MARIO VASTOLA, IL FOTOGRAFO CHE RACCONTA L' ABBANDONO

Sembra un titolo scontato o puramente suggestivo, ma è proprio ciò  che ci ha colpito di questo giovane e talentuoso fotografo napoletano, trasferitosi a Milano per amore della fotografia e dell’esplorazione urbana: la capacità di raccontare per immagini. Le sue foto, a differenza della maggior parte di quelle che si ha modo di vedere, raccontano vere e proprie storie e creano forti suggestioni. La persona inserita non ne è il soggetto unico e il luogo abbandonato, qualunque esso sia, non è solo una “quinta” per la sua storia. Allo stesso modo il soggetto non è solo un “esca” per attirare l’attenzione sul luogo. Tutto si fonde per creare un incanto che si eleva sulla miseria della decadenza e sulla vacuità di una storia umana; diventa una fiaba che riavvolge il nastro di storie passate e le rivitalizza col sangue caldo di una presenza scenica. Abbiamo lavorato accanto a Mario. Abbiamo voluto vederlo all’opera, esplorando e fotografando con lui, e vedendolo fotografare per suoi progetti. E, quindi, gli abbiamo rivolto una serie di domande, prima di lasciare lo spazio alle sue immagini - eloquenti più di qualsiasi discorso - per dargli modo di raccontarsi e fare conoscere le sue idee.


 

Come è nata la tua passione per la fotografia e come è nata quella per l’urbex? 

Principalmente grazie a mio padre, il quale quando ero piccolo mi insegnò a usare la sua Pentax ME Super. Era un fotografo amatoriale che però nascondeva un grande talento. Nonostante abbia smesso da anni, ancora oggi se guardo le sue foto ne riesco ad apprezzare composizione, luce e colori. C’è dovuto essere però un salto temporale di oltre vent’anni affinché questa passione diventasse un’idea ben precisa. Solo nel 2017 ho realizzato la cosa, durante una vacanza a Riga con una mia amica russa fotografa. Mi fece usare la sua macchina fotografica in strada e iniziai subito a sentire un richiamo quasi primordiale verso quell’oggetto che avevo tra le mani. Tornato a casa, mi precipitai subito ad acquistarne una. 

Per l’urbex la storia è molto simile. Una volta mio padre mi portò in una vecchia casa distrutta mentre eravamo al mare, e ricordo di non voler più uscirne. Mi dovette quasi trascinare fuori. Soltanto anni dopo ho riscoperto il fascino dell’abbandono. 

 

Quando hai capito che le due cose potevano stare bene insieme?

 Fin da subito. La mia fotografia nasce con la mia voglia di fare urbex.

 

Quali sono i tuoi soggetti fotografici preferiti?

Un tempo avrei detto le case vuote, piene solo di mobili e non di persone. Ora invece non sognerei mai di fare una foto senza un soggetto “vivo” al suo interno.

 

Cosa è per te l’urbex? 

E’ un processo di scoperta, non solo di un luogo, ma anche di me stesso. Quando esploro resto affascinato ogni volta da cose e oggetti che mai avrei pensato potessero interessarmi e alcuni di essi li riconosco: erano quelli che trovavo in giro nella casa dei miei nonni quando aprivo porte o cassetti che non dovevo aprire.

 

Cosa ti piace e cosa non ti piace di quello che vedi e leggi nel panorama delle esplorazioni urbane? 

Mi piace sia l’aspetto documentaristico di alcune pagine che quello fantasioso di altre, le quali riescono a creare una storia interessante (inventata) grazie agli scatti di quei luoghi. Non sopporto  invece l'invidia e la competizione fini  a  sé 

 Mario Vastola durante un set di posa in un manicomio abbandonato


stesse. L’urbex può e deve essere di tutti, ovviamente dando la propria fiducia soltanto a chi la merita davvero. Ma in linea di principio, come per l’arte e la cultura (perché l’urbex è anche questo), non si dovrebbe negare l’accesso a priori a nessuno. Le dovute riflessioni si possono fare dopo, tirando le dovute somme. 

 

Che attrezzatura fotografica usi?

Al momento ho una attrezzatura minimale, ma che da grandi soddisfazioni. Ho una Fujifilm XT3 corredata di un obbiettivo Fujinon 35mm F2, un treppiedi sufficientemente saldo e un paio di lampade a led. Preferisco usare ottiche fisse che mi costringono a muovermi e studiare al meglio le inquadrature.

 

Che consigli dai per la fotografia urbex a chi inizia?

