.   GIOVANBATTISTA DELLA PORTA E L'ACCADEMIA DEI SEGRETI   .

Via Cattaneo è una lunga e stretta strada, in leggera salita, che incrocia in basso Via Gigante e termina in Piazzetta delle due Porte di fronte a due archi, sopra ognuno dei quali vi è ancora uno scudo di marmo contenente un leone rampante sormontato da tre stelle. Un tempo era chiamata "Salita alle due porte" e i due archi erano, infatti, due porte intitolate a San Domenico e San Gennaro. Gli archi sono l’ingresso di due strade: Vico Molo alle Due Porte e Vico Arco San Domenico. Vico Arco San Domenico, posto più in alto, stretto e buio, in passato era detto “Vico delle Fate” perché in esso dimoravano gran parte delle lavandaie del Vomero (venivano chiamate anche così). Vico Molo alle Due Porte, posto più in basso, esposto al sole e panoramico, conduce ad una grande Villa seicentesca, “Villa Lombarda”, divenuta poi “Villa La Marca”. Lungo questa amena strada si trova anche ciò che rimane della chiesa Santa Maria Porta Coeli. Fatta erigere nel 1644 da Isabella Costanzo, la cappella oggi appartiene all'ordine dei Cavalieri Templari ed è il sepolcro di alcuni membri della famiglia Di Costanzo. A poca distanza dai due archi, c’era la grande casa di Giovanbattista della Porta.  Di questa oggi non c’è traccia, e sulla quell'area c’è oggi un grande edificio di cemento armato. E’ stato recentemente ipotizzato un collegamento tra tutti questi luoghi e tra il Della Porta e la famiglia Di Costanzo. Ma chi era Giovanbattista della Porta e perché tutto questo interesse per questi luoghi? 

GIOVANBATTISTA DELLA PORTA 

Nato nell'anno 1535 a Vico Equense, fu un filosofo, un alchimista ed uno scienziato con interessi in molti campi come la botanica, l’astrologia, la medicina, l’architettura, la meccanica, le scienze esoteriche. Si dedicò allo studio della camera oscura, che spalancherà secoli dopo le porte alla fotografia (nel 1836 Daguerre si servì degli studi di Della Porta sulle azioni chimiche prodotte dalla luce per ottenere immagini di oggetti) e del cannocchiale, perfezionato successivamente dal suo amico Galileo Galilei. La famiglia Della Porta era di condizioni economiche agiate e di rango elevato, cosicché Giovanbattista fu educato da menti brillanti ed esimi maestri. La famiglia aveva molti possedimenti, tra cui in Napoli un palazzo in Via Toledo ed una Villa sulle colline delle “due porte”. Giovanbattista Della Porta è una figura di spicco della cultura napoletana ed europea del cinquecento, ma la sua notorietà si deve ad un trattato che pubblicò nel 1558, ad appena 23 anni, chiamato Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium, tre libri che poi diventeranno venti, ed alla “Academia Secretorum Naturae”, conosciuta più semplicemente come Accademia dei Segreti, fondata nel 1560; cose che gli valsero le l’accusa di eresia e stregoneria.  Della Porta fu indagato dall’Inquisizione. L'Accademia fu sospettata di occuparsi di occulto e nel 1579 fu chiusa per ordine del Papa Gregorio XIII. Nel 1589 il della Porta ristampò a Napoli, in venti libri, la seconda edizione della Magia Naturalis, nella quale trattò anche la demonologia, le streghe, il magnetismo e la camera oscura.

