I MUSEI FEDERICIANI

ANTROPOLOGIA  - FISICA  -  MINERALOGIA  -  PALEONTOLOGIA  -  ZOOLOGIA  -  ANATOMIA

Oppressa per decenni da una classe politica incapace e corrotta, privata di punti di riferimento, mortificata da una storiografia e da una letteratura ipocrita e reticente, Napoli ha per lungo tempo smarrito la sua identità e dimenticato il suo grande passato, i suoi tanti primati ed il suo vero volto. Fortunatamente, il vento sembra essere cambiato e da ormai una dozzina di anni è in atto una progressiva riscoperta del valore storico, artistico, scientifico ed umano della città, tanto da parte dei visitatori, ogni anno sempre più numerosi, quanto da parte dei napoletani stessi che stanno riprendendo coscienza del proprio passato e delle proprie radici più nobili. E così, molti luoghi, molte storie, molte tradizioni hanno ripreso valore e vigore. Una di queste realtà riscoperte è la sua Università.

Fondata il 5 giugno del 1224 da Federico II di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Napoli, è la prima Università fondata attraverso un provvedimento statale, cioè non legata ad attività monastico religiose. Quindi, è di fatto la più antica università laica e statale del mondo, cioè università in senso moderno. 

Se l’Università è ben conosciuta, certamente molto meno lo sono i suoi importanti Musei. Sorti attorno alle attività scientifiche ed accademiche nei secoli, non hanno mai avuto una vera e propria autonomia logistica ed architettonica, ma sono sempre stati legati strettamente all'Università ed ai suoi dipartimenti. Quindi, persino molti napoletani ignorano quelli che sono alcuni tra i più affascinanti e straordinari luoghi che la città, pur carica di luoghi significativi, può offrire, vere e proprie oasi di quiete e di conoscenza. Sono i Musei di: ANTROPOLOGIA, FISICA, MINERALOGIA, PALEONTOLOGIA E ZOOLOGIA. Discorso a parte merita quello di ANATOMIA dipendente dal dipartimento di Anatomia patologica della facoltà di Medicina e allocato più distante nei pressi dell’antico ospedale degli “incurabili”. I primi cinque sono dal 1992 riuniti nel CMSNF Centro Musei delle Scienze naturali e fisica della terra. Tutti allocati nel grande complesso che si affaccia su Corso Umberto, sono visitabili pagando appena 2,50 € (10 € biglietto unico per tutti i musei) alla biglietteria che si trova nell'androne di Via Mezzocannone n°8. Naturalmente il loro impianto e aspetto è quello dei musei ottocenteschi e mantengono intatto tutto il loro fascino, non fosse altro per la magnificenza degli edifici antichi in cui si trovano.

I primi quattro si trovano in quello che era il Collegio Massimo dei gesuiti, sede centrale universitaria dal 1777 e l'ultimo in alcune sale perfettamente restaurate dell'antico Monastero dei Santi Marcellino e Festo, sede universitaria dal 1907. I Musei Scientifici federiciani sono autentici fossili di cultura partenopea, con una loro specificità nell'organizzazione epistemologica del sapere; essi hanno, purtroppo, condiviso la sorte e la condizione storica dell’Università napoletana e, più in generale, del Mezzogiorno conseguente all'unificazione nazionale. Con la creazione del “centro museale unito” si è cercato di ridare questi musei, per troppo tempo caduti nell’oblio e nell’abbandono, alla cittadinanza e al mondo. 

Questo è un caldo invito ad andare a visitarli almeno una volta. Non ve ne pentirete e contribuirete alla loro esistenza e conservazione per le generazioni future. Costituiscono un patrimonio di inestimabile valore storico scientifico che tutto il mondo ci invidia e di cui tutto il paese dovrebbe andare fiero. Ed è un luogo dove andare ad alleviare l’anima, nel silenzio dei grandi cortili alberati e delle grandi sale arredate di pregiate teche e armadi di legno, quasi sempre deserte.

