ALLA MEMORIA DELL'AMICO CARO E COLLEGA, AVVOCATO PAOLO GRILLO

 

.              PROBLEMATICHE GIURIDICHE DELL'ATTIVITÀ SUBACQUEA IN ITALIA

© luglio 2017 Giovanni Rossi Filangieri - Avvocato del Foro di Napoli

 

INTRO Molti anni fa ebbi modo di confrontarmi con diversi amici sub, anche loro avvocati, sulle problematiche che le leggi regionali, le nuove amp, le proposte di legge sulla subacquea ed alcune discutibili ordinanze delle capitanerie di porto (es: divieto di immersione sulla Laura c) stavano creando. Eravamo tutti più o meno della stessa idea. Già alcuni illustri colleghi hanno scritto sulla attività subacquea dal punti di vista giuridico affrontando anche l'aspetto penale, dal quale io mi sono astenuto non essendo un penalista. Ho deciso, così tempo fa anche io di scrivere questo piccolo contributo, affatto esaustivo, sulla normativa riguardante la subacquea, ma soprattutto sulla responsabilità di chi ha fatto dell'immersione subacquea una professione, in particolare Istruttori, guide e titolari di dive center. Oltre ad essere un avvocato, sono da sempre appassionato di mare ed immersioni subacquee. Ho avuto la fortuna di iniziare ad immergermi da piccolo, spesso a contatto ed incoraggiato da nomi leggendari come Claudio Ripa, Massimo Scarpati, Enrico Minopoli, Raimondo Bucher etc. Sono brevettato dal 1982 con la PADI allora California. Ho fatto parte di associazioni subacquee, ho fatto la guida per un certo tempo ed ho anche insegnato ad alcuni amici ad andare sott'acqua. Frequento da sempre i diving di tutto il globo e mi sono immerso un po’ ovunque: Micronesia, Polinesia, Filippine, Maldive, Florida, Bahamas, Cuba, Sudafrica, Norvegia, Scozia, Isole Canarie, Mar Rosso etc. Oltre le problematiche giuridiche, conosco anche quelle squisitamente tecniche e logistiche legate al mondo dell’immersione subacquea. Spero vi possa piacere e soprattutto vi possa essere utile per districarvi in quel incoerente ammasso di provvedimenti, spesso in contraddizione tra di loro, che regolamentano attualmente il settore e vivere la vostra professione sub un poco più serenamente. 

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LA NORMATIVA SULLA ATTIVITÀ SUBACQUEA 

 

NORME GENERALI E NORME PARTICOLARI

 

In Italia manca un testo di legge che disciplini l’attività subacquea.

Sono svariati i disegni di legge che giacciono, lettera morta, negli archivi parlamentari. Delle proposte di legge quadro che riguardano l’attività subacquea, solo quella rubricata come C1698, è stata esaminata, ma approvata solo da una delle due Camere. Probabilmente, ora giace in qualche commissione in attesa di nuovo interesse.

Quindi, è necessario coordinare le specifiche fonti normative esistenti, alcune anche molto datate, e armonizzarle con le regole generali del diritto applicabili alle fattispecie di volta in volta trattate.

Le uniche disposizioni legislative nazionali di carattere generale cui i subacquei devono attenersi, sono contenute in alcuni articoli del d.p.r. 2 ottobre 1968, n. 1639 “Regolamento per l’esecuzione della legge 14 luglio 1965, n. 963, concernente la disciplina della pesca marittima”: art. 128-bis divieto di utilizzo degli apparecchi di auto respirazione per la pesca subacquea; art. 130 obbligo di segnalarsi con una bandiera rossa con striscia diagonale bianca posta su galleggiante o sulla barca appoggio, ai sensi dell’art. 130, d.p.r. 2.10.1968, n. 1639, pesca marittima e di operare in un raggio di 50 metri da essa o, di notte, con un fanale lampeggiante giallo.

