TIPOLOGIA: fabbriche abbandonate
STATO DEI LUOGHI: fatiscente/pericoloso
MOTIVO ABBANDONO: crisi produzione
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La lavorazione del tabacco ha avuto per decenni in Italia una importanza strategica. L’espansione si registrò nei primi anni del Novecento, con un deciso aumento nel secondo dopoguerra, grazie anche ad alcuni provvedimenti normativi in favore dei tabacchicoltori. In ogni regione si coltivava una differente qualità di tabacco adatta al clima locale e per questo diverse erano le procedure di lavorazione delle foglie.
La coltivazione del tabacco nella Piana del Sele in particolare è stato definita un “esperimento colossale”, per l’entità degli investimenti messi in campo, stimolati anche dalla disponibilità di terreni fertili e di manodopera. In realtà, già da molto tempo si lavorava il tabacco nella provincia di Salerno, come a Cava de’ Tirreni o nell’Agro Nocerino. Dopo il 1920, il tabacco è stato dapprima introdotto a Pontecagnano e Battipaglia, poi in tutta la Piana Del Sele. A Pontecagnano furono costruiti quattro impianti per la lavorazione: l’Alfani, il Mattiello, il Picciola e il Centola. Dal 1918 era attiva a Salerno la Società Agricola Industriale Salernitana (SAIS), con tre stabilimenti a Battipaglia (1920), a Bellizzi (1924) e Santa Lucia di Battipaglia (1929). Inoltre, nella zona di Pontecagnano agiva negli stessi anni la Società Stabilimenti Riuniti Americani la quale aveva due stabilimenti: il San Mattia a Battipaglia e l’Isca Rotonda a Eboli. Dall’unione di entrambe le società nel 1935 nacque la SAIM Società Agricola Industriale Meridionale, che ha operato nell’area per un quarantennio tanto che negli anni settanta, prima della crisi irreversibile del settore, poteva contare su nove stabilimenti di grande dimensione tra i quali il tabacchificio Farina di Battipaglia, tabacchificio Salvati di Fiocche Eboli, tabacchificio Carillia di Altavilla Silentina, tabacchificio Cafasso di Capaccio, tabacchificio Farinia di Pontecagnano, tabacchificio Centola di Pontecagnano.
Gli studi erano decisamente all'avanguardia ed abbracciavano ogni fase della produzione: dalla scelta dei terreni e dei concimi, per finire al processo di lavorazione della foglia, determinante per la qualità finale. La pratica della cura comportava, per i tabacchi utilizzati in Italia (tipo Maryland e Burley), una fase direttamente all’aria aperta, su stenditoi a più piani, collocati in aree riparate dai venti e talvolta protetti ai lati e superiormente con sistemi provvisori e leggeri (tende, graticci, paglia). Una volta portate all'interno dei locali erano sistemate a festoni tirati in alto manualmente usando semplici corde oppure argani. Qui, grazie alla ventilazione opportunamente regolata, si conduceva la cura fino all'essiccamento delle foglie. Poi il tabacco era ritirato dai locali di cura, cernito ed ammonticchiato in celle riscaldate. Grazie ai resoconti degli esperimenti condotti nel Regio Istituto Sperimentale per la Coltivazione del Tabacco di Scafati, apprendiamo quanto avanzate fossero le conoscenze nel settore, e soprattutto, quanto determinante fosse la corretta progettazione del locale di cura.
L’edificio per l’essiccazione era una struttura molto funzionale, dove la forma planimetrica, l’altezza, la disposizione delle finestre, la presenza di aperture orientabili ed aspiratori erano progettati per incrementare i moti convettivi originati dai salti termici, per regolare il flusso ed il movimento dell’aria ottimizzando clima e temperatura. Tutte le tabaccaie erano costituite da grandi capannoni in muratura con una struttura ben precisa legata alla loro funzione. Il tetto era formato da tegole marsigliesi per assicurare una graduale dispersione dell’umidità che si sprigionava dal tabacco. In prossimità del tetto erano collocate delle piccole finestre (munite di portelle in legno) per dare luce al locale durante il caricamento del tabacco. Sulla parete, a livello del pavimento, erano collocate delle bocche utilizzate per immettere aria all'interno del locale di cura, in questo modo si veniva a creare un po’ di ventilazione interna affinché l’umidità non danneggiasse il tabacco. Il locale poteva contenere fino a seimila – settemila piante spaccate.