Museo di Antropologia

Il “Gabinetto di Antropologia” con annesso Museo fu creato dall'Università di Napoli nel 1881 intorno alla figura e all'opera di Giustiniano Nicolucci. Questi aveva studiato e stretto amicizie durevoli a Napoli, e fu proprio per intervento di un amico ed estimatore, Francesco De Sanctis, allora ministro dell’Istruzione Pubblica, che l’Università di Napoli lo chiamò all'incarico conferendogli la cattedra nel I884, all'età di 65 anni. Purtroppo l’identità e l’opera di Nicolucci furono presto dimenticate e lo stesso Museo costituito in Napoli dalle sue collezioni, piccolo ma importante, non ebbe vita propria e non fu mai aperto al pubblico. Per molti decenni il Museo si configurò soltanto come insieme di collezioni, alcune celebri e altre meno, alcune esposte ed altre archiviate. Gli anni della seconda guerra mondiale e la devastazione dei locali nel 1943-44, la stessa perdita della cattedra si abbatterono sull’lstituto e sul Museo con gravi effetti. L’esistenza del Museo fu riconosciuta formalmente nell’anno accademico 1963-64, e soltanto dal 1980-81, con il ripristino della cattedra di Antropologia, la vicenda storica del Museo e le connesse eredità materiali hanno cominciato a essere riscoperte. Ciò ha consento di cominciare l’allestimento di un autentico Museo Antropologico dell’Ateneo Federiciano, aperto al pubblico per la prima volta nel 1994, e le cui sale espositive sono ubicate nello storico Collegio Massimo dei Gesuiti. 

I materiali che costituiscono le Collezioni del Museo documentano abbastanza bene la paleobiologia e la preistoria delle popolazioni dell’Italia meridionale. Oltre a quelle italiane, sono presenti Collezioni archeologiche preistoriche dell’Europa, dell’Asia occidentale, del Nord Africa e delle Americhe, alcune delle quali di spiccato interesse. Vi sono poi Collezioni osteologiche animali, per lo più da siti preistorici, come il giacimento paleolitico della grotta Romanelli in Puglia. Patrimonio inestimabile sono gli scheletri umani epipaleolitici di questa grotta, databili a 11000- 12000 anni fa, e acquistati per il Museo di Antropologia da Vincenzo Giuffrida Ruggeri nel 1913. Essi si aggiungono alle Collezioni osteologiche umane derivanti da diverse parti del Vecchio Mondo, fra cui una ragguardevole porzione della famosa raccolta “craniologica” di Nicolucci, comprendente circa 2000 pezzi. Ancora nell’ambito della antropologia fisica, il Museo possiede fra i reperti di spicco, tutti riportati alla luce da casse degli anni Cinquanta, in occasione delle più recenti ricognizioni compiute, una mummia boliviana in involucro a canestro, sostanzialmente integra, attribuita al 700 d.C. circa e all’area di Tiwanaku, il grande centro cerimoniale delle Ande boliviane. Crani e scheletri di mammiferi, 25 unità in tutto, furono acquistati da Gioacchino Leo Sera in cinque momenti diversi tra il 1928 e il 1931; fra i primati sono presenti un orangutan, tre macache, un cebo, due proscimmie. Il Museo di Napoli possiede una serie di 120 calchi facciali in gesso dipinto di tipi somatici africani e arabici, eseguita dall’antropologo Lidio Cipriani negli anni 1930-35 circa. Vi sono, inoltre, limitati ma suggestivi materiali etnografici provenienti dall’Africa orientale ed equatoriale, dalle isole Andamane e dalla Nuova Zelanda, ai quali si è aggiunta, per recente acquisto, l’importante collezione dall’Isola di Palawan (Filippine), appositamente formata per il Museo dallo studioso napoletano Dario Novellino. Nel Museo sono esposti reperti donati dallo Schliemann, scopritore di Troia e Micene, al Nicolucci. Si tratta di umili oggetti di pietra testimoni della vita di ogni giorno di una piccola città anatolico-egea del 3000 a.C.: macine a mano, per triturare i cereali, martelli e asce-martello, accette e lisciatoi.

Museo di Mineralogia

Istituito nella primavera del 1801 da Ferdinando IV di Borbone, non fu solo un Museo, ma soprattutto un importante centro di ricerca scientifica finalizzata alla valorizzazione delle risorse minerarie del Regno di Napoli. Vi hanno operato illustri mineralogisti, come Matteo Tondi ed Arcangelo Scacchi, ancora oggi considerati figure di primo piano nel consesso scientifico internazionale. Il massimo prestigio scientifico dell’istituzione fu raggiunto nel 1845 anno in cui il Museo fu scelto come sede del VII Congresso degli Scienziati Italiani che vide la straordinaria partecipazione di ben milleseicentoundici scienziati. Inoltre, il Real Museo Mineralogico ha anche ospitato le prime riunioni della Camera dei Deputati, dopo che Ferdinando II aveva concesso la Costituzione nel 1848. Infine, ospitò uno dei dodici seggi elettorali per la votazione sull’ annessione al Regno d’Italia nel 1860. La superficie espositiva, di circa 800 mq, è costituita dal salone monumentale, e dalle sale dedicate ad Arcangelo Scacchi e Antonio Parascandola. L’elevato valore storico e scientifico delle collezioni colloca il Real Museo tra i più importanti e fra i più conosciuti musei mineralogici del mondo.