Per quanto attiene l’obbligo di segnalazione, il protocollo 82/033465 del 26 maggio 2003, emanato dal Comando Generale Corpo delle Capitanerie di Porto a tutte le sedi delle Capitanerie di Porto, ha apportato alcune modifiche. In particolare: la distanza alla quale devono transitare le imbarcazioni dal segnale esposto di subacqueo in immersione è di 100 metri minimi e non più 50; il subacqueo ha l’obbligo di segnalarsi con un galleggiante recante bandiera rossa con striscia diagonale bianca oppure la bandiera alfa blu e bianca tagliata a V su di un lato (bandiera internazionale di subacqueo in profondità), visibile ad una distanza non inferiore a 300 metri; la bandiera va posta sul galleggiante o, se il subacqueo è accompagnato da un mezzo nautico, issata sulla barca d’appoggio, dove deve essere sempre presente una persona in grado di intervenire se necessario (cd. Assistente di superficie); inoltre, il subacqueo deve operare entro un raggio massimo di 50 metri dalla verticale del mezzo nautico d’appoggio o del galleggiante portante la bandiera di segnalazione. Di notte deve essere esposta una luce lampeggiante gialla, visibile a giro di orizzonte. Potremmo dire, per essere il protocollo esteso a tutte le capitanerie di porto, che tali disposizioni abbiano carattere generale valido su tutto il territorio nazionale.

 

Esistono anche “norme particolari” contenute in Leggi Regionali, in ordinanze delle singole capitanerie di porto, in regolamenti di aree marine protette e in provvedimenti di altre competenti autorità amministrative.

Queste norme, che non hanno portata generale, ma solo sul territorio di competenza dell’Autorità che le ha emanate, possono apportare deroghe e limiti all’immersione subacquea, anche rilevanti. E proprio per quanto attiene ai limiti all’immersione in generale e all’attività individuale che il singolo subacqueo intende porre in essere, questi devono essere giustificati da interessi ed esigenze oggettivi e ragionevoli, quali la tutela di siti di particolare interesse Storico e/o archeologico, l’esistenza di pericoli derivanti dal traffico marittimo (vicinanza a porti) etc.. Questo ha un riflesso pratico immediato, poiché in caso di violazione di dette norme, in sede di opposizione alla sanzione amministrativa oppure nel procedimento penale, il Giudice deve comunque valutare la legittimità costituzionale della disposizione o del provvedimento e qualora ritenga sussistente un vizio di legittimità disapplicarli (come nel caso dei regolamenti). E per le norme aventi forza di legge, deve rimettere alla Corte Costituzionale la relativa questione di costituzionalità, se non manifestamente infondata. 

 

LE LEGGI REGIONALI SULLA SUBACQUEA

 

Nella nostra Costituzione è previsto un riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni (art.117 Costituzione). La Regione può legiferare esclusivamente in tutte le materie che non siano espressamente di esclusiva competenza dello Stato (cd. Riserva di Legge) oppure in materie oggetto di legislazione concorrente, in cui lo Stato emana le norme di principio (leggi quadro) e le Regioni quelle di attuazione dei principi guida. Tale riparto di competenze può portare ad avere regolamentazioni della stessa materia diverse da Regione a Regione.

All’attualità, soltanto cinque Regioni hanno dettato una regolamentazione dell’attività subacquea: questa riguarda soprattutto la disciplina dell’accesso alle figure professionali degli istruttori e delle guide. Queste leggi sono: L.R. Sardegna, 26 febbraio 1999, n. 9; L.R. Toscana, 3 aprile 2000, n. 42; L.R. Liguria, 4 luglio 2001, n. 19; L.R. Sicilia, 3 maggio 2004, n. 8; L.R. Calabria, 18 maggio 2004, n. 17.

 

La Regione Sardegna “disciplina l’attività degli operatori del turismo subacqueo Legge Regionale 9/1999 e stabilisce le norme per l’accertamento dei requisiti per l’esercizio, in ambito turistico e ricreativo, delle professioni di “istruttore subacqueo” e di “guida subacquea””. Stabilisce altresì le norme in materia di ordinamento dell’attività dei “centri di immersione subacquea” (art. 1), ed esclude l’attività sportivo-agonistica e quella svolta dalle associazioni senza scopo di lucro. L’art. 2 contiene una serie di definizioni importanti: “l’immersione subacquea a scopo ricreativo e turistico è l’insieme delle attività ecosostenibili volte all’osservazione e alla salvaguardia dell’ambiente marino sommerso, nelle varie forme diurne e notturne. Queste attività, se effettuate con autorespiratore, possono essere esercitate entro i limiti della curva di sicurezza senza soste obbligatorie di decompressione e a profondità non eccedenti i 40 metri, da persone in possesso di brevetto subacqueo”.

Gli articoli successivi stabiliscono che “per esercitare la professione di guida o istruttore subacqueo è necessaria la previa iscrizione nell’elenco regionale degli operatori del turismo subacqueo. Gli istruttori e le guide devono essere in possesso di brevetti rilasciati dalle didattiche iscritte nello stesso elenco regionale.”