Di scegliere bene i propri compagni d’avventura e avere una mente libera da preconcetti. L’importante è osservare, avere rispetto per l’ambiente in cui si opera e cogliere più dettagli possibili, utilizzando magari anche la fantasia per riempire le falle del tempo. Dal lato tecnico invece, direi che Youtube e i suoi tantissimi tutorial fotografici (soprattutto quelli di fotografia di architettura) sono una manna dal cielo. Sembra scontato dirlo, ma più si scatta, più si editano foto al computer e più il gioco diventa facile.

 

L’uso dei modelli per raccontare storie: quanta importanza dai alla location e quanta al soggetto? Raccontare il luogo, la persona o entrambe le cose?

Né l’una né l’altra. Riserbo un particolare interesse per la storia in sé. Traggo ispirazione dai racconti folkloristici e mitologici, oppure dalle graphic novel che leggo e dai film o serie televisive che guardo. A volte anche da sogni o incubi che mi fanno trascorrere la notte in bianco. Il risultato finale è e deve essere, per me, la storia. Il soggetto o la location mi aiutano ad arrivare a questo obiettivo sicuramente, ma senza un racconto che tiene uniti gli scatti, sarebbero appunto soltanto scatti. Estemporanei.  Ad esempio, due figure a me molto care sono la trasposizione gotica della Lamia greca, trasformata in donna vampiro e femme fatale nei racconti inglesi del settecento e dell’ottocento (“La belle dame sans merci” di John Keats e “Carmilla” di Sheridan Le Fanu costituiscono degli ottimi riferimenti iniziali circa l’argomento) e la rusalka delle fiabe russe e ucraine, una sirena dei fiumi che una volta morta si vendica, uccidendoli, degli uomini che l’hanno ingannata e tradita mentre era ancora in vita. Certo è, che senza una cura particolare nella scelta del luogo, del soggetto e degli oggetti di scena, non riuscirei a raccontare le storie che voglio.

 

Ti capita che qualcuno ti chieda di fare foto a tema urbex e come scegli il luogo di ripresa?

 Spessissimo, direi. Da quando ho iniziato a realizzare ritratti di persone in luoghi abbandonati, ho riscontrato una escalation sorprendente nella domanda. Il fascino dell’abbandono credo, a questo punto, sia insito in ognuno di noi. Dobbiamo soltanto aver voglia di cercare e scoprirlo. La scelta dei luoghi non è mai arbitraria. Lo stile che più ricerco in una location è quello vittoriano che trascende nel liberty di inizi ‘900. Devo questa fascinazione soprattutto alla visione di molti film ambientati in questo periodo forse in un’altra vita sono stato un lord esploratore inglese di fine ‘800 che beveva whisky e fumava sigari importati nella libreria di casa con un mappamondo enorme di legno pregiato al lato della poltrona. Non disdegno però anche luoghi più attuali, come centri commerciali o cinema che si prestano tantissimo all’iconico look anni ‘80.

 

Che progetti hai per il futuro?

Nell’immediato, sogno di mettere da parte una quantità sufficiente di denaro per poter inaugurare uno studio fotografico in centro a Milano. Ciò mi porterebbe sicuramente tanta visibilità, la quale a sua volta mi permetterebbe di realizzare, in un futuro spero non troppo lontano, la seconda parte del mio piano: ottenere contratti dalle istituzioni locali per poter mappare (fotograficamente parlando) quanti più luoghi abbandonati possibili. Facendo ciò, spero di poter portare all’attenzione dell’opinione pubblica questi posti e promuovere opere di riqualificazione degli stessi. Il connubio arte e urbex è qualcosa sulla quale punterei tutto me stesso, ieri oggi e domani. E la realizzazione di fotografie cinematiche che raccontano una storia, che rimandano a una certa sensazione, corredate di soggetti reali, vivi, tangibili, sarebbe la via ottimale per far sì che tutto questo accada.  

Qui di seguito, una rassegna di scatti in cui sono visibili le scelte delle ambientazioni, i modelli urbex e la combinazione tra le due cose per raccontare storie. Chi fosse interessato a servizi fotografici o a shooting in luoghi abbandonati può contattare l'autore a questo recapito

 

CONTATTI

Mario Vastola

Milano

+39 345 70 41 384

EMAIL: mariovastola@gmail.com 


ATTENZIONE: non avventuratevi da soli nei luoghi abbandonati, sono spesso luoghi fatiscenti e pericolosi. Rivolgetevi sempre ad una persona esperta che vi condurrà in luoghi sicuri e vi assisterà rendendo sicura e divertente la vostra esplorazione. Ricordate sempre di non violare luoghi che sono indicati come dimora o proprietà privata e non toccate o spostate nulla. Un luogo, ancorché abbandonato all'incuria, va comunque rispettato e lasciato così com'è.