CASTELNUOVO DI CONZA

Il fuoco della rinascita

23 novembre 1980, ore 19.34, un sisma di magnitudo 10 scala Mercalli (livello X: completamente distruttivo – rovina di molti edifici, molte vittime umane, crepacci nel suolo), durato quasi 2 minuti, devastò la Campania e parte della Basilicata, cancellando per sempre decine di comunità. Una delle zone più colpite fu quella compresa tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania, epicentro del sisma. Questi comuni insieme a Laviano, Sant’Andrea, Pescopagano, Senerchia, Lioni, Morra de Sanctis, Santangelo dei Lombardi (ne dimenticherò sicuramente molti altri) furono distrutti dalla violenza del terremoto. 

Quel giorno di quasi 37 anni fa io lo ricordo bene. Avevo 14 anni da poco compiuti. Era una giornata insolitamente calda per un giorno di fine novembre. Abitavo con la mia famiglia al 5° piano di un palazzo moderno che affaccia su un antico e grande giardino del centro di Napoli, il Parco di Cellammare. Nei minuti che precedettero il terremoto, gli uccelli sugli alberi cinguettavano nervosamente nonostante fosse buio ed anche i cani nelle case abbaiavano più del solito. All'improvviso scese un silenzio irreale, come una cappa di piombo che rese ancora più impressionante quello che stava per accadere. Io ero nella vasca da bagno e cominciai a vedere la superficie dell’acqua tremare e udii un fragore sempre più assordante che sembrava provenire dal cielo. Ricordo che pensai: “ma che razza di aereo sta passando?”. Lì per lì non mi spaventai perché non avevo mai assistito ad un terremoto… ma mio padre si, a più di uno. E lo sentii dalla stanza accanto urlare “IL TERREMOTO, SCAPPATE”. Furono due minuti interminabili: dapprima dei sussulti che scuotevano l’edificio dall'alto verso il basso, come se un enorme creatura stesse tentando di sradicarlo dal suolo, poi dopo alcuni secondi di calma l’edificio cominciò a oscillare paurosamente con sinistri scricchiolii. La notte la passammo all'aperto, a Piazza del Plebiscito, aspettando quella che gli esperti chiamavano la “replica”, che però non venne. All'alba tornammo tutti alle case. Le notizie dai telegiornali erano confuse e frammentarie. Molte zone erano del tutto isolate, la protezione civile era un concetto ancora abbastanza nuovo e le comunicazioni non erano certo quelle di oggi.  Ci vollero giorni per realizzare che molti paesi dell’entroterra campano erano andati completamente distrutti e che i suoi abitanti erano rimasti soli, senza mezzi a scavare a mani nude le macerie per cercare di salvare i propri familiari. Il bilancio delle vittime saliva ogni giorno; alla fine si contarono 2.914 morti accertati. Le prime immagini girate dagli elicotteri, gli unici mezzi che potevano raggiungere queste comunità molto isolate e rimaste senza strade percorribili, mostravano una devastazione terribile. Come ammise anche l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, i soccorsi arrivarono colpevolmente molto in ritardo. Di quell'evento si ricorda l’inefficienza della macchina dello Stato ed il grande slancio dei tantissimi volontari che da tutta Italia andarono in aiuto alle popolazioni

E già, il terremoto ha segnato l’inizio di una fase molto buia per Napoli e per tutta la Campania. La mia generazione, già stretta tra la morsa della crisi petrolifera dei primi anni 70 (che segnò la fine del benessere legato al cd. "boom economico"), la disoccupazione dilagante e il terrorismo, ci ha dovuto fare i conti finendo per perdere le sicurezze che la precedente aveva acquisito. Il ricordo del terremoto del 1980 è un ricordo indelebile che popola ancora di incubi le notti di chi l’ha vissuto.

La Campania, oltre che pericolosa, è una terra generosa e bella, la sua gente da sempre sa risanare le ferite e ricominciare ed è piena di voglia di vivere. Viviamo tempi di piacevole riscoperta, con nuove prospettive e l’era della comunicazione digitale che ha ridotto le distanze, aumentato enormemente la diffusione della conoscenza e gli interscambi culturali e personali.

Oggi ho 50 anni, mi considero un cittadino del mondo ed amo molto viaggiare; tuttavia ho un legame profondo e viscerale con la mia terra e la mia gente che cresce col tempo. Mi piace continuamente esplorare luoghi poco conosciuti della mia città e della mia regione. Negli ultimi anni mi sono anche dedicato alla cosiddetta “Urban exploration”, l’esplorazione e la riscoperta di strutture urbane abbandonate. Ed è questo che mi ha portato a riscoprire proprio questa area della regione che disgraziatamente abbonda di paesi abbandonati, le cosiddette GHOST TOWN. La Campania ha una natura geologica tormentata e, tra frane e terremoti ed alluvioni, vanta in tutte le province moltissimi paesi fantasma come: Romagnano al monte, Roscigno, Apice, Melito etc.