Per la prima volta, vengono riconosciuti, anche se in ambito territoriale circoscritto, i brevetti rilasciati dalle didattiche il cui possesso è anche condizione necessaria per poter usufruire dei servizi dei centri di immersione.

Successivamente, la Regione Sardegna con Legge Regionale 20/2006 del 18 dicembre 2006, ha riordinato la materia. L’art. 4 definisce “guida turistica sportiva chi per professione accompagna persone singole o gruppi in attività turistico-sportive per le quali è richiesta la conoscenza e l’utilizzo di particolari tecniche secondo le direttive, le linee guida e le tabelle di specializzazione adottate con deliberazione della Giunta Regionale, previo parere della Commissione consiliare competente per materia appartengono a questa categoria le guide e gli istruttori subacquei di cui alla l.r. n. 9/1999”. Queste funzioni possono essere esercitate in seguito a iscrizione in un registro professionale (e non più in un elenco regionale come prevedeva la l.r. n. 9/99) e che requisiti abilitativi minimi per l’esercizio delle professioni subacquee, sono: art.5 “titoli rilasciati da organismi riconosciuti e individuati nelle direttive e linee guida stabilite con successiva deliberazione della Giunta regionale, previo parere della Commissione consiliare competente per materia, più tre mesi effettivi, anche non continuativi, di tirocinio operativo certificato, secondo le modalità previste nell’art. 7, per ciascuna delle specialità per le quali si richiede l’iscrizione”; altri requisiti previsti dall’art. 6 sono: “a) maggiore età; b) cittadinanza italiana o di altro paese membro dell’Unione europea (sono equiparati i cittadini extracomunitari in regola con le leggi dello Stato); c) godimento dei diritti civili; d) idoneità psico-fisica all’esercizio della professione”. Per quanto riguarda il periodo di tirocinio certificato, l’art. 7 stabilisce che “per la guida turistica sportiva la certificazione di tirocinio deve essere rilasciata, per ciascuna delle specialità individuate con deliberazione della Giunta regionale, da un istruttore abilitato ed iscritto nel registro e deve attestare la pratica dell’attività di istruzione per ciascuna disciplina per il periodo indicato dalla lettera c del comma 2, dell’art. 5 (tre mesi effettivi, anche non continuativi) in affiancamento all’istruttore professionista”. Inoltre, i professionisti di cui alla presente legge devono frequentare periodicamente corsi di aggiornamento e perfezionamento inerenti l’attività professionale esercitata.

La Regione Toscana con la Legge Regionale n. 54/1997 professione guida ambientale trasfusa nella Legge Regionale n.42/2000 del 3 aprile 2000 Testo Unico sul Turismo, ha definito i contorni della professione di guida ambientale subacquea: “chi, per professione, accompagna persone singole o gruppi assicurando la necessaria assistenza tecnica, nella visita di ambienti naturali …omissis” (art. 118 l.r. Toscana 3.4.2000, n. 42 testo unico turismo). Per essere abilitati a svolgere questa professione è anche necessaria l’abilitazione conseguita mediante il superamento di un esame sostenuto al termine di un corso di qualificazione professionale, con ulteriori corsi di aggiornamento obbligatori. Inoltre, le capitanerie di porto della Regione hanno emanato ordinanze che disciplinano i centri di immersione e di addestramento subacqueo che possono effettuare attività didattica, di accompagnamento e di supporto tecnico-logistico. In questi centri possono prestare la propria attività esclusivamente: guide ambientali per l’accompagnamento subacqueo ed istruttori brevettati dalle varie didattiche per i corsi. I centri di immersione possono prestare i loro servizi solo a persone già munite di brevetto rilasciato da FIPSAS o da altre Federazioni o Associazioni riconosciute dal CONI o da altre organizzazioni didattiche di consolidata presenza sul territorio nazionale o regionale operanti a livello internazionale o nazionale. Durante le immersioni non possono essere raggiunte profondità superiori a quelle previste dalle didattiche per i vari livelli di abilitazione dei partecipanti e dei vari gradi di addestramento e comunque non oltre la curva di sicurezza ed entro i 40 metri. 