In funzione del processo di lavorazione, i tabacchifici risultarono alla fine standardizzati secondo una organizzazione schematica: un magazzino, una corte delimitata perimetralmente, essiccatoi con camini di ventilazione in copertura, blocchi con caldaia e relativa ciminiera in mattoni, uffici, mensa, corpo di guardia, la casa del custode.
EBOLI FIOCCHE - STABILIMENTO SALVATI. Si ringrazia il dott. Paolo Sgroia per la gentile concessione delle foto storiche, come acquisite dai vari archivi privati ed il cui copyright si intende qui riportato
Con i cambiamenti nei consumi e l’abbandono del sigaro in favore delle sigarette di tipo americano, iniziò il declino di alcune varietà di tabacco coltivate nel meridione e da allora una crisi inarrestabile della produzione. Dopo la seconda guerra mondiale la lavorazione del tabacco diventò monopolio dell’Azienda Tabacchi Italia (ATI), che acquistò gli impianti dagli industriali locali. Già negli anni sessanta, la peronospora tabacina, una malattia letale per le piante, iniziò a distruggere la gran parte dei raccolti. Furono dismessi in poco tempo quasi tutti i tabacchifici della zona, compresi i grandi stabilimenti di Pontecagnano. Oggi quasi tutti giacciono in pessime condizioni o allo stato di rudere. Eppure, meriterebbero una maggiore attenzione, non solo per la loro storia, ma anche per le intrinseche qualità costruttive. “Costituiscono un felice connubio tra materiali tradizionali, come legno, ferro e laterizi, e le potenzialità espressive e strutturali del cemento armato, grazie ai quali prendono corpo complessi manifatturieri fondati su una tipologia a corte centrale, di dimensioni più o meno monumentali, giungendo fino al suggestivo colpo d’occhio offerto dall'enorme ed avvolgente circolo della fabbrica di Fiocche. Queste strutture imponenti che ancora oggi ammiriamo quali splendidi esempi di archeologia industriale, erano spesso inserite all'interno di villaggi agricoli, innovativi per quei tempi, con case per gli operai, chiese, scuole, asili nido, circoli ricreativi. Le tabacchine diedero speranza di sviluppo e crescita economica ad una popolazione povera e cronicamente disoccupata.” (Arch. Maria Rosaria Di Filippo)
Questi colossi del passato per un Urban explorer costituiscono una sfida stimolante. A vederli non sembrano molto generosi di informazioni e inclini a svelare facilmente i loro misteri e la loro storia. Sono grandi, tetri e mediamente pericolosi, in special modo per la condizione dei tetti, crollati o in serio procinto di collassare. Inoltre, sono stati vandalizzati ed utilizzati come discarica di materiale edilizio di scarto, anche pericoloso come l’Eternit. Tuttavia, come tutte le grandi strutture industriali dismesse sono di grande attrattiva per la fotografia urbana, regalando scenari multi prospettici di grande profondità e chiaroscuri di sicuro impatto emotivo. Scoperta la loro grande storia, anche l’esplorazione diventa sicuramente più consapevole ed emozionante. Abbiamo cercato di immaginare le enormi corti ingombre di telai di legno e pagliericci, l’intenso profumo di tabacco delle foglie stese ad essiccare, i discorsi degli operai, i loro sogni, le loro speranze rese tangibili da questi autentici modelli dell’industria. Ora tutto è desolatamente vuoto, silenzioso, morto.