 

Questa è anche un’area geografica di rara bellezza, con una natura rigogliosa che rende difficile immaginare tutto l’orrore e la disperazione di quei giorni. L’unica testimonianza sono le rovine dei paesi “vecchi” che si contrappongono, come un monito, a quelli nuovi solitamente costruiti qualche chilometro distante. Questi antichi borghi, sono alla ricerca affannosa di una nuova identità, divisi tra il loro passato - mai dimenticato - e la voglia di guardare al futuro, nonostante il presente assai incerto. Sono spesso piccole realtà ma abitate da gente cordiale, sincera e con un forte senso di comunità. Sarete sempre ben accolti, questo è certo.

SENERCHIA un orologio si è fermato alle 19.34, ora di inizio del sisma

A Castelnuovo di Conza ci siamo capitati per caso io e mia moglie Anna. Volevamo vedere i falò della notte di San Giovanni e abbiamo letto su un portale campano che l’unico luogo dove era possibile vederne era Castelnuovo di Conza. Quello che non sapevamo è che questa antica tradizione, interrotta dal terremoto, è stata ripresa proprio questa estate 2017, nel luogo simbolo del paese vecchio: la piazza Umberto I, chiamata dai suoi abitanti “Lu Chianieddh” ovvero la spianata, per indicare uno dei pochi luoghi in piano di un paese molto “arroccato” e sviluppato verso l’alto. In questa piazza c’è un monumento alle vittime del terremoto del 1980, ottantacinque, con tutti i nomi incisi divisi per famiglie. Alcuni di questi nomi ci hanno particolarmente colpito, tre fratelli di cognome Porreca morti in età assai tenera: Filomena anni 4, Mariagrazia anni 2, Gerardo Vittorio anni 0. Nell'elenco c’è anche la loro madre, Giuseppina di anni 26 anni. Il destino ha voluto che la nostra strada si incrociasse con questa comunità nel giorno della riappropriazione della propria storia e della propria memoria che nessun sisma ha potuto seppellire. Noi che ci portiamo sempre dietro un armamentario di macchine fotografiche, zaini, flash, videocamere non potevamo certo passare inosservati in una piccola comunità ed in una notte come quella. A disagio in un paese del tutto sconosciuto, in una festa che non è nostra, cominciamo a testare la luce per le riprese video e le foto. Ho lo stativo aperto davanti ad una enorme catasta di legno che di lì a poco sarà accesa e sto montando l’obbiettivo sulla macchina fotografica. Sono passati circa dieci minuti dal nostro arrivo in piazza e si avvicina un distinto signore che ci chiede chi siamo. Gli spiego che veniamo da Napoli, che non siamo giornalisti professionisti, che abbiamo saputo della festa e del falò, che vorremmo fare delle riprese della serata e scrivere qualcosa per la nostra pagina web di viaggi. Il distinto signore si illumina e si presenta: “io sono Michele Iannuzzelli e sono il Sindaco di Castelnuovo, vi do il benvenuto a nome di tutta la comunità”. Si sparge la voce e ci avvicinano in tanti, tra cui un talentuoso fotografo locale, Francesco Del Vecchio, con la sua fidanzata, Angela Cappiello, esperta di Scienze naturali. Arriva poi la Dott.ssa Tina Terralavoro della neonata pro loco con cui abbiamo una piacevole chiacchierata. La serata è davvero piacevole, una festa autentica e sinceramente sentita dalla comunità. Dopo gli interventi delle varie personalità, tra cui quello del Sindaco che ha voluto, con nostra grande emozione e gradimento, anche salutarci e ringraziarci pubblicamente per la nostra presenza, presentando il nostro blog a tutti, è iniziata la cerimonia di accensione del falò e la rievocazione di alcuni riti di origine sicuramente pagana, come la bruciatura dei Cardi e la lettura dell’albume d’uovo (simile al rito del Chiummo napoletano). Musica folk, ottimi vino e cibo locali hanno reso ancor più piacevole la serata. E’ stato un momento davvero magico, ma come poteva non esserlo la notte di San Giovanni.