Sono presenti molte collezioni per un complessivo numero di ben 25.000 reperti provenienti da ogni angolo del globo. La Collezione Grandi Cristalli vanta la coppia di cristalli di quarzo ialino del Madagascar di 482 Kg, donata a Carlo III di Borbone nel 1740 e immessa nel Museo nei primi anni dell’Ottocento. La Collezione Vesuviana è unica nel suo genere sia per la rilevanza scientifica sia per la rarità e bellezza di alcuni reperti. Iniziata nei primi anni dell’800 si è arricchita nel tempo di nuove specie rinvenute nel corso degli ultimi 200 anni sul Vesuvio. La Collezione dei Cristalli Artificiali è composta da esemplari sintetizzati da Arcangelo Scacchi e premiati alle Esposizioni Universali di Londra (1862) e di Parigi (1867).

Fra i reperti della Collezione delle Meteoriti c’è un esemplare di siderite di 7583 grammi, rinvenuto nel 1784 a Toluca in Messico. Di rilievo, infine, sono la Collezione delle Pietre Dure con cammei tipici dell’artigianato napoletano, la Collezione delle Medaglie coniate con la lava del Vesuvio fra cui spiccano quelle del 1805 riproducenti i profili di Ferdinando IV e Maria Carolina, e la bella medaglia coniata nella lava del 1859 in onore di Napoleone III, la Collezione degli Strumenti Scientifici fra cui si segnala il goniometro a riflessione a un cerchio verticale che Arcangelo Scacchi fece costruire, nel 1851, da un artigiano napoletano specializzato in arnesi di marineria. 

Museo di Paleontologia

Il Museo di Paleontologia ha sede nel monastero dei Santi Marcellino e Festo attiguo all’elegante chiostro, realizzato tra il 1567 e il 1595, considerato uno dei luoghi più belli e uno degli esempi più fulgidi dell’architettura claustrale napoletana. Nelle sale del Museo si possono ammirare pavimenti maiolicati di straordinario pregio. Notevole per lo stato di conservazione, il pavimento, ancora oggi nella collocazione originaria, della “Stanza grande del Capitolo” diventata “Sala del Dinosauro” per lo scheletro di Tirannosauro sospeso sopra il pavimento con una serie di tiranti d’acciaio. Il Museo di Paleontologia è il più giovane dei Musei federiciani. Istituito nel 1932 raccolse le Collezioni che erano state acquistate, sin dai primi dell’ottocento, da Matteo Tondi e Arcangelo Scacchi, direttori del Real Museo Mineralogico ed i reperti acquistati da Guglielmo Guiscardi e da Francesco Bassani, direttori del Museo di Geologia. Geremia D’Erasmo, allievo di Francesco Bassani, fu il primo direttore del Museo di Paleontologia che curò con grande impegno, incrementando notevolmente il numero dei reperti. Intorno agli anni sessanta il Museo annoverava circa 18.000 reperti. Il Museo di Paleontologia ha subito vari dissesti che hanno causato gravi danni alle Collezioni, primo fra tutti, la bomba incendiaria caduta nella notte dell’otto novembre del 1941 che distrusse parte della raccolta dei pesci deII’Eocene di Bolca e del Miocene.