Allo stato, il team di Essere Altrove - Urbex Campania ha esplorato il Salvati di Fiocche e il Farinia di Pontecagnano.
EBOLI, Fiocche - Tabacchificio Salvati
L’ex tabacchificio di Fiocche è una grandiosa costruzione a forma di semicerchio che abbraccia uno spiazzo enorme di circa duecento metri di diametro. E’ ridotto quasi ad un rudere, ma le volumetrie superstiti regalano grandi sensazioni legate all'altezza, alle maestose arcate che creano marcate zone di ombre e di luce gli accentuati chiaroscuri che li fanno somigliare più ad un antico tempio che ad un relitto industriale. Il tutto sa di onirico, ingannevole agli occhi. Molto pericoloso attardarsi nei locali essiccatoi per la condizione estremamente ammalorata dei tetti. Qualcosa è rimasto della mensa aziendale, ma anche lì non trattenetevi perché il soffitto sembra abbia una gran voglia di venire giù, come testimonia il pronunciato rigonfiamento verso il basso. La enorme corte centrale, dove si svolgeva gran parte del lavoro di cura del tabacco nonché la vita della fabbrica, è celata da erbacce talmente fitte in certi punti da rendere impossibile procedere.
PONTECAGNANO Tabacchificio Farinia
Sicuramente meglio conservato, ma più inquietante, il tabacchificio Farinia di Pontecagnano. Si presenta come un edificio a due blocchi squadrati allungati con in mezzo un cancello di ingresso. Sul blocco di sinistra svetta la torre della direzione con la scritta “SAIM Azienda Farinia”. Assomiglia più ad un carcere di sicurezza che ad un tabacchificio e non ha l’eleganza dei materiali e delle linee architettoniche del Salvati di Fiocche. Fu uno dei più grandi stabilimenti del complesso aziendale della Società Agricola Industriale Meridionale (S.A.I.M.). Ricostruito dopo la distruzione bellica del 1943, era sostanzialmente costituito da grandi capannoni che liofilizzavano e custodivano le foglie di tabacco, coltivate nei campi della Piana del Sele. Ogni essiccatoio ha ampia volumetria, con una superficie di circa 1.400 mq e un’altezza di 12 metri.
Superato il cancello di ferro pieno dell’ingresso, accanto al quale fa ancora mostra di se una targa di marmo con inciso “SAIM tabacchificio G. De Martino”, nel blocco di destra, al pian terreno troviamo un corridoio ingombro di ogni genere di oggetti (scaffalature, cavi elettrici, componenti elettronici, registri, caschetti anti infortunio, schede mediche etc.). In uno dei locali in fondo c’è ciò che sembra essere stata una grande fornace.
Nel blocco di sinistra svetta la torre degli uffici da cui si può accedere ai camminamenti superiori del blocco. Ha una grande scalinata a chiocciola, molto bella ma pericolosa poiché rotta in più punti, ingombra di materiale e priva di parapetti. Vi sconsigliamo di salire, anche perché la torre è piena di eternit sversato negli anni. All’ultimo piano, una angusta scala a chiocciola di ferro porta a dei cassoni, anch’essi in eternit.
FONTI STORICHE: Disegno e storia dei tabacchifici nella piana del Sele (Antonella Marciano)
L'esplorazione è stata fatta nel rispetto dei luoghi e degli eventuali cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato toccato e/o prelevato.
IL PRESENTE ARTICOLO NON COSTITUISCE IN NESSUN MODO UN INVITO O UN INCORAGGIAMENTO ALL'ESPLORAZIONE. I LUOGHI SONO FATISCENTI E PERICOLOSI. CHI LO FACESSE, SE NE ASSUME OGNI CONSAPEVOLE RISCHIO. AD OGNI BUON CONTO RICORDATE SEMPRE LA REGOLA "LEAVE ONLY FOOTPRINTS AND TAKE ONLY PHOTOS", LASCIATE SOLO IMPRONTE E NON PRENDETE NULLA SE NON IMMAGINI.
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