EX MANICOMIO DI RACCONIGI

.              UN VIAGGIO NELLA "FABBRICA DELLE IDEE"

TIPOLOGIA: ex ospedale psichiatrico

STATO DEI LUOGHI: fatiscente/molto fatiscente

MOTIVO ABBANDONO: dismissione a seguito legge "Basaglia"

INTERESSE: fotografico/storico

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Quello di Racconigi è forse il manicomio meglio conservato d’Italia e per questo probabilmente il più emozionante. L’edificio principale fu costruito tra il 1786 ed il 1829. In origine era un Ospedale di carità e Opere pie, ma fu presto trasformato in collegio per i figli di ex militari. Composto da tre piani, con una superficie coperta di circa diecimila metri quadrati e due cortili interni, un esteso parco, è situato al centro della parte storica di Racconigi. Per la sua posizione centrale all'interno del territorio, Racconigi fu scelta dall'Amministrazione provinciale quale sede del manicomio. Così nel 1871 il vecchio collegio fu convertito in ospedale psichiatrico ed intitolato a Vincenzo Chiarugi, il celebre psichiatra toscano. Non era solo un luogo di internamento, ma anche un centro di studi di neurochirurgia, con una sala operatoria e molte attrezzature mediche dedicate esclusivamente a questo. Il dottor Oscar Giacchi, direttore dal 1880 al 1907, era convinto che la malattia mentale fosse dovuta a una sproporzione tra il volume del cervello e il cranio. Dunque, si riteneva che la natura del problema fosse esclusivamente meccanica e, pertanto, si eseguivano interventi chirurgici sperimentali per allargare il cranio e ottenere più spazio per il cervello

La struttura manicomiale, oltre al “Chiarugi” che corrisponde al vecchio ospedale, con un reparto per gli uomini e uno per le donne, fu ingrandita nel tempo e comprendeva il padiglione Marro, per “uomini tranquilli”, il Tamburini, “donne tranquille”, il Morselli, dove erano presenti le celle di contenzione ed era destinato per le persone definite “acute”, una colonia agricola da usare per l’ergoterapia, un laboratorio di ricerche cliniche, uno di anatomia patologica, uno di radiologia, uno di elettroterapia e come detto una sala operatoria per gli interventi al sistema nervoso. Inoltre, c’erano le cucine, la panetteria, la casa delle suore, la centrale di riscaldamento e vari altri edifici, disseminati in un ampio e ancora oggi bellissimo parco. Un totale di 162.890 metri quadrati, 33.387 dei quali coperti ed era totalmente autosufficiente. Fra medici, impiegati, infermieri, addetti alla manutenzione e ai vari servizi, vi lavoravano circa 500 persone. Il picco massimo di ricoveri si ebbe tra gli anni 60 e 70 ed arrivò a 1.500 internati. Il manicomio fu cinicamente soprannominato “la fabbrica delle idee”, termine ancora utilizzato, per rimarcare la differenza tra una fabbrica di beni materiali e un luogo unicamente produttivo di idee folli. 


                                                         IERI                                                                                                                             OGGI

Il manicomio di Racconigi, dopo l’entrata in vigore della Legge Basaglia chiuse nel 1981. Giuridicamente di proprietà della ASL di Cuneo, è di fatto in stato di completo abbandono. Il padiglione più antico, il Chiarugi, è in grave stato di degrado, con problemi statici causati dovuti dall'incuria e dagli agenti atmosferici che hanno già causato il parziale crollo della facciata che guarda il parco.


