SAN GIOVANNI A MARE

.            Religiosità popolare e antichi culti pagani - Lucrezia D'Alagno: la favorita del Re


          INGRESSO DELLA CHIESA: SULLA SINISTRA "DONNA MARIANNA"                                                                                        PORTALE

RELIGIOSITÀ POPOLARE E ANTICHI CULTI PAGANI

San Giovanni a Mare è una chiesa romanica del XII secolo, ubicata nella zona tra Piazza Mercato e il Borgo degli Orefici. Un tempo lambita dal mare e adiacente una commenda templare (di cui non vi è più traccia), oggi è sotto il livello stradale attuale, inglobata dai palazzi adiacenti, appena visibile dalla strada e per lungo tempo dimenticata. Eppure questa chiesa era un tempo un luogo molto caro ai partenopei e teatro di una antichissimo rito, divenuto poi la festa di San Giovanni a Mare (da cui il nome della chiesa).

Da tempo sconsacrata, San Giovanni a Mare è stata per fortuna recuperata ed è tornata recentemente ad essere visitabile.  E’ una delle testimonianze dell’architettura sacra medievale a Napoli. Al suo ingresso c’è anche la cd. “Testa di Donna Marianna” o “‘la capa di Napoli”, la copia (l’originale è a Palazzo San Giacomo) di una scultura ellenica intorno alla quale  sono sorte tante leggende.

La chiesa si chiama così perché, situata in riva al mare (oggi distante qualche centinaio di metri), rievocava uno degli elementi associati a San Giovanni il Battista: l’acqua. La festa di San Giovanni Battista cade il giorno 24 di giugno, momento in cui il Sole, giunto al suo culmine, inizia a scendere sull'orizzonte evocando il sopraggiungere delle tenebre e le potenze infernali. Non è un caso, sacro e profano si sono incrociati. La festa di “San Giovanni a Mare”, celebrata nella notte che precede il 24 Giugno, ha origini molto più antiche della cristianità, ed è chiaramente legata ai culti solari pagani. E la festività è intrisa ancora oggi di antichi riti e di «misteri» pagani. La festa religiosa dei giorni che oggi conosciamo non è altro che il tentativo di cancellare gli antichi culti sostituendoli con quello di San Giovanni Battista. Il santo ha, infatti, in comune con gli rituali marini praticati in Neapolis, ed associati alla mitica sirena Partenope, l’elemento dell’acqua. Tuttavia, nella città in cui (caso quasi unico) l’inquisizione spagnola non è mai potuta entrare, pur essendo dominata dagli spagnoli medesimi, le antiche tradizioni e usanze non sono mai state dimenticate ed abbandonate; anzi hanno trovato un terreno sempre fertile nella grande tradizione ermetica di cui il poeta latino Virgilio, ne era stato il capostipite. Quel Virgilio mago che aveva la sua scuola dei misteri in uno dei luoghi più inquietanti di Napoli: la Gaiola.

In origine la festa era semplicemente chiamata "festa a mare”, nella quale uomini e donne con canti e balli sfrenati  si riversavano a mare nudi; e ciò avveniva proprio nella zona della chiesa. Il rimando al culto di Priapo e di Parthenope avevano un esplicito significato sessuale. E di questo deve essere rimasto traccia nell'inconscio collettivo dei napoletani che ancora oggi si divertono nelle notti d’estate a fare il bagno a mare di notte in gruppo e nudi. Una immersione che poi perse il richiamo alla “fertilità” per essere associato al bagno purificatore del battesimo. Naturalmente la chiesa ignorava le origini di questi riti e li considerava solo una manifestazione di licenziosità e un oltraggio alla morale, non cogliendone l’affinità con i riti orgiastici dionisiaci in quella che era una città, per origini e cultura, greca. Per cui nel 1653 il viceré Garcia de Haro Sotomayor vietò la festa e soppresse anche la chiesa per fare dimenticare gli antichi culti pagani.

 

Sempre in questa notte si raccoglievano le “erbe magiche di San Giovanni”, come l’Iperico (Hypericum perforatum), detto “scacciadiavoli” per la sua capacità di tenere lontani gli spiriti malvagi, oppure l’Ersula Campana usata per fare tanti filtri d’amore, la lavanda e tante altre. Queste erbe magiche intrise dell’acqua della notte, ovvero la rugiada, poi essiccate, venivano bruciate in casa. Spigionando un benefico profumo, servivano a tenere lontana la cattiva sorte.