 Parte del patrimonio paleontologico attuale risale ai primi anni del 1800 quando, a seguito dell’istituzione del Real Museo Mineralogico, vennero introdotti nel Museo, per opera di Matteo Tondi ed Arcangelo Scacchi, campioni di interesse paleontologico. Tra le raccolte di fossili provenienti dal Real Museo Mineralogico, figuravano quelle frutto di ricerche condotte in Puglia (molluschi delle argille plioceniche di Gravina, raccolte da Scacchi), in Calabria, in svariate zone dell’Italia meridionale (molluschi dell’Isola d’Ischia e del M. te Somma) e quelle acquistate presso rinomate istituzioni scientifiche dell’epoca. Tra i vertebrati erano già presenti tre esemplari di grandi rettili marini (Ittiosauri) del Lias del Württemberg, acquistati tra il 1841 ed il 1861. A questi si aggiunsero, a partire dal 1861, le collezioni di notevolissimo valore scientifico riunite ad opera dei numerosi studiosi che lavorarono presso l’Istituto di Geologia e che nel 1932 furono cedute al Museo di Paleontologia. L’evento più importante, per l’incremento del patrimonio museale fu quando, negli anni tra il 1861 ed il 1873, l’allora Museo di Geologia riuscì ad acquistare la Collezione del naturalista Oronzio Gabriele Costa, rappresentata da una preziosa raccolta di fossili provenienti da diverse località dell’Italia centro-meridionale. Oggi il Museo conta circa 50.000 reperti

Museo di Zoologia

 Fondato nel 1813, ebbe come primo direttore il medico Luigi Petagna, il quale si dedicò con impegno alla costituzione del Museo, ottenendo parte dei locali siti al primo piano del Collegio Maggiore dei Gesuiti. Egli provvide al reperimento, anche mediante acquisti, di numerose ed importanti collezioni, incrementate ulteriormente da Giosuè San Giovanni il quale provvide ad ampliare la sede con la costruzione di un Salone Maggiore e di un secondo salone più piccolo che per u periodo accolse il “Museo di Anatomia generale e patologica”. Entrambi furono inaugurati nel settembre del 1845 alla presenza del re Ferdinando II in occasione del VII Congresso degli Scienziati Italiani. Nella seconda metà dell’800 i due Musei ebbero la ventura di essere diretti da uomini di profonda cultura scientifica come Achille Costa, Stefano Delle Chiaje, Paolo Panceri e Salvatore Trinchese.

Fra le numerose Collezioni del Museo, quella dei Vertebrati contribuisce oggi, in modo preponderante, alla parte ostensiva del Museo. È costituita da più di mille esemplari ‘‘in pelle” che sono stati immessi nel Museo sin dalla sua fondazione. Essa comprende soprattutto Uccelli e Mammiferi. Tra gli esemplari di maggiore interesse storico e scientifico ci sono: la colomba dell’isola Norfolk, ora estinta; il Wallabi dall’unghia lunata, piccolo canguro estinto; la Foca monaca catturata nel Golfo di Napoli; la collezione di scimmie sudamericane; la Tigre siberiana; la femmina di Okapi, rarissimo ungulato africano affine alla giraffa, scoperto solo all’inizio del nostro secolo. Nel salone maggiore vi sono inoltre raggruppati scheletri di grandi mammiferi, tra cui quello di una balena franca e di un Mammut.

Nel Salone Minore del Museo sono esposti, tra l’altro, circa quaranta esemplari di una collezione definita di gran pregio, una volta formata da centinaia di uccelli, donata al Museo dal medico Mario Schettino, appassionato di ornitologia. Anche il materiale della Collezione Malacologia del Mediterraneo, oggi presente nel Museo, è ben poca cosa rispetto a quello originario, per i trafugamenti e vandalismi che si sono verificati durante la seconda Guerra Mondiale. Ciò nonostante, la parte esposta della Collezione resta di notevole importanza perché è una rassegna esauriente delle specie viventi nel Bacino Mediterraneo; tra i reperti più interessanti va annoverata la Patella ferruginea proveniente dal Golfo di Napoli, dove attualmente si è estinta. Un Diorama d’ambiente palustre litorale, realizzato nel 1990 dal tassidermista Vincenzo Cicala, ricostruisce una zona protetta in località Variconi, presso la foce del Volturno.  Si ricorda, infine, la Collezione Vettor Pisani risalente al periodo tra il 1882 e il 1885, che consiste di vasi di vetro d’epoca contenenti cnidari, molluschi, crostacei e pesci, tutti attualmente allo studio e la Collezione Costa, comprendente oltre 30.000 esemplari di insetti italiani ed esotici, oggetto di consultazione da parte di studiosi provenienti da tutto il mondo. 