La Regione Liguria, con la Legge Regionale n.19/2001 del 4 luglio 2001, Norme per la disciplina dell’attività degli operatori del turismo subacqueo, prevede i requisiti per l’esercizio delle attività di istruttore e di guida subacquea, dei centri di immersione e di addestramento subacquei e delle associazioni senza scopo di lucro. In dettaglio, l’art. 2 definisce l’immersione subacquea a scopo turistico e ricreativo “l’insieme delle attività ecosostenibili volte all’osservazione dell’ambiente marino sommerso, nelle varie forme diurne e notturne. Tali attività, se effettuate con autorespiratore, devono essere esercitate da persone in possesso di brevetto subacqueo ed entro i limiti e con le procedure e gli standard operativi previsti dal brevetto stesso”. La novità è che le norme vengono estese anche ai subacquei non professionisti ed il limite dei 40 metri in curva anche se non previsto dal brevetto. Gli istruttori e le guide, i centri di immersione e di addestramento, e le associazioni senza scopo di lucro che svolgono attività subacquee devono iscriversi nell’apposita sezione dell’elenco regionale; “ai fini dell’iscrizione gli istruttori e le guide devono possedere: a) la maggiore età; b) la cittadinanza italiana o di altro Stato membro dell’Unione Europea (sono equiparati i cittadini extracomunitari che sono in regola con la legge dello Stato); c) non devono aver riportato condanne previste dalle leggi di pubblica sicurezza, salvo riabilitazione; d) diploma di scuola dell’obbligo o titoli equipollenti se conseguiti all’estero; e) brevetto di istruttore subacqueo o di guida subacquea rilasciato, previo esame teorico pratico, da un’organizzazione didattica iscritta in apposita sezione dell’elenco; f) copertura assicurativa mediante polizza di responsabilità civile per i rischi derivanti alle persone dalla partecipazione alle attività svolte; g) idoneità psicofisica allo svolgimento dell’attività”. L’art. 10 prevede delle sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione delle disposizioni delle legge.

La Regione Sicilia con Legge Regionale n.8/2004 del 3 maggio 2004, ha disciplinato l’attività della guida subacquea che è definita come colui che “accompagna in itinerari subacquei, singoli o gruppi, di massimo sei persone, in possesso di brevetto subacqueo riconosciuto descrivendo prima dell’immersione il percorso, le caratteristiche della biologia, della flora e della fauna marina e fornendo significative informazioni sulle corrispondenti zone emerse”.

Per questa attività, se esercitata stabilmente nella Regione, è necessario iscriversi in un albo regionale, e la stessa iscrizione è subordinata al conseguimento di un brevetto sportivo di livello equivalente a tre stelle CMAS (Confèdèration Mondiale des Activitès Subacquatiques) o di corrispondente livello per altre federazioni. Tuttavia, la legge in esame prevede che “in ossequio agli articoli 49 e 50 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, le disposizioni di cui alla presente legge non si applicano, fermo restando quanto previsto all’art. 1, commi 2 e 3, ai cittadini di Stati membri dell’Unione europea, diversi dall’Italia, che esercitano, in regime di libera prestazione di servizi, le professioni turistiche disciplinate dalla presente legge”.

La Regione Calabria con Legge Regionale n.17/2004 del 18 maggio 2004, ha sostanzialmente adottato la legge ligure, istituendo anche un Osservatorio Regionale per il turismo subacqueo, con lo scopo di monitorare l’applicazione della legge.

 

Le menzionate Leggi Regionali, nel tentativo di superare la lacuna nazionale in tema di attività subacquea, hanno sollevato non pochi problemi. Sono di palmare evidenza alcune stridenti contraddizioni comuni a tutta la legislazione regionale.

Il dato più immediato è che le Regioni legiferanti tutte hanno violato la riserva di legge dello Stato in materia di creazione di Elenchi ed albi professionali, di regolamentazione di professioni, sicurezza sul lavoro e protezione ambientale, con ciò limitando illecitamente l’esercizio di una professione o attività. In realtà, non hanno nemmeno regolato la materia, ma acriticamente rinviato ai requisiti e alle procedure previsti dalle Agenzie didattiche maggiormente diffuse. Ciò determinerebbe, anche a parer mio, ulteriori profili di incostituzionalità. A parte la violazione della riserva di legge di cui all’art.117: violazione dell’art. 3 della Costituzione (principio di uguaglianza); art. 4 (diritto al lavoro) art. 10 (diritto internazionale); art. 23 (riserva di legge dell’imposizione personale e patrimoniale) imponendo agli istruttori ed alle guide subacquee di frequentare un corso, e quindi una prestazione personale e patrimoniale per poter condurre immersioni guidate, non prevista in nessuna legge; art. 41 (limitazione della libertà economica senza una legge);  art. 120 Costituzione, comma 1 (divieti per Regioni ed enti locali): “La Regione non può istituire dazi dell'importazione o esportazione o transito fra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto del lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.”

