A circa 40 Km da Siena, si possono visitare le rovine di un'antica e grandiosa Abbazia cistercense: l’Abbazia di San Galgano. Si tratta di un’imponente struttura che nel silenzio e nel vuoto di una bella vallata trasmette una profonda sacralità e al tempo stesso un acuto senso di inquietudine. L’abbazia è ormai diroccata e priva di copertura, ma in passato raggiunse momenti di grande splendore. Distante appena un centinaio di metri, sulla collina di Montesiepi c’è una piccola cappella, di forma circolare. Ha una strana architettura e sembra più un tempio pagano; a me ha ricordato vagamente la Temple church di Londra. La Cappella nel suo interno custodisce una delle più affascinanti e misteriose storie dell'intero medioevo: la spada nella roccia di San Galgano. Infatti, nel centro esatto della cappella circolare, vi è una roccia dentro la quale è conficcata una grande spada cruciforme, di quelle usate nel medioevo, pesanti, da impugnare a due mani. Tale spada risulta essere stata forgiata all'incirca nel 1170. Alcuni affreschi del '300 la ritraggono con esattezza di particolari. A tutti salterà subito alla mente Excalibur ed il cod. ciclo Arturiano. In realtà le due leggende non sono affatto slegate tra loro. Molte sono le similitudini che fanno pensare. Quest’antica spada, conficcata saldamente nella roccia, proprio come la mitica Excalibur di re Artù, è legata alla storia di un personaggio altrettanto leggendario: Galgano Guidotti, giovane dissoluto vissuto nel XII, poi divenuto San Galgano.
Nacque a Chiusdino nel 1148 in una famiglia della nobiltà locale, da Guido, e da Dionisia. In gioventù, Galgano visse da libertino dedito ai divertimenti più sfrenati sino ad un giorno dell’anno 1179 quando accaddero degli avvenimenti che gli cambiarono la vita per sempre. Sono tante le legende che si narrano sulla sua conversione ed l’inizio del suo eremitaggio. Una delle più diffuse è questa. Trovandosi a Siena in un negozio di lana si addormentò accidentalmente e gli apparve in sonno l’angelo Michele che gli ingiunse di seguirlo su un monte, dove, in una cappella rotonda, Gesù, Maria e gli Apostoli lo indirizzarono alla vita eremitica. Galgano interpretò questa visione come un segno del volere divino. Qualche tempo dopo, infatti, recatosi sulla collina di Montesiepi, abbandonò la veste di cavaliere e infisse la sua spada in una roccia, gesto che per i cavalieri del Medioevo aveva un alto significato spirituale: la spada capovolta, infatti, ricordava la croce. Quella spada è ancora lì, da più di ottocento anni, come testimonianza di una incorruttibile conversione. Un episodio degno di nota avvenne durante l'assenza di Galgano a seguito di un pellegrinaggio. Tre ladri cercarono di rubare la spada, ma nel tentativo la ruppero (la spada è, infatti, realmente spezzata). Questo scatenò l’ira divina. Uno fu incenerito da un fulmine, un altro annegò nel fiume mentre il terzo fu aggredito da un lupo che gli strappò le braccia. Gli arti del malcapitato ora si trovano in una teca conservata nella cappella di Montesiepi; le analisi eseguite col carbonio 14 confermano che le ossa appartengono ad un individuo vissuto nel periodo in cui visse Galgano. Al ritorno Galgano trovò la spada spezzata, ma intervenne la voce divina che gli disse di unire i pezzi; così facendo la spada si ricompose miracolosamente. Da quel momento Galgano restò in quel luogo fino alla fine dei suoi giorni, morendo in preghiera sulla spada il 3 dicembre del 1181. Quattro anni dopo la sua morte venne santificato da papa Lucio III. Sappiamo che il suo processo di canonizzazione, svoltosi a Montesiepi dal 4 al 7 agosto 1185, fu presieduto dal Cardinale Konrad von Wittelsbach, il quale, in qualità di legato papale, ascoltò la deposizione di 20 testimoni, tra cui la madre stessa di Galgano e gli eremiti che lo avevano conosciuto. Di San Galgano si parla in diversi scritti antichi: l'anonima Vita beati Galgani, la Legenda sancti Galgani confexoris del Blasius, l'anonima Leggenda di santo Galgano confessore. Il culto di San Galgano di diffuse a macchia d'olio tra i cavalieri e San Michele arcangelo, diventò il protettore della cavalleria.