LE BIZZARRE FORME CHE ASSUME IL FUOCO       (NB: non è un trucco, le foto non sono alterate, sono così come uscite dalla macchina fotografica)


                                                   LA STREGA                                                                                                             IL CAVALLO

                                                      IL GRIFO


                                                                                                                                                                                                  LA REGINA                                         

Al di là dell’evento in se, è valsa ampiamente la pena guidare complessivamente per quasi quattro ore soprattutto per avere avuto il privilegio di conoscere una realtà così viva ed autentica, perduta tra le colline ed i boschi di una regione che, sebbene meno conosciuta e blasonata di altre, meriterebbe ben altra eco e fortuna. Prendo a prestito le parole di un prestigiosa firma dell’Espresso che a riguardo di Castelnuovo scrisse:” Forse sarebbe il caso che il governatore De Luca mettesse alla prova qui il suo decisionismo. A cominciare dalla strada SS91 in condizioni vergognose. Illuminare Salerno può andare bene, ma poi devono restare i soldi per non spegnere i piccoli paesi.”  

Queste zone sono state colpevolmente abbandonate dalla Politica centrale e regionale, che magari non le considera rilevanti dal punto di vista elettorale, e, cosa molto più grave e triste, si stanno spopolando sempre di più facendo assomigliare i paesi nuovi sempre più ai paesi vecchi abbandonati. I dati demografici degli ultimi anni sono inequivocabili. La rovina più grande infatti non è quella delle case sventrate, ma è la paura e la sfiducia nel futuro. E così terre bellissime, piene di risorse e con tanto da offrire finiscono nell’oblio. Tradizioni che si perdono, generazioni costrette ed andare lontano per vivere.

La stessa piazza simbolo di Castelnuovo sembra raccontare una storia vecchia, fatta di tradimenti e di opportunità mancate. Bella e molto curata, nasconde alla vista un quartiere di bei palazzi parzialmente ristrutturati e poi di nuovo abbandonati. Mancano fondi e piani di rilancio.

Tuttavia, la bella serata del 23 giugno scorso, di cui abbiamo voluto raccontare, ha una nota positiva che si può riassumere nell’invito fatto dallo stesso primo cittadino, quando citando J.F.Kennedy ha esortato tutti a chiedersi cosa ognuno possa fare per la propria comunità. E io ci aggiungo quello di Ghandi:” sii il cambiamaneto che vuoi vedere nel mondo”. Se Salerno si illumina di luci scintillanti, Castelnuovo si illumina del fuoco eterno dell’amore per la propria terra e per le cose semplici. E’ così che la vedo: il falò di San Giovanni è la promessa che la comunità si è fatta. E non è promessa vuota, come testimonia il fitto calendario di eventi di ogni genere il cui programma ha un nome eloquente APERTO PER FERIE.  


LE INIZIATIVE DELL'ESTATE 2017

Attraverso questa nostra pagina invitiamo tutti a partecipare a queste iniziative e dare un contributo alla rinascita di queste comunità, di questa valle. La gente è bella e cordiale, il cibo genuino, il vino ottimo, la natura rigogliosa. C’è solo l’imbarazzo della scelta: percorsi natura alla scoperta della fauna e della flora, in particolare le orchidee, della zona. Itinerari gastronomici, eventi culturali, gite nel vicino Lago di Conza o nella lussureggiante Oasi naturale dello “Spolveracchio”. Vi piace l’esplorazione Urbana? Siete nel posto giusto, con decine di siti di interesse (alcuni li troverete anche su questa pagina).

Ed a questo  proposito, una possibilità di rilancio per  Castelnuovo potrebbe essere quella che è stata adottata per Apice, altro comune devastato da un terremoto (quello del 1962). Si potrebbe trasformare la parte più antica ed interessante del centro storico in un museo a cielo aperto, una sorta di Pompei del 900. Lasciare intatto il suo valore autentico: la testimonianza di un evento storico ancorché drammatico e di un mondo così diverso da quello attuale che non c’è più. Del resto, è già stato parzialmente messo in sicurezza e la spesa sarebbe affrontabile. Non bisogna sottovalutare l’enorme interesse che questi luoghi possono avere, se lasciati così come sono e resi accessibili. Preservare e non distruggere la memoria. Ricostruire il passato, non cancellarlo.

Questi sono i link dei siti istituzionali dove ci sono tutte le iniziative e le informazioni utili.

http://www.comune.castelnuovodiconza.sa.it/

http://www.castelnuovodiconza.gov.it/portale/

https://www.facebook.com/prolococastelnuovoluchianieddh/

  

Il presente scritto è dedicato a tutta la comunità di Castelnuovo di Conza, come ringraziamento e come augurio di rinascita e di prosperità. E che il fuoco di San Giovanni squarci le tenebre dell’oblio e porti nuova luce a questa terra. 

 

"PERCHE', CREDETEMI, IL MODO MIGLIORE PER RICORDARE I MORTI E' DI PENSARE AI VIVI" (Sandro Pertini)

 

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