IL FRONTESPIZIO DI UNA COPIA DEL MAGIAE NATURALIS DEL 1589 

Scrisse anche un trattato sulla chiromanzia col titolo Della Chirofisonomia ed un trattato intitolato Taumatologia. Una personalità eclettica, dalla curiosità sconfinata, esaltata dal clima culturale della Napoli della seconda metà del Cinquecento e dall’opportunità di poter viaggiare, in Italia e nel mondo, con il padre. E’ più che evidente il suo interesse per le arti magiche ed il soprannaturale, ma - come accadeva agli studiosi in quell’epoca - Della Porta dovette fare i conti tutta la vita con il Sant’Uffizio. Proprio il Santo Uffizio nel 1592 gli impedì di stampare la versione in volgare del De humana physiognomonia, opera che uscì solo nel 1598 a Napoli sotto il falso nome di Giovanni de Rosa. Imprudentemente, il Della Porta racconta di aver assistito alla cerimonia di preparazione di una strega diretta al Sabba (il rito infernale delle streghe) ed, in particolare, della preparazione della ricetta usata dalla strega. Lo studioso napoletano ne spiega la preparazione e soprattutto lo scopo: agiva da vasodilatatore e serviva ad attenuare l’azione irritante sulla pelle di alcune sostanze. Intendeva, con ciò, fare una critica razionale al presunto volo delle streghe spiegando che non è reale, ma frutto solo di allucinazioni provocate dalle sostanze psicotrope naturali assorbite dagli unguenti di cui facevano uso: “…solo allora esse credono di volare, di banchettare, di incontrarsi con bellissimi giovani, dei quali desiderano ardentemente gli abbracci”. Tuttavia, lo scritto scatenò una feroce querelle, in particolare il riferimento alla preparazione dell’unguento e ad uno degli ingredienti della pomata usata dalle streghe: la “pinguedo puerorum”, cioè il grasso di neonato. E’ l’epoca dei roghi, della caccia alle streghe e del Malleus maleficarum (scritto un secolo prima, nel 1487) e questi scritti misero a serio rischio lo studioso di pagare cara quella che Germana Ernst definirà “un’arrischiata curiosità”. Chiunque parli di occulto, ancorché in maniera critica e razionale, è automaticamente accusato di negromanzia. La chiesa evidentemente voleva che si credesse alle streghe ed ai loro voli notturni ed i pensatori dell’epoca erano molto scomodi, a fronte di una popolazione basicamente ignorante e inconsapevole. Il Della Porta fu sempre in odore di stregoneria e negromanzia. 

Negli ultimi anni della sua vita (morì nel 1615 a Napoli) lo studioso fu contattato da Rodolfo II d’Asburgo, l’imperatore del Sacro romano impero, famoso per la sua passione per l’alchimia e l’esoterismo e grande collezionista di oggetti esoterici. Il sovrano spostò la capitale a Praga e ne fece il centro mondiale dell’ermetismo. Riunì lì le più eminenti personalità del tempo, astrologhi, scienziati, filosofi e artisti, tutti grandi esperti di cose occulte. Tanto per citarne qualcuno: John Dee, Edward Kelley; Tycho Brahe, Keplero, Giuseppe Arcimboldo, Giordano Bruno, Michael Sendivogius,. L’imperatore era rimasto molto colpito dalle ricerche sulla trasmutazione dei metalli ed in particolare dal De Distillationibus, che riprendeva e ampliava le parti più alchemiche del “Magia Naturalis”, e dal De Aeris transmutationibus considerato il “testamento ermetico” del Della Porta. 

 

Ecco chi era Giovanbattista Della Porta ed è singolare che alla sua statura non corrisponda una adeguata notorietà. Tutti conoscono il Principe Raimondo di Sangro, ma pochi ricordano e conoscono Giovanbattista Della Porta. Eppure l’Accademia dei Segreti fu uno dei circoli culturali più importanti e fecondi di tutti i tempi, un luogo per pochi eletti frequentato da: Ferrante Imperato (speziale, alchimista e botanico); Giulio Cesare Capaccio (teologo e storico, autore dell’ Historia neapolitana); Giambattista Basile (l’autore della madre di tutte le fiabe d’Europa: Lo cunto de li cunti ovvero “lo trattenemiento de peccerille”); il marchese Giovanni Battista Manso (scrittore, poeta). 