IL CHIARUGI

Entrare nel manicomio non è facile. Essendo inagibile, è circondato da una robusta rete di protezione che corre davanti all'edificio principale e funge da zona di sicurezza. Il complesso, anche se non grande come altri manicomi che abbiamo visitato (ad esempio Aversa o Napoli) è comunque considerevole. Molti dei padiglioni minori che si susseguono nell'ancora affascinante parco, hanno gli accessi murati e sono comunque quasi vuoti. Meglio concentrarsi sul Chiarugi. Passeggiando per i suoi corridoi, ormai da decenni deserti, in molte aree puntellati, non ci si può non sentire inquieti. I tanti ricordi di un passato nemmeno tanto lontano, riaffiorano ovunque in modo confuso: una prescrizione medica, una macchina da scrivere, un camice medico, una confezione di medicinali. Sono come fotografie, attimi congelati di un passato doloroso. La connessione con l’epoca dei “matti” a Racconigi è forte ed è favorita dalla notevole conservazione del luogo. Ogni dettaglio, ogni stanza racconta di una vita scandita da rituali sempre uguali, alienanti: l’ora del pasto, l’ora della terapia, l’ora delle visite dei parenti, l’ora del bagno, luci spente per la notte. Luci spente negli occhi degli internati, notte impenetrabile sul loro destino. 

E’ il primo piano che riserva alcune belle sorprese: una sala chirurgica ancora intatta, una sala di amministrazione, un archivio purtroppo parzialmente carbonizzato, alcune camerate ormai vuote, una probabile mensa. Qui è possibile entrare in uno stanzone e ammirare da dentro lo squarcio nella facciata che dà sul parco. Il tempo trascorre veloce mentre le nostre dita scorrono nervose sui comandi delle reflex per documentare nel modo migliore possibile le scene. L'ultimo piano è piuttosto pericoloso ed è sconsigliabile andarci; del resto non c'è molto.

ALCUNI UFFICI, L'ECONOMATO, L'INFERMERIA



L'ARCHIVIO


LA SALA OPERATORIA

Dopo qualche ora ci ritroviamo all’esterno. Siamo ancora frastornati, felici per l’esperienza, commossi ma anche rattristati per quello che abbiamo visto. E forse questo è proprio il senso del nostro passaggio nell’ex manicomio di Racconigi: raccontare insieme ad altri, un’epoca della quale non si deve perdere la memoria.   

   

"IN MEMORIA DI ANTONIO BORRA, MEDAGLIA AL VALORE MILITARE,  PRIGIONIERO PER OLTRE QUARANT'ANNI , COME TANTI, DELLE IDEE DI QUALCUN ALTRO"

FOR ANTONIO BORRA, AWARDED THE SILVER MEDAL FOR MILITARY VALOR, A PRISONER FOR OVER FORTY YEARS, LIKE MANY OTHERS, OF SOMEONE ELSE'S IDEAS 

in me c’è un altro me

però non sono io

cioè io sono io

ma io è pure l’altro

cioè quell’altro è identico

a guardare da fuori

ma dentro siamo in due

ho un gemello interiore 

there’s another me in me

but it’s not me

i mean it’s me

but me is also the other

i mean the other one’s identical

looked at from the outside

but inside there’s two of us 

i have an inner twin



Dalla raccolta "FABBRICA DELLE IDEE - THE FACTORY OF IDEAS monologhi dei matti" (ED. FOMITE, 2019) di Antonello Borra, Professore di Italiano all'Università del Vermont, nipote di Antonio, cui ha dedicato il volume. Grazie professore di averci scelto per questa speciale dedica. Chi volesse comprare il libro i cui ricavi andranno in beneficenza a Médicins sans frontiéres può cliccare sul link sotto.

L'esplorazione è stata fatta nel rispetto dei luoghi e degli eventuali cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato toccato e/o prelevato. 

 

IL PRESENTE ARTICOLO NON COSTITUISCE IN NESSUN MODO UN INVITO O UN INCORAGGIAMENTO ALL'ESPLORAZIONE. I LUOGHI SONO FATISCENTI E PERICOLOSI. CHI LO FACESSE, SE NE ASSUME OGNI CONSAPEVOLE RISCHIO. AD OGNI BUON CONTO RICORDATE SEMPRE LA REGOLA "LEAVE ONLY FOOTPRINTS AND TAKE ONLY PHOTOS", LASCIATE SOLO IMPRONTE E NON PRENDETE NULLA SE NON IMMAGINI.


 

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