PER I MUSEI DI ANTROPOLOGIA, FISICA MINERALOGIA, PALEONTOLOGIA E ZOOLOGIA: biglietteria unica in via Mezzocannone n°8

Orari di visita

dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 13.30
lunedì e giovedì ANCHE dalle ore 14.30 alle 16.45

Ingresso

1 museo: ragazzi 1,50 – adulti 2,50
2 musei: ragazzi 2,00 – adulti 3,50
4 musei: ragazzi 3,00-adulti 4,50;
famiglia:1 museo 5,00; 2 musei 7,00;
4 musei 8,00; 5 musei 10,00

Ingresso gratuito per studenti universitari, under 5 e over 70.

Visite guidate per la cittadinanza: il Centro Musei offre anche a tutti i cittadini la possibilità di visitare i Musei richiedendo il servizio di guida. La prenotazione deve essere effettuata telefonicamente al numero 081.2537587

Fonte: UNINA università di Napoli e centro museale di scienze naturali e fisica della terra CMSNF

Museo di Anatomia

ATTENZIONE:   LE FOTO DI SEGUITO MOSTRATE POTREBBERO  URTARE LA VOSTRA SENSIBILITÀ. NON MOSTRATELE AI BAMBINI E/O A PERSONE IMPRESSIONABILI

La città di Napoli è stata all'avanguardia per secoli in numerosi campi, non ultimo quello della medicina e degli studi di anatomia. Si può dire che il primo ospedale i senso moderno sia nato a Napoli nel XVI sec. ad opera della poi santificata Maria Longo: l’ospedale de “gli incurabili” con la sua famosissima antica farmacia.

Il Museo Anatomico, tra i più antichi e completi al mondo, dopo decenni di chiusura a seguito del terremoto del 1980 è di nuovo aperto al pubblico. L'accesso, prima possibile soltanto agli studiosi, è disponibile per due giorni alla settimana

Eccettuata Londra e Napoli esiste ben poco e qualcosa del genere si trova soltanto negli Stati Uniti, nelle città di Boston e Philadelphia. Tuttavia, il Museo napoletano costituisce un unicum legato alla storia ed alla evoluzione scientifica e culturale della città. A partire dal XVII secolo nell’Ospedale di San Giacomo Apostolo nacquero i primi preparati anatomici del Severino. Il 700 fu dominato dagli studi di Cotugno nella sua scuola presso gli Incurabili, mentre l'800 fu influenzato dalle riforme francesi e dei Borbone. Il Museo si trova in Via Luciano Armanni n°5, di fronte l’Istituto di Anatomia e Patologia, nell’ex complesso monastico di Santa Patrizia. 

Nelle belle sale si posso ammirare le celebri «teste della Vicaria». Parliamo di teschi dei giustiziati rimasti appesi per circa trent'anni in gabbie di ferro all'esterno di Castel Capuano, tra cui spicca quello di Giuditta Guastamacchia, impiccata nel 1800, il cui fantasma si dice infesti ancora il maniero. I teschi contengono ancora i segni degli studi antropologico-criminali effettuati dal Miraglia, che vi indicò le aree cerebrali secondo uno schema di tipo lombrosiano. Molti i reperti provenienti da Pompei ed Ercolano: teschi, attrezzi chirurgici etc. Altre “meraviglie” sono: le mostruosità fetali, che contano 153 esemplari conservati in formalina o in alcool, le «pietrificazioni» di Efisio Marini (1835-1900), scienziato che elaborò un personale metodo di mummificazione di parti organiche e che morì non rivelando il segreto. Fra le sue grottesche creazioni, un tavolino il cui piano è formato da un impasto di sangue, cervello, fegato, bile, polmoni con al centro, è adagiata una bellissima mano di giovane donna. Non mancano tante apparecchiature d’epoca e antichissimi trattati di medicina che si stanno pazientemente restaurando, tra cui la raccolta delle bellissime tavole anatomiche eseguite dal Serantoni per l'anatomista Paolo Mascagni. Sono visibili due trofei Tsantsas, donati a Gastone Lambertini da un medico brasiliano. Si tratta di due testine umane, espressione culturale dei Jibaros, abitanti le rive del Rio delle Amazzoni, conosciuti soprattutto per il loro costume di portar via la testa ai nemici vinti e di conservarla come trofeo, dopo averla trasformata in una specie di mummia dalle dimensioni ridottissime. 

Via Luciano Armanni, 5 - Complesso di Santa Patrizia - 80138 Napoli
Tel: 081 5667747 
e-mail: musa@unicampania.it