COME SI PRESENTA LA ZONA OGGI

 

LA COLLINA DELLE DUE PORTE

Ora vi starete chiedendo cosa c’entri tutto questo con la cappella dei Di Costanzo. Fino a tutto il secolo XVIII questi luoghi, per la posizione, l’esposizione e l’aria buona che vi si respirava, erano considerati luoghi salubri ed anche magici. La zona abitata da tanti altri personaggi divenuti celebri, come lo Storico Pietro Giannone, veniva descritta come salubre ma mal frequentata:” io stimo ottima l’aria, e pessimi gli abitatori di questa contrada; e con ispezialità l’aria e gli abitatori delle due Porte”. (Fasano, Lettere Villeresche). Molti, tra cui lo stesso Tommaso Fasano raccontano che la zona era infestata da una strega malefica. Ed ancora oggi gli abitanti della zona credono nella sua esistenza. Anche il filosofo e storico Benedetto Croce, in tempi più recenti, si è interessato a questi luoghi ed all’accademia dei segreti di cui si è persa traccia e memoria nei secoli:” alle spalle del primo arco c’è la viuzza tetra, oscura e sporca anche oggi sede di parecchie lavandaie ... omissis; l’altro arco invece, mena nella zona ... omissis... spassosa ed allegrissima omissis descritta dal Fasano e confinante con la casa di campagna dei della Porta.”

Si diceva più sopra che questa casa non c’è più, ma una trentina di anni or sono lungo salita due Porte (come anche viene chiamata via Cattaneo), lì dove c’era la casa dei Della Porta, dove alcuni gradini conducevano in dei cantinati, dai quali un pozzo profondo circa otto metri terminava in una antica cisterna pluviale, è stato scoperto l’accesso ad una cavità sconosciuta. Le ricerche terminarono davanti ad una porta chiusa e ripresero solo nell'ottobre del 2004, allorquando -  ottenuti tutti i permessi - i ricercatori entrarono, da un altro accesso chiuso da una porta sotto il costone montagnoso, in un lungo corridoio che presentava delle nicchie sulle pareti. Questo lungo corridoio mostrava ancora segni di un affrescatura che doveva riprodurre l’opus reticulatum romano. Al termine, vi era un arco con un affresco di ispirazione egizia. L’ambiente a forma rettangolare retrostante al corridoio, ha nella volta sulla sinistra un pozzo e sulla destra una colonna ed un cunicolo. La colonna sulla parete destra è stuccata con incisi dei simboli che somigliano a numeri e delimita un ambiente che ritorna nel corridoio. Il cunicolo vicino la colonna ha una sezione a forma di otto e porta in un altro ambiente, a pianta quadrata, con una parete raffigurante un teschio con la bocca spalancata. La bocca era un passaggio ad un ulteriore ambiente retrostante utilizzato come garage, prima separato da una porta e oggi murato con blocchi cemento.  Nell'ambiente quadrato, sulla destra di questa parete, si vedono segni di lapidi asportate e loculi vuoti mancanti delle originarie chiusure. Non c’è dubbio alcuno che siano stati ritrovati parte degli ambienti sede dell’Accademia dei Segreti, in cui il della Porta faceva i suoi esperimenti di magia. Persone addentro alla questione mi hanno confidato che la questione è arrivata all'attenzione dei tribunali amministrativi, atteso l’elevato valore storico e archeologico del sito su cui, purtroppo, insiste un grande moderno edificio, che ha certamente interferito sulla originaria struttura e planimetria del sito.

IMMAGINI DELLA CAVITA ESPLORATA NEL 2004

         IL VIDEO GIRATO DAGLI AUTORI DELL'ESPLORAZIONE

Si ipotizza che queste cavità e che la stessa Accademia dei Segreti potesse svilupparsi fino ad arrivare nella zona ove oggi ha sede la cappella di Santa Maria Porta Coeli. Il nome della chiesa, l’area dove sorge, la parentela tra la famiglia Di Costanzo e lo studioso avevano già fatto ritenere a qualcuno che nella chiesa si potesse nascondere l’accesso alla Accademia dei Segreti. Un segreto nei segreti.

