Carlo di Borbone è indubbiamente una figura di grande importanza nel panorama mondiale di metà settecento. Fu infatti, un monarca fuori del comune, illuminato ed intelligente, anche se una certa “storiografia” di comodo vorrebbe i Borbone come una dinastia regnante oscurantista e sanguinaria. Intendiamoci, la storia di tutte le monarchie assolute è intrisa di sangue e i Borbone non facevano eccezione: ne hanno tagliate di teste. Ma se questa è la ragione per cancellare o non ricordare quello che di grandioso hanno fatto e lasciato a Napoli, dovremmo, per par condicio, cancellare il 95% della storia, anche recente, dell’umanità. D'altronde le idee illuministe stavano diffondendosi, ma non erano ancora penetrate a fondo nel tessuto sociale e giuridico. Carlo era un visionario e ancora oggi Napoli trabocca del suo ingegno; e, dunque, sarebbe folle ed ingeneroso non ricordarlo. Napoli sta finalmente riscoprendo il suo passato, se ne sta riappropriando. Ricorrendo in questo anno il tricentenario anni della nascita di Carlo di Borbone, il popolo partenopeo ha giustamente deciso di ricordarlo e festeggiarlo.
Chi era Carlo di Borbone e cosa ha fatto per Napoli.
Figlio del re di Spagna Filippo V e di Elisabetta Farnese, a soli quindici anni Carlo ottenne il ducato di Parma dalla madre. Un preciso accadimento storico legò il destino di Carlo a Napoli: la guerra di successione in Polonia del 1733. Il conflitto si allargò in un contesto internazionale che vide come palcoscenico anche la penisola italica. La Francia e la Spagna (e con essa ovviamente Sicilia e Napoli) sostennero un parente del re di Francia: il principe Stanislao Leszizynski. Nei piani delle potenze di allora vi era di porre Carlo sul trono di Napoli e della Sicilia. E così, Carlo di Borbone entrò in Napoli da Porta Capuana il 10 maggio 1734. Questo avvenimento riempie le cronache dell’epoca e alimenta le leggende popolari che descrivono il Re, acclamato dalla folla, ricambiare l’accoglienza con lanci generosi di monete d’oro. Alla testa di un'armata franco-spagnola, cui si erano unite le truppe napoletane, Carlo sconfisse gli Austriaci a Bitonto il 26 maggio seguente. Nemmeno ventenne, il 3 luglio del 1735 fu incoronato nella cattedrale di Palermo re utriusque Sicilie. Anche se l’investitura papale del 10 maggio 1738 lo indicò col nome di Carlo VII, tale nome non fu mai usato. E’ ricordato col nome che assunse successivamente come Re di Spagna, cioè Carlo III. Nacque il Regno delle Due Sicilie. Gli austriaci avevano lasciato Napoli in condizioni indicibili (come dire, un invasore è un invasore e gli austriaci non furono meglio degli spagnoli): la tassazione altissima, i soprusi diffusi, la popolazione allo stremo. I Napoletani videro, quindi, in questo giovanissimo Re un autentico liberatore. E lo fu. Carlo è ricordato come uno dei monarchi più lungimiranti e illuminati della storia d’Europa e d’Italia. Le sue riforme, specie quella fondiaria, furono molto efficaci. Risollevarono l’economia, che nel giro di un decennio fece raggiungere a Napoli i livelli dell'Inghilterra e della Francia, e restituirono un po’ di giustizia ed equità sociale. Non è un caso che Carlo fu un Re molto amato ed è ancora oggi presente nell'immaginario dei napoletani come il “Buon Re”. All'avvento di Carlo di Borbone, Napoli era la città più popolosa d’Europa dopo Parigi ed immiserita. Gli sforzi di Carlo di Borbone furono nella direzione di generare sviluppo e benessere. Aveva certamente una visione ed il coraggio di metterla in pratica. Sotto il suo regno non ci furono solo opere faraoniche, come la Reggia di Caserta, ma tantissimo altro. Furono ammodernati interi quartieri, costruiti ospedali, giardini, palazzi grandiosi ancora oggi degni di ammirazione. Poco nota fu la profonda riforma di uno Stato finalmente indipendente, dovuta anche all'accortezza nella scelta dei collaboratori di cui Carlo si circondò; uno su tutti il ministro Bernardo Tanucci. Sotto Carlo di Borbone, si passò da uno Stato “feudale”, fatto di privilegi e di soprusi ad uno moderno e razionale che toglieva sempre più potere ai baroni e alle signorie ecclesiastiche. Del resto chi è che eliminò l'abominevole consuetudine della "colonna infame"? Fu Carlo, che la fece abbattere e cancellò per sempre questa pratica. L’imponente mole di lavori pubblici trasformò rapidamente anche Napoli. Il sistema stradale, arretrato e insufficiente, fu adeguato valorizzando anche il territorio extraurbano. Anche la cultura fu particolarmente esaltata sotto il suo regno: pensiamo solo alla creazione del Real Teatro San Carlo ancora oggi il più antico teatro funzionante d’Europa oppure la Reggia di Capodimonte, dove nel 1743 fu fondata la celeberrima fabbrica di porcellane.
