutto desolazione e silenzio.

L'esplorazione è stata fatta per un tempo davvero breve, nel rispetto dei luoghi e degli eventuali cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato toccato e/o prelevato. 

IL PRESENTE ARTICOLO NON COSTITUISCE IN NESSUN MODO UN INVITO O UN INCORAGGIAMENTO ALL'ESPLORAZIONE. I LUOGHI SONO FATISCENTI E PERICOLOSI. CHI LO FACESSE, SE NE ASSUME OGNI CONSAPEVOLE RISCHIO. AD OGNI BUON CONTO RICORDATE SEMPRE LA REGOLA "LEAVE ONLY FOOTPRINTS AND TAKE ONLY PHOTOS", LASCIATE SOLO IMPRONTE E NON PRENDETE NULLA SE NON IMMAGINI.

 

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