Una lapide ancora perfettamente leggibile fuori della chiesa ricorda che questa fu edificata “affinché la gente delle circostanti campagne non durasse fatica per le pratiche del culto col trarre in chiese lontane”. Donna Isabella Di Costanzo trascorreva molto nella casa di famiglia sulla collina ed aveva notato che gli abitanti della zona erano costretti ad andare lontano, attraverso sentieri tortuosi, per andare alla messa. Così nel 1644 fece costruire la cappella con il principale scopo di rendere meno complicata la vita della gente del posto. Al mattino prima di iniziare il lavoro e alla fine della giornata, le “fate” sbucavano dal soprastante oscuro vicolo, imboccavano vico Molo alle due Porte e andavano a sentir messa nella cappella. La cappella divenne, come ricordato sopra, anche uno dei luoghi di sepoltura della famiglia Di Costanzo. In realtà le tre sepolture in sarcofago sulla sinistra dell’altare sono antecedenti alla cappella stessa e riguardano due vescovi di Pozzuoli, Ludovico e Luigi ed il milite Giovannello, fratello di Ludovico, tutti vissuti a cavallo tra il 300 ed il 400. Una lapide datata 1643 ricorda che la famiglia decise di trasferire i corpi dalla cattedrale di Pozzuoli alla Cappella. Nel tempo la città si espanse insieme anche il borgo, che non fu più isolato. La presenza di altre più grandi chiese rese meno usata la Cappella di Vico Molo che venne ceduta alla deputazione di San Gennaro insieme al palazzo di Via Toledo. Resistendo allo sfascio urbanistico del dopo guerra, la chiesa era ancora aperta agli abitanti della zona fino alla fine degli anni settanta.  Col terremoto del 1980. Quell’antico luogo sacro fu invaso dalle erbacce e dalla muffa. Persino la scalinata di pietra fu preda della vegetazione. Il cancello all’ingresso non è riuscito a tenere ladri e vandali lontani e la chiesa ha perso quasi tutti i suoi arredi di un tempo. Persino la terra santa è stata violata e ridotto in pezzi la pietra tombale di Francesco Maria Di Costanzo. Dei monumenti funebri sulla sinistra dell’altare, tre sarcofagi ben scolpiti con le sembianze delle persone ivi deposte, uno è stato violato. Il coperchio è spostato il coperchio e rubati gli oggetti preziosi con i quali il morto era stato seppellito. Gli altri due, resistono, sporchi e malridotti ma sani. Il marmo dell’altare è stato estirpato dalla base, come capita in quasi tutte le chiese abbandonate. La fontanella seicentesca che abbelliva la sacrestia non c’è più. Anche l’antico organo sul coro sopra l’ingresso è andato quasi in pezzi. 

 

E arriviamo ai giorni d’oggi. Fortuna ha voluto che la “Confraternita internazionale dei Cavalieri Templari Cristiani Jacques de Molay” rileva in concessione decennale il monumento dalla Deputazione, accollandosi i costi per la messa in sicurezza ed il restauro. Uno sforzo notevole che ha posto finalmente termine ad un autentico sacrilegio. I lavori, terminati con l’inaugurazione dello scorso gennaio 2017, hanno reso di nuovo fruibile la chiesa per lungo tempo sprofondata nell’oblio. 

LA CHIESA OGGI

Forse il tempo chiarirà anche i collegamenti possibili tra l’Accademia e la Cappella. Vero è che i Di Costanzo erano imparentati con Giovanbattista Della Porta; la figlia Cinzia sposò Alfonso Di Costanzo ed ebbe in dote Palazzo Della Porta, terminato nel 1569 e sito di Via Toledo n°368, al cui ingresso capeggia ancora lo stemma dei Della Porta, donato come la cappella alla deputazione del Tesoro di San Gennaro nel 1766 da Francesco Maria Di Costanzo. Non è mai stata ritrovata la biblioteca del Della Porta e non si sa dove siano finiti tutti i suoi appunti e i suoi libri. Che li avessero avuto in custodia, almeno in parte, i Di Costanzo? E’ ancora tutto da chiarire. Perciò se volete sapere le novità rimanete connessi sulla città. 

 UN DOVEROSO RINGRAZIAMENTO ALLA CONFRATERNITA INTERNAZIONALE DEI CAVALIERI TEMPLARI  JACQUES DE MOLAY

 

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