LA VILLA DEL RABBINO

 

"Se non potete essere grati per quello che avete ricevuto, siate riconoscenti per quello che vi è stato risparmiato." (proverbio ebraico)

 

Siamo abituati a vedere grandi proprietà, tenute, ville antiche completamente abbandonate. Da un lato la cosa ci rattrista, ma da un altro ci fornisce l’opportunità di una avventura esclusiva e di scattare belle foto. Entrare nella vita degli altri, è questo che, né più né meno, che facciamo durante le esplorazioni urbane. Scoprire storie dimenticate è sempre una bella emozione. Tuttavia, capitano storie che turbano questa gioia e affiorano drammi e tragedie personali. Spettri aleggiano nei saloni semibui e nelle stanze impolverate. Lo scricchiolio di vecchi pavimenti e solai precari talvolta risuona più sinistro del solito. E questa volta gli spettri, le vibrazioni negative hanno il contorno orribile della shoah, la persecuzione degli ebrei che nell’Italia fascista non fu meno feroce che nella Germania nazista. Ci siamo resi conto, ma eravamo già informati, che questa bella Villa apparteneva ad una importante famiglia di fede ebraica. Lo testimoniano anche i documenti e libri che abbiamo trovato dentro la villa. L’abbandono improvviso di questa villa potrebbe essere, dunque, dovuto a questi tragici eventi legati alla ascesa del governo fascista, illiberale e antisemita e culminati con le leggi razziali e la confisca di tutti i beni agli ebrei. Fu una stagione di odio e segregazione senza precedenti.

Il RDL del 9 febbraio 1939, n. 126 istituì l’EGELI Ente gestione e liquidazione immobiliare per curare la gestione e la liquidazione dei beni ebraici espropriati agli ebrei. L’introduzione delle leggi razziali fu affiancata e seguita (talora anche preceduta) dall’emanazione di una innumerevole quantità di circolari amministrative. Nella grande maggioranza dei casi le circolari aggravarono le misure legislative, innovando ed ampliando il regime persecutorio. Nel 1938 furono emanate due circolari, la 12722 del 1° settembre e la 9270 del 22 dicembre, entrambe come “provvedimenti adottati dal Ministero dell’educazione in difesa della razza”. Nella prima si vietava il conferimento delle supplenze e degli incarichi per il nuovo anno scolastico, nelle scuole elementari e medie, ad insegnanti di razza ebraica. Lo stesso criterio di esclusione sarà adottato nei confronti degli aspiranti ad incarichi universitari. Per quanto concerne gli scolari, è stato disposto il divieto di iscrizione ad ogni ordine di scuole degli studenti stranieri ebrei, anche se abbiano frequentato le nostre scuole negli anni precedenti. È stato disposto il divieto di adozione nelle scuole medie ed elementari di libri di testo di autori di razza ebraica. Nella seconda circolare vi sono una serie di disposizioni sui matrimoni: obbligo del consenso del ministero ai matrimoni con cittadini di altre razze, divieto per i dipendenti pubblici (pena la perdita del lavoro) di matrimonio con membri di altre razze, la perdita della patria potestà del genitore di razza ebraica sui figli di altre religioni ed altri provvedimenti discriminatori per i cittadini ebrei. Nel 1941 la circolare 2241 dispose la “eliminazione dei nominativi ebraici dagli elenchi telefonici”. Seguì una serie interminabile di provvedimenti di esclusione o di gravi limitazioni dei cittadini ebrei dalla vita sociale ed economica del paese. Verso la fine del 1943, dopo aver minato in ogni suo aspetto l’identità ebraica nel paese, il regime rivelò il suo vero volto sanguinario. Con l’ordinanza di Polizia n°5 del 30 novembre, “Internamento di tutti gli ebrei”, dispose che “tutti gli ebrei, a qualunque nazionalità appartengano, e comunque residenti nel territorio nazionale debbono essere inviati in appositi campi di concentramento. Tutti i loro beni, mobili ed immobili, debbono essere sottoposti ad immediato sequestro, in attesa di essere confiscati nell’interesse della Repubblica Sociale Italiana, la quale li destinerà a beneficio degli indigenti sinistrati dalle incursioni aeree nemiche.

La Circolare n. 665 del 1° dicembre impose la requisizione delle opere d’arte di proprietà ebraica e dei beni artistici, archeologici, storici e bibliografici appartenenti ad ebrei o ad istituzioni ebraiche. A pochi giorni di distanza, l’Ordinanza n°459 stabilì lo scioglimento delle Comunità israelitiche. 

È l’inizio della fine. Gli ebrei perdono tutti i loro beni, devono lasciare le loro abitazioni e loro cose e perdono anche la libertà. La loro lotta, pur drammatica, per i diritti diventa lotta per la vita.


Non siamo certi che questa famiglia abbia subito questa sorte, ma è assai probabile. Per il momento non abbiamo trovato che labili tracce, ma dovremmo approfondire la ricerca; esiste copiosa documentazione sulle confische da parte dell’Egeli negli archivi ed anche nel dopoguerra con le rivendicazioni aperte e gestite da i maggiori istituti bancari. Non è detto che non si riesca a trovare informazioni su questa proprietà e indirettamente sulla sorte della famiglia proprietaria. 