 

Altro richiamo alla fertilità e agli antichi culti legati alla terra era l’usanza di che le ragazze in età da marito piantassero, in piccoli vasi di terracotta, semi d’orzo. Le pianticelle così germogliate, venivano utilizzate per divinare a proposito del proprio futuro matrimonio. I vasi con le pianticelle venivano esposti sui davanzali dalle fanciulle le quali chiedevano in quel giorno, ai passanti in genere, ed eventualmente al proprio innamorato, dei regali in occasione della festa. 

                                         Hypericum perforatum

Un altro rito popolare, praticato tutt’ora, è “lo scioglimento del «Chiummo» “Piombo di San Giovanni”.  Sempre legato alla fertilità e all’abbondanza, consisteva nel divinare  le forme apparse nell’acqua dalla liquefarsi e poi rapprendersi del piombo: si dice che le ragazze da marito potessero conoscere così il mestiere del futuro sposo e intuire chi potesse essere.  Il Piombo dagli alchimisti associato a Saturno fuso con lo Stagno associato alla Luna e poi riversato nella preziosa rugiada raccolta di notte. Il rituale alchemico originario non è più conosciuto, ma ne rimane uno tramandato dalla cultura popolare che potrebbe contenere molte tracce di quello perduto.

La festa di San Giovanni è soprattutto nota per i tanti Falò accesi in ogni angolo del nostro Paese.

A parte l’acqua, uno dei simboli associati alla figura di San Giovanni è il noce, albero tradizionalmente legato all’occulto, attorno al quale la leggenda vuole ballassero le streghe evocando Lucifero.  Famoso è il “Nocino” il liquore estratto dalle noci nella magica notte di San Giovanni, un elisir contro ogni male.

Insomma, la notte di San Giovanni non è una notte qualunque. E’ un momento particolare in cui, per le particolari congiunture astrali, tutte le culture hanno legato dei significati magico religiosi. 

LUCREZIA D'ALAGNO, LA FAVORITA DEL RE

E solo in una notte come questa che poteva avvenire un incontro che sa di fiaba, di magia: quello tra il Re di Napoli Alfonso d’Aragona e la bella Lucrezia d’Alagno.  Nella notte del 23 giugno 1448, passeggiando nei pressi di quello che oggi si chiama vico Fico al Purgatorio insieme ad amici, il Re s’imbatté nella bella Lucrezia che gli porse dei ramoscelli d’orzo chiedendo come da costume una offerta. Il Re, che era anche detto il “magnanimo”, non si smentì e, forse perché rapito dalla bellezza della ragazza, gli lanciò una borsa piena di monete d’oro recanti la sua effige, gli “alfonsini”.

La giovane ne prese una sola e restituì la borsa, esclamando con un gran sorriso che a lei “di Alfonso gliene bastava uno solo”, alludendo alla persona del Re. Questi rimase così colpito che la mandò a chiamare e volle assistere insieme a lei alle celebrazioni della sera in San Giovanni a Mare. Da allora, nacque un rande amore e i due non si separarono mai. Lucrezia visse a corte come una regina, unica ad avere accesso alle stanze del Re in Castel Nuovo. C’è un detto di quell'epoca che diceva pressappoco così: ”chi da lo Re voleva alcuna gratia, dovea andar da madama Lucretia”. Tuttavia, il Re era sposato con Isabella di Castiglia, sterile e gravemente ammalata, per motivi legati alla salute rimasta in Spagna. Lucrezia attese con pazienza che Isabella terminasse di vivere ed il suo Alfonso potesse sposarla; i due chiesero anche una dispensa papale che Papa Callisto III negò. Per lunghi dieci anni Lucrezia fu una autentica Regina di Napoli pur senza esserlo, fino al 27 giugno 1458 quando Alfonso morì ed ella, invisa al figlio Ferrante, ed alla moglie Isabella abbandonò la Corte per venire dimenticata. Morì a Roma il 19 febbraio 1479 lasciando parte del suo patrimonio al Monastero di San Domenico Maggiore a Napoli. E’ sepolta nella Basilica di santa Maria sopra Minerva, a Roma. Lucrezia riuscì a farsi amare dai romani a tal punto che ancora oggi un busto di donna di epoca romana, nella zona di piazza Venezia, viene chiamato “Madama Lucrezia”. 


L'ARCO DI TRIONFO: celebra la vittoria di Alfonso I d'Aragona sugli Angioini ed il suo ingresso trionfale a Napoli divenuta Capitale del Regno. Davanti al carro del Re Alfonso "il magnanimo" si vede una figura femminile, l'unica dell'intero monumento: è la sua amata Lucrezia

 

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