E’ stato per caso, in una mite giornata di novembre, che abbiamo potuto esplorare questa autentica meraviglia.
Più volte l’avevamo trovata chiusa mentre stavolta era incredibilmente accessibile. Nascosta in un dedalo di strette viuzze non carrabili, lungo un appeso pendio dentro un antico borgo, appare assolutamente anonima dall’esterno. La facciata è quella semplice, pulita, di una chiesa di campagna; unico “vezzo”: una ceramica raffigurante l’arcangelo Michele che sconfigge il drago. In realtà, il tipo di rappresentazione unito alla menzionata semplicità architettonica lasciano trasparire le origini antiche di questa chiesa. Sebbene l’abitato sia molto più antico, si potrebbe dire che la chiesa sia basso medioevale, forse risalente all’anno mille o giù di lì. Ricerche fatte a posteriori ci hanno rivelato che il borgo, di cui la chiesa era cappella gentilizia, appartenne alla casata dei Carafa e subito dopo a quella dei D’Avalos, due potenti famiglie meridionali che nel corso medioevo affermarono il loro potere. La chiesa è stata nei secoli saccheggiata e danneggiata dai numerosi terremoti, come ad esempio quello del 1688, frequenti in queste zone montuose appenniniche. L’ultimo, quello del 1980, l’ha resa inagibile. Lasciata priva di cure, la chiesa è lentamente scivolata in un inesorabile degrado. Finché un giorno il tetto cedette di schianto seppellendo la navata di detriti, ed anche un prezioso affresco di Luca Giordano andò perduto. Ed è rimasta così da allora.
Nel tempo sopra alla collinetta di detriti è cresciuto un boschetto rigoglioso che ammicca al verde smeraldo delle mattonelle della navata.
La chiesa priva di tetto respira l’immensità dell’universo e fa l’amore, con il cielo di giorno e con le stelle di notte; un tripudio di colori: dal verde smeraldo, all’azzurro, all’oro, al bianco, al rosa. Sul timpano del ciborio ci sono gli arcangeli Gabriele e Michele. Un bel lampadario, in buone condizioni, pende sotto l’arco dell’abside aggiungendo una nota di vita al tutto.
Se la chiesa è di per se stupenda, al suo interno si cela un ambiente in grado di lasciare stupefatto qualunque esploratore, anche il più esperto e scafato.
Ci facciamo largo a fatica tra la vegetazione, riuscendo con grande difficolta a passare tra le macerie; ci accorgiamo che dietro due porte ce ne è un'altra socchiusa che introduce in una stanza, probabilmente la sacrestia. Pensiamo che ci saremmo trovati dentro il solito ambiente polveroso, usato a mo’ di deposito e quindi pieno di ciarpame e spazzatura. E, invece, con enorme meraviglia ci accorgiamo di essere finiti dentro una autentica capsula del tempo, come se la lunga chiusura prima ed il crollo del tetto poi avessero sigillato questo ambiente, fermando il tempo a diverse decine di anni prima.
E’ una stretta stanza dalle pareti azzurre, lunga quasi quanto la navata della chiesa, col tetto parzialmente crollato in un punto, dove la collinetta di detriti formatasi è stata invasa dalla vegetazione. Abiti ed oggetti sacri, da processione e cerimonia, sono ammassati nella polvere e nelle ragnatele dentro e sopra mobili di legno scolorito e tarlato. Appese al muro ci sono diverse stole marcite ed un cappello da parroco, di quelli a quattro orli ed il pon pon, che sembra uscito dalla serie di “Don Camillo e l’onorevole Peppone”. Alla parete c’è un quadretto col ritratto di Giuseppe Fanin, un sindacalista ucciso per motivi politici il 5 novembre del 1948. Ci sono alcune belle incensiere di ottone che mostrano già avanzato stato di ossidazione ed un organo in cattive condizioni. Ovunque sul pavimento candele e lumini votivi, immaginette sacre. In definitiva, un ambiente che seppur messo male non sembra sia stato usato da decenni. Le cose sembrano, anche con un minimo di disordine, coerentemente al loro posto.
Capitano spesso giornate in cui si hanno delusioni da luoghi da cui ci si aspettava molto. Stavolta è stato il contrario, qualcosa che gli inglesi chiamano serendipity, cioè: scoperte del tutto casuali oppure ritrovamento di cose cercandone altre. Col risultato che si beneficia di qualcosa di molto più bello di quello che si è cercato e non si è trovato. Ed era tempo che non trovavamo un luogo così, in grado di regalare forti emozioni.
L'esplorazione è stata fatta per un tempo davvero breve, nel rispetto dei luoghi e degli eventuali cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato toccato e/o prelevato.
IL PRESENTE ARTICOLO NON COSTITUISCE IN NESSUN MODO UN INVITO O UN INCORAGGIAMENTO ALL'ESPLORAZIONE. I LUOGHI SONO FATISCENTI E PERICOLOSI. CHI LO FACESSE, SE NE ASSUME OGNI CONSAPEVOLE RISCHIO. AD OGNI BUON CONTO RICORDATE SEMPRE LA REGOLA "LEAVE ONLY FOOTPRINTS AND TAKE ONLY PHOTOS", LASCIATE SOLO IMPRONTE E NON PRENDETE NULLA SE NON IMMAGINI.