ENIGMI NAPOLETANI Negligit Ima

Napoli ha una storia densa e millenaria. La città è stata testimone di molti accadimenti e cambiamenti, da qui sono passati moltissimi illustri personaggi. Le strade, i palazzi, i cortili, gli ipogei sono pieni dei segni di questo passato, a volte chiari più spesso oscuri. Basta alzare la testa ed osservare i muri delle strade, le chiese, le torri, i portali e gli stemmi sopra i portali. Talvolta questi segni sono minuscoli o appena visibili, come la statuetta di Cerere di Via san Gregorio Armeno, unica testimonianza di quello che doveva essere un grande tempio romano. Qualche volta sono evidenti, come una lastra di marmo bianco ben levigato recante una figura o una scritta, ma non per questo chiari nel significato e conosciuti. Molte storie, molte opere d’arte sono andate perdute i terremoti, gli incendi e le continue spoliazioni che ha subito Napoli nel tempo. Una parte antica della città è stata fisicamente perduta con l’abbattimento di interi quartieri; il cd. “risanamento” ha creato la grande arteria del Corso Umberto che ha tagliato in due la parte antica di Neapolis. 

La città è come una grande caccia al tesoro in cui tutti, studiosi, semplici curiosi o appassionati di storia possono partecipare. 

Mi è capitato di passare molte volte davanti ad una delle più belle chiese medioevali di Napoli, San Pietro a Majella, e notare alla base del portale di marmo dell’ingresso uno strano uccello con sopra una scritta NEGLIGIT IMA. Ho sempre desiderato sapere cosa rappresentasse il significato di quella scritta combinata con l’icona e soprattutto chi avesse posto una cosa così strana sul portale di una chiesa. Tuttavia, non avendo trovato nulla che potesse soddisfare immediatamente la mia curiosità, ho preferito scoprirlo da solo. Accettata la “sfida” proveniente dal passato, mi sono messo a cercare, partendo dalla storia dell’antico complesso monastico. La chiesa di San Pietro a Majella fu costruita alla fine del Duecento là dove sorgevano due monasteri femminili, uno intitolato a sant'Eufemia e l'altro a sant'Agata, su iniziativa di Giovanni Pipino da Barletta, conte palatino e maestro razionale della Curia, per volere del re Carlo II d'Angiò. La chiesa fu dedicata a Pietro Angeleri di Morrone, eremita della Maiella, diventato Pontefice nel 1294 col nome di Celestino V. Nei secoli, la chiesa è stata ampiamente rimaneggiata. Quelli che interessano nel caso sono gli interventi che risultano fatti nella prima metà del XVII sec. e che riguardarono la realizzazione del portale d'ingresso principale, finanziato dalla principessa di Conca Giovanna Zunica Pacheco, moglie dell'ammiraglio Matteo di Capua, per adempiere ad un voto. Chi era e cosa rappresentava questa nobildonna? Donna Giovanna di Zuñica Pacheco era figlia di Pietro conte di Miranda, e di Giovanna Pacheco de' Cabrera, ed era doppiamente legata al viceré di Napoli don Juan Zuñica, conte di Miranda, essendone nello stesso tempo nipote e cognata. Il giorno delle nozze con Matteo di Capua nel 1598 lo stesso viceré accompagnò la sposa al palazzo dei di Capua. Matteo di Capua dal suo canto apparteneva ad una delle più nobili e illustri famiglie del Regno; il padre Giulio Cesare aggiunse al titolo ducale quello di principe di Conca che era stato concesso dal re Filippo nel 1566.  Non ci sono notizie precise sulla sua data di nascita. Un antico manoscritto ci dice che nel 1595 aveva ventisette anni e che, quindi, presumibilmente possiamo dire che sia nato intorno all’anno 1568. La casa dei Di Capua era una delle più belle ville napoletane, sita di fronte alla chiesa di S. Pietro a Maiella, nella parte alta di Napoli, con uno stupendo giardino che pare fosse un particolare luogo di divertimenti dove la nobiltà napoletana trascorreva ore felici, tra giochi e feste. Vissuta la giovinezza nello splendore e nella magnificenza che la nobile gioventù partenopea poteva permettersi, non cambiò stile dopo il matrimonio. Alla morte del padre, avvenuta a Pozzuoli il 9 maggio 1591, Matteo divenne principe di Conca e soprattutto titolare di un'entrata annua di 60.000 ducati che lo facevano tra i più ricchi (forse il più ricco) di Napoli. La ricchezza era testimoniata soprattutto dallo sfarzo degli arredamenti e degli interni della villa, impreziosita da arazzi e opere di Raffaello, Tiziano, Michelangelo. Matteo conduceva una vita dissoluta ed ebbe numerose amanti, nonostante la pericolosità dovuta all’elevato rango della moglie Giovanna. Una di queste fu Laura Filomarino, sua cugina, rimasta vedova giovanissima. Da questa relazione segreta nacque anche un figlio, Annibale, che fu allevato di nascosto a Vico Equense. Una altra pericolosa relazione la ebbe con Giovanna Pignone, moglie di un esponente di una nota famiglia napoletana: Giovanni Pignatelli. A lei le cose andarono peggio quando fu scoperto il tradimento: fu avvelenata dai fratelli del marito. Matteo sfuggì, invece, ad un agguato la sera del 13 marzo 1604. Le "archibugiate" sparategli contro uccisero un suo servitore e ne ferirono un altro. Il di Capua morì a Vico Equense appena tre anni dopo, nel 1607, all’età di 39 anni, sembra per un malore improvviso. Questo il contesto storico, queste le persone coinvolte. 