Questa grande villa è formata da due corpi di fabbrica disposti ad elle ed è circondata da un piccolo parco. L’impressione dall’esterno è che non ci viva nessuno da moltissimo tempo. Le erbacce crescono alte anche davanti ai cancelli rendendo difficile o quasi impossibile l’ingresso. La villa, aperta in più punti, è agevolmente accessibile all’interno. Appena dentro l’impressione è confermata dalle finiture e dagli arredi assai antiquati; questa magione è ferma alla guerra. Molto ammalorata e con molte stanze spoglie, presenta comunque tracce di un passato nobile e ci dice che le persone che abitavano qui un tempo dovevano essere facoltose. Lo suggeriscono il pianoforte, i tanti libri pregiati, gli affreschi…insomma il gusto per l’arte e per il bello.

Il piano terra ha diversi ambienti interessanti. Dopo aver attraversato alcune grandi stanze con camini vuote, una cucina molto antiquata, troviamo un luminoso corridoio con in fondo la scala per salire al primo piano. Su di esso si affaccia una stanza molto suggestiva. Accessibile attraverso una larga porta a due ante, era forse una sala da pranzo perché ha sulla sinistra una grande credenza, al centro un grande tavolo con sedie massicce, sulla destra un’angoliera con ai piedi un grande baule ed un pianoforte. In fondo al corridoio ci sono altri ambienti notevolmente interessanti. Il primo è un piccolo ma coloratissimo studiolo dall’arredamento ancora presente. Poi, due ambienti più grandi: uno forse era una stanza per il relax (una sorta di boudoir) con un grande camino, un baule e due grandi sdraio di legno dal sapore orientale; l’altro è un vero e proprio, sia pur molto elegante, studio professionale con tre tavoli pieni di volumi e progetti. Forse il padrone di casa o i suoi figli erano ingegneri. È qui che abbiamo rinvenuto nei cassettoni molti libri in lingua ebraica o in francese sul mondo ebraico. 


La cosa più stupefacente è però il bagno del pianterreno, molto spartano ma una vera e propria opera d’arte. È composto da un antibagno che ha solo un piccolo lavabo con un antiquato rubinetto d’ottone; e se non fosse per il lavabo di ceramica giurereste di trovarvi nel bagno di una domus pompeiana. Lasciamo alle immagini il compito di confermare le nostre asserzioni. Il bagno vero e proprio è separato da una porta di legno e vetro, è rettangolare, impreziosito sul lato sinistro da decorazioni di gusto orientaleggiante. Anche qui non c’è che un piccolo orinatoio ed un piccolo water, sul genere del bugliolo da caserma, con una seduta di legno ed un coperchio; solo che ogni pezzo è un’opera d’arte. Il water di ceramica bianca decorata di blu ricorda le raffinate ceramiche di Delft nel colore e nei disegni. La cassetta dello sciacquone è decorata con una figura umana che furtivamente si arrampica sul bordo di un muro di mattoni. La catena termina col suo pomello bianco davanti ad un gentiluomo in abiti settecenteschi dipinto sulla parete che quasi sembra volerla afferrare. L’orinatoio sembra quasi la tana di qualche animale del bosco, con disegnato l’accenno di una pianta sulla sommità. 

IL BAGNO

Una scala impolverata e avvolta a tratti da ragnatele secolari porta al primo piano, meno interessante e più vuoto del pianterreno. Lasciamo alle immagini il compito di descriverle. Una stanza ci ha colpito però. Ci sono appese al muro delle stampelle a T come si usavano un tempo e sopra delle fasce funebri: una reca la scritta ISTITUTO FISIOLOGIA GENERALE. Da questa fascia a corredo di una grande corona di fiori abbiamo dedotto che qualcuno qui era professore universitario a medicina. L’uso di portare le fasce a casa lo avevamo già riscontrato nella casa di un notissimo matematico toscano. Le stampelle ci sono quindi subito sembrate crocifissi. Una visione alquanto surreale. Nei pressi di questa stanza sbucano delle scalette, di quelle con il coperchio a botola, che avevamo visto al pianterreno appena entrati.

La visita di questa bella villa è terminata ed in punta di piedi, così come siamo arrivati, ce ne andiamo, con il pensiero che chi qui ha vissuto ha forse dovuto lasciare, costretto dalla violenza e dalla cecità di un folle dittatore, la propria casa. E allora: Shalom aleikhem!

 

L'esplorazione è stata fatta per un tempo davvero breve, nel rispetto dei luoghi e degli eventuali cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato spostato e/o prelevato. 

 

IL PRESENTE ARTICOLO NON COSTITUISCE IN NESSUN MODO UN INVITO O UN INCORAGGIAMENTO ALL'ESPLORAZIONE. I LUOGHI SONO FATISCENTI E PERICOLOSI. CHI LO FACESSE, SE NE ASSUME OGNI CONSAPEVOLE RISCHIO. AD OGNI BUON CONTO RICORDATE SEMPRE LA REGOLA "LEAVE ONLY FOOTPRINTS AND TAKE ONLY PHOTOS", LASCIATE SOLO IMPRONTE E NON PRENDETE NULLA SE NON IMMAGINI.