A parte l’attrattiva e la suggestione che questa antica reliquia suscita, c’è un aspetto ben più interessante legato al mito di San Galgano e alla spada di Montesiepi: la possibilità che la leggenda di Re Artù e della sua spada dai poteri magici, Excalibur, sia nata proprio in Toscana. Chi non è mai stato lì dovrebbe andarci; non potrà non accorgersi di come quei luoghi siano carichi di energia e mistero, a prescindere dalle leggende che li animano. E' evidente la similitudine con alcuni elementi propri del mito di Re Artù. Principalmente la spada infissa nella roccia ed il nome Galgano, straordinariamente simile a quello del cavaliere Galvano (Gawain, nella tradizione). Galvano è un guerriero della luce, trae energia dal sole e risulta meno potente di notte. Inoltre, è un grande guaritore ed esperto conoscitore di erbe. Giova ricordare come anche San Galgano fosse stato cavaliere e come egli fosse grande esperto di erbe, conoscenze che apprese nel corso dei suoi eremitaggi. Un’altra similitudine è legata al luogo in cui si trova la spada: Rocamadur, in Francia. L'unico luogo in cui si trova una chiesa dedicata a Santa Maria di Rocamadore è proprio in Italia, a circa 30 km da Chiusdino. Semplici coincidenze? Molti credono di no. Il ciclo di Re Artù è successivo alle vicende di San Galgano e pertanto non sarebbe così sorprendente pensare che, lungo la via francigena che unisce Roma a Canterbury, la straordinaria storia di Galgano e della sua spada nella roccia siano giunte oltre Manica, ad alimentare e dare dettagli al mito Arturiano. E’ possibile che l’autore della narrazione di Re Artù abbia percorso quei luoghi e assorbito la leggenda? Al momento è impossibile stabilire quale delle due leggende abbia influenzato l'altra. San Galgano arriva quando le leggende su re Artù si stavano già diffondendo, ma l'episodio specifico della spada estratta dalla roccia entra nella saga arturiana nel 1200, quindi circa 20 anni dopo la morte di San Galgano.
E’ possibile anche il contrario e cioè che sotto l'influenza dei racconti
arturiani, la spada sia stata messa sul colle di Montesiepi. In questo caso non l'avrebbe messa San Galgano, ma potrebbero essere stati i monaci cistercensi che avevano preso possesso della
Rotonda nel 1218. Questa ipotesi sarebbe suffragata da un ulteriore fatto storico. Nei pressi di Chiusdino, a Malavalle, esiste una chiesa in cui sono conservati i resti di un altro eremita che
viveva in quella zona nella stessa epoca di San Galgano: Guglielmo di Malavalle. Ebbene, esistono molti documenti che attesterebbero che quest'ultimo altri non era che Guglielmo d'Aquitania, che
nel 1137 sparì durante un pellegrinaggio. Se consideriamo che le leggende arturiane furono diffuse in Europa dai Trovatori, che trovavano mecenatismo soprattutto presso la Corte di Aquitania, il
legame è trovato. Lo stesso Guglielmo, che era padre di Eleonora d'Aquitania, prima sposa di re Luigi VII di Francia e poi, dopo essere stata ripudiata, di Enrico d'Inghilterra, era un trovatore.
Secondo queste biografie, la sua scomparsa coinciderebbe con la decisione di fare l'eremita in Toscana.
Luigi Garlaschelli, ricercatore del Dipartimento di chimica organica presso l'università di Pavia, che nel 2001 ha partecipato agli studi sull'arma scoperta in provincia di Siena, ha anche partecipato all’esame dei resti di Gugliemo Malavalle ed ha concluso che:” dall'esame paleontologico
sullo scheletro è emerso che il suo cranio potrebbe essere compatibile con quelli tipici della popolazione francese del periodo.”
Difficile mettere la parola fine a questo mistero. Si potrebbero fare nuovi accertamenti sulla spada, tramite analisi metallografiche si potrebbe stabilire se è stata forgiata in Toscana oppure importata dalla Francia. Oppure si potrebbe fare indagini volte a scoprire se sulla lama ci sono iscrizioni, tipiche per l'epoca, che potrebbero fornire qualche elemento ulteriore. Ci sono, poi, tanti studiosi che ancora aspettano di poter esaminare gli atti della canonizzazione di San Galgano. Infine, si potrebbe fare uno scavo archeologico, per accertare se nel sottosuolo della Rotonda siano conservati i resti del suo corpo.
Comunque la si pensi, a me piace immaginare un unico filo che unisce le leggende che hanno attraversato i secoli passati dell’Europa, fatte di cavalieri invincibili, epiche imprese e sanguinose vendette, boschi incantati, streghe, demoni, castelli e oscure foreste. Mi piace pensare che queste siano le radici comuni di Francia, Spagna, Italia, Inghilterra, Irlanda, Scozia…qualcosa che ci unisce davvero. Idealmente, vedo Galgano Guidotto che cavalca nella valle col sole sulla faccia e con Excalibur nella mano destra; lo vedo scendere da cavallo e piantata la spada nella terra, ci dica, come a lui l’angelo in sogno: basta conflitti, guerre e divisioni, unitevi nel segno della comune grande tradizione e cultura.
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