VILLA C., UNA PERLA DI RARA BELLEZZA

Nella caligine della campagna piemontese, al termine di un lungo viale un tempo fiancheggiato da pioppi secolari, c’è una imponente ed antica dimora: Villa C.

In origine, era probabilmente una sorta di casa fortificata, ma non si hanno notizie certe prima del XVII secolo, periodo in cui la Villa cadde in proprietà di una importante famiglia di origine savojarda che si stabilì in zona al seguito della corte Sabauda. Fu nella seconda metà del 1600 che questo luogo subì un primo profondo rimaneggiamento ad opera del marchese Gaspare G. de la R.  che gli diede l’aspetto che pressappoco ha oggi. Un secondo rifacimento si ebbe tra il 1769 ed il 1779, ed interessò la facciata che dà sul viale, un tempo entrata di servizio e che divenne, poi, l'ingresso principale. Anche il parco, originariamente strutturato all'italiana, fu modificato all'inglese. 

La proprietà nei decenni avvenire passò di mano in mano, di famiglia in famiglia, riducendo anche la consistenza dei terreni a corredo, fino al 1939, anno in cui la villa passò in proprietà al Conte R. di M. che la riportò a nuovo splendore. Durante la seconda guerra mondiale, la villa subì un'incursione di partigiani a causa delle derrate e dei liquori nascosti, si dice, al suo interno. Risulta che il Conte R. l'abbia abitata fino al 1959. Sembra che dal 1959 divenne proprietà di una anonima società Svizzera. 

La Villa è di fatto abbandonata e, purtroppo, da anni preda di vandali e sciacalli. Nonostante sia stata dichiarata Monumento Nazionale, versa nel più completo degrado ed abbandono. Gli arredi, salvo qualche suppellettile sparsa qua e là, le cucine e le panche della chiesa, non ci sono più, forse già venduti in gran parte nelle epoche passate. I pavimenti che dovevano essere più pregiati, quelli dei grandi saloni di rappresentanza del primo piano, sono stati asportati o fatti a pezzi; rimangono i tracciati di legno sottostanti. Anche il parco non ha più nulla della originaria bellezza ed è invaso da piante selvatiche ed erbacce; il laghetto delle ninfee è solo un ricordo. Come una bellissima donna segnata dai maltrattamenti e dalla vita, questo gioiello di architettura, arte e storia se ne sta malinconicamente in disparte attendendo la sua ingloriosa fine. Pure, ha tanto da raccontare a coloro i quali, sfidando la possibile presenza di cani sciolti, sedicenti custodi ed eventuali controlli dell’autorità, ci si avventurano all'interno per celebrarne, nonostante tutto, la bellezza.

Abbiamo mantenuto il riserbo sull'identità della Villa per preservarla da guai peggiori di quelli che ha già incontrato, certi che i veri esploratori urbani la troveranno comunque, guidati dal loro amore per questi luoghi. Nello scusarci per questo con i lettori, vi raccontiamo le nostre impressioni vissute nel (sempre troppo breve) tempo in cui siamo stati in questa meravigliosa dimora.


Siamo arrivati presto al mattino di una giornata fredda ed umida. La Villa ha un aspetto austero, potremmo dire severo che quasi scoraggia ad avvicinarsi. C’è silenzio tutto intorno, si sente solo qualche cane abbaiare. La facciata che dà sul viale, di sapore neoclassico, è quella che forse più rivela i rimaneggiamenti postumi. Girando attorno, sul lato opposto, c’è quella che nei tempi andati era la facciata ed ingresso principale; indubbiamente la parte più bella, con i suoi due scaloni che si incontrano sul piano rialzato del grande ingresso. La vegetazione ha quasi interamente coperto le scale ed un cancello di ferro che conduce nel ventre basso della Villa. Da sopra si scorge meglio il parco e quello che forse un tempo era il laghetto delle ninfee. Tutto è confuso adesso, le erbacce coprono tutto quello che poteva esserci prima. 




Una volta dentro, si vaga tra chiarore e penombra. La luce è quella che filtra dalle fessure delle veneziane chiuse o che entra dalle grandi finestre che ora ne sono prive. C’è ne è generalmente abbastanza per fotografare ed ammirare stupefatti la bellezza ferita di questa antica magione. Gli stili si sovrappongono in maniera evidente, ma non fastidiosa. Gli enormi saloni del primo piano si susseguono l’uno dopo l’altro; ma ce ne è uno, stupefacente, al centro che prende in altezza tutta la villa. Le pareti riprendono finestre e balconate, che permettono uno sguardo anche dal secondo piano e danno l’impressione di una quinta facciata interna, oppure di un teatro, almeno è quello che ci è sembrato: un maestoso teatro con la volta a botte finemente decorata. L’interno è ornato con motivi neoclassici di grande impatto. Purtroppo, in alcuni ambienti i pavimenti sono stati asportati o risultano vandalizzati. Rimangono i tracciati di legno posti originariamente per la posa.





Una bella scala dal sapore liberty si avvita verso l’alto e conduce al secondo piano. E’ impreziosita da una grande conchiglia di marmo bianco che a molti ha fatto dare alla villa il soprannome di “Villa Conchiglia”. Il secondo piano era certamente la parte più intima e riservata. E’ dove c’erano le stanze e i bagni padronali. Una lunga teoria di stanze vuote, ma ancora impreziosite da fini parati rovinati dal tempo e dalle intemperie porta ad un finestrone da cui si scorge una grande chiesa, per raggiungere la quale al livello del pianterreno c’è una scala interna. Prima di scenderla, visitiamo una bella e luminosa biblioteca dove, purtroppo, non c’è più traccia dei volumi che un tempo dovevano fare bella mostra di se sugli scaffali, ora desolatamente vuoti.





LA BIBLIOTECA


LA CHIESA

La chiesa è grande, con tutte le panche impolverate ma a ancora al loro posto. L’altare è spoglio e le tele non sono più nelle grandi cornici. Risaliamo e torniamo al primo piano. Attraverso un’altra scala scendiamo al pian terreno dove c’erano i magazzini, officine, le cucine e probabilmente gli alloggi della servitù. Anche qui c’è una bella sala colorata di rosa tenue con decori bianchi molto raffinati; un grande camino la impreziosisce. 




 

Ormai è tempo di uscire. Ce ne andiamo con un poco di tristezza ma anche di gratitudine per aver potuto vivere, seppur per poco tempo, dentro un luogo così carico di bellezza e mistero, perso per tutti ma non per noi. 

 

L'esplorazione è stata fatta nel rispetto dei luoghi e degli eventuali cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato toccato e/o prelevato. 

 

IL PRESENTE ARTICOLO NON COSTITUISCE IN NESSUN MODO UN INVITO O UN INCORAGGIAMENTO ALL'ESPLORAZIONE. I LUOGHI SONO FATISCENTI E PERICOLOSI. CHI LO FACESSE, SE NE ASSUME OGNI CONSAPEVOLE RISCHIO. AD OGNI BUON CONTO RICORDATE SEMPRE LA REGOLA "LEAVE ONLY FOOTPRINTS AND TAKE ONLY PHOTOS", LASCIATE SOLO IMPRONTE E NON PRENDETE NULLA SE NON IMMAGINI.