Giovanna Zuniga, si diceva, per adempiere ad un voto fece realizzare il portale barocco della chiesa che in basso reca la figura di un uccello del paradiso, con la scritta NEGLIGIT IMA. Questo ho scoperto essere il motto di Matteo di Capua.

Nel libro “DESCRIZIONE DEL REGNO DI NAPOLI” del 1601 si legge: “....Giulio Cesare di Capoa, Prencipe di Conca fece gli scogli acrocerauni dou’è quasi perpetua tempesta, col motto di Virgilio Rari Nantes. Il Prencipe Gran Ammiraglio suo figlio ha per impresa l’uccello Numocodiace, volgarmente detto auis paradisi con questo motto: negligit ima…” 

La Paradisea apoda, o uccello del paradiso, è originario della Nuova Guinea. E’ un coloratissimo volatile dalla lunghissima coda. I primi esemplari approdarono in Spagna dalla Nuova Guinea presumibilmente a metà del 500, importati dai primi navigatori europei che ne apprezzarono la bellezza. Creature quasi irreali, hanno da sempre evocato simbologie celesti: privo di zampe non avrebbe toccato il suolo nutrendosi di sola rugiada. Le tribù della Nuova Guinea lo associano al volo dello spirito, perché accompagnerebbe le anime dei defunti nell’aldilà. La simbologia è chiara: i piedi sono impuri poiché toccano la terra e si contaminano con le sua bassezze. Egli vola, elevandosi sul mondo e rifiutando le bassezze terrene. Una elevazione spirituale confermata dalle parole neglicit ima: rifiuto ciò che è in basso (ed elevo il mio spirito). 

E’ un caso? Un segno? Può essere che Giovanna, o qualche membro della sua potente famiglia, abbia fatto uccidere Matteo e che questo sia un modo per scongiurare la vendetta dei morti o quella divina? Forse, nel portale si nasconde un mistero vecchio di 4 secoli. Si possono fare solo ipotesi. E non ha grande importanza scoprirlo. Poiché questa figura che ci parla dalle nebbie dei secoli rappresenta qualcosa di molto più grande, di molto più ampio e generale. Può volere dire: andare al di là delle apparenze, guardare in alto, oltre e cercare le risposte.

Rapportato, ora, alla città di Napoli, ci dice di andare oltre le miserie ed il degrado che, in parte per colpa nostra e in parte per una sorte avversa, hanno steso una coltre grigia su una grande città ed una grande civiltà. Se guarderete in alto, non vi fermerete a ciò che appare in basso, se andrete oltre i luoghi comuni e le falsità che da oltre un secolo e mezzo opprimono Napoli, scoprirete tante cose. Il passato ci parla e ci fornisce le risposte, ma solo se avremo voglia di cercarle. E forse Napoli, come con uno specchio, vi farà scoprire tante cose anche di voi stessi. Parola di Giovanni….ops di Giovanna Zunica Pacheco.

© Giovanni Rossi Filangieri 2015 

 

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