Una certa storiografia ossequiosa verso i nuovi regnanti piemontesi cercò di ridimensionare e svilire anche la figura di questo Re. Lo si è accusato di manie di grandezza, di aver piegato anche le opere di ammodernamento dello Stato alle sue personali esigenze. Sta di fatto che possiamo affermare, senza correre il rischio di essere accusati di neo borbonismo reazionario, che con Carlo il Regno conobbe una stagione di grande sviluppo e benessere. Napoli divenne insieme a Londra e Parigi il centro della cultura d’ Europa. Ed è anche per questo che deve essere ricordato e non solo per tantissime opere di mirabile pregio che furono realizzate sotto il suo Regno: la Reggia di Caserta, la Reggia di Capodimonte con la Real Fabbrica di Porcellane, la Reggia di Portici, il Real Teatro di San Carlo, Palazzo Fuga anche noto come Real Albergo dei Poveri, i primi grandi scavi archeologici che portarono alla luce le città di Pompei, Ercolano e Stabia sotto la direzione di Rocque Joaquin De Alcubierre e Karl Jakob Weber, sono solo gli esempi più evidenti. Con la morte prematura del fratello, nel 1759 Carlo andò in Spagna per diventare Re. Prima di lasciare il regno al figlio Ferdinando, con la “Pragmatica Sanctio” sancì definitivamente l’indipendenza di Napoli e della Sicilia. Fino all'Unità d'Italia, il Regno di Napoli era all'avanguardia in molti campi industriali, aveva un esercito numeroso e ben equipaggiato, e soprattutto le migliori finanze della penisola. La disponibilità delle casse del Regno era più del il doppio di tutti gli altri stati preunitari messi insieme. Questa è la prova che poi non era così mal amministrato come hanno voluto fare credere.
La celebrazione del tricentenario è stata organizzata in uno dei luoghi simbolo del Regno di Carlo di Borbone: la sontuosa REGGIA DI CAPODIMONTE. E’ proprio il prestigiosissimo Museo ospitato al suo interno, in cui sono custoditi capolavori di Masaccio, Caravaggio, Raffaello, Tiziano, Parmigianino, Bruegel, El Greco, Ribera e Luca Giordano, sta conoscendo un’autentica rinascita con la nomina del direttore Sylvain Bellenger. In pochi mesi Bellenger ha già dimostrato tutta la sua competenza e dinamicità, cambiando il volto al Museo e restituendo degli spazi da lungo tempo negati alla città.
Coloro i quali il 30 aprile scorso erano nel monumentale parco della Reggia, hanno potuto assistere contemporaneamente a molti eventi di grande suggestione, realizzati grazie all’impegno di tante persone. Più di cento figuranti provenienti da tutte le parti d’Italia, abbigliati in stupendi abiti d’epoca, hanno animato la Reggia facendo rivivere i fasti di un tempo. Ai graziosi balli di corte, è seguita una kermesse di arte cavalleresca che ha proiettato i tantissimi napoletani, e non, nella dura vita militare dell’epoca. Con grandissima maestria i cavalieri dell’Aquila Bianca capitanati dal Roberto Cinquegrana hanno mostrato le arti equestri e belliche della Reale cavallerizza Napolitana. E, vi assicuro, non si è trattato di una mera esibizione teatrale, ma di una autentica e assolutamente realistica dimostrazione di grande abilità equestre e di scherma. Scintillanti armature, meravigliosi stalloni, belle amazzoni su cavalli bianchi e duelli hanno catturato l’attenzione del folto pubblico per ore. Si è esibito col suo addestratore un giovanissimo stallone dallo scintillante manto nero e dal nome di Nobilissimo, frutto di diversi incroci Si sta tentando di recuperare una antica razza equina da guerra, il Corsiero Napolitano, dal quale discende anche il prestigioso cavallo Lipizzano e sulla cui origine ci sono vivaci discussioni. Non essendo un esperto di cavalli rimando, a chi fosse interessato, alla lettura di questo interessante excursus sul Cavallo di Conversano: http://proloco-conversano.blogspot.it/2007/12/xxiii-sagra-della-pettola.html .
Nel Regno il cavallo e la cavalleria avevano una importanza enorme e molti erano gli allevamenti che sfornavano cavalli da battaglia per l’esercito borbonico. A testimonianza dell’importanza che aveva il cavallo nel Regno, è stata anche data una dimostrazione di una carica di cavalleria. Imponente ed elegante lo stallone nero di razza Frisone che si è esibito col suo proprietario, Carmine Visconti.
Grande attenzione è stata data alle dimostrazioni di scherma antica con l’uso di varie tecniche ed armi: la spada a due mani, sciabola, fioretto, spada e pugnale.
Interessante anche la rassegna culinaria borbonica, la cui cucina con forti contaminazioni francesi è ancora oggi presente a Napoli.
I festeggiamenti non sono conclusi ed altre sorprese sono all'orizzonte prossimo. Quindi, restate collegati sulla città.
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