Peraltro la Corte Costituzionale si è già pronunciata in un caso molto simile. Con Sentenza n.40/2006 del 8 febbraio 2006, ha dichiarato incostituzionale la Legge Regionale Liguria n. 18/2004 stabilendo che “la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti didattici, e l’istituzione di nuovi albi è riservata allo Stato. Tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera di singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale”. “Esula, pertanto, dai limiti della competenza legislativa concorrente delle regioni in materia di professioni l’istituzione di nuovi e diversi albi (rispetto a quelli istituiti dalle leggi statali) per l’esercizio di attività professionali, avendo tali albi una funzione individuatrice delle professioni preclusa in quanto tale alla competenza regionale”.

Con successiva Sentenza n. 57/2007 del 2 marzo 2007 la medesima Corte ha anche chiarito, che si perverrebbe alla stessa conclusione anche qualora le norme regionali non precludessero l’esercizio dell’attività individuata, poiché anche la sola istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per l’iscrizione ad esso hanno già di per sé una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale. Con ciò vanificando anche il tentativo di sostenere che potesse rientrare nella potestà regionale l’istituzione di meri elenchi o registri a carattere “dichiarativo” ed “accertativi” relativi a professioni non ordinate in ambito statale.

Con la sentenza n. 300 del 20 luglio 2007 ha, infine, chiarito che l’incostituzionalità di queste norme permane anche se esse vengano giustificate dalla tutela dei consumatori. Le Regioni non possono istituire albi o elenchi per professioni non disciplinate a livello statuale nemmeno con l’alibi della tutela dei diritti del consumatore.

Per la natura definitiva e retroattiva delle sentenze della Corte Costituzionale, questi elenchi o pseudo albi delle guide subacquee regionali non hanno, e non hanno mai avuto, alcun valore.

Sarebbe opportuno sollevare una questione di legittimità costituzionale in sede di opposizione ad una sanzione amministrativa per violazione di tali disposizioni affinché si abbia una pronuncia ad hoc. È pur vero che si tratta di leggi che non interferiscono con l’attività individuale, ma riguardano la sola attività didattica e organizzazione di immersioni guidate. Tuttavia, dietro queste leggi c'è il rischio che si nascondano interessi economici e protezionistici che autorizzano formalmente a limitare la libertà di impresa o veicolare scelte commerciali verso certe organizzazioni private e non altre.

A parere dello scrivente, l’attività subacquea è allo stato interessata dalla legge che regola le attività professionali che rientrino in una precisa disciplina e senza albi professionali ed è, quindi, assoggettabile alla disciplina prevista dalla L. 4/2013 del 14 gennaio 2013 Disposizioni in materia di professioni non organizzate (In GU n. 22 del 26-1-2013).

La possibilità delle persone di associarsi e di darsi delle regole vincolanti per l’esercizio di una attività, che renda gli appartenenti a queste associazioni riconoscibili e più credibili, non trasforma tale autoregolamentazione in precetti di portata generale obbligatoria, ma obbliga solo gli iscritti in forza del vincolo associativo, senza che la non appartenenza a quella particolare associazione comporti di per se la impossibilità di esercitare quella attività. In buona sostanza, le associazioni professionali non sono albi professionali la cui creazione e regolamentazione è riservata allo Stato. 

 

LE ORDINANZE DELLE CAPITANERIE DI PORTO

 

Pur non rientrando nel novero delle norme giuridiche, i provvedimenti amministrativi emessi dalla P.A. sono una parte cospicua della regolamentazione di ogni attività essendo, peraltro, dotati di forza autoritativa. I più rilevanti per l’attività subacquea sono le Ordinanze delle Capitanerie di Porto.

La maggior parte delle ordinanze riguardano la sicurezza in mare e differiscono da luogo a luogo costringendo chi svolge l’attività in un determinato ambito territoriale ad aggiornarsi continuamente presso la competente Capitaneria di Porto.

Tuttavia, regolamenti quali quelli che impongono l’obbligo di avere un’apparecchiatura per la somministrazione dell’ossigeno in caso di incidente, un adeguato mezzo di comunicazione, bombole di emergenza, i rapporti minimi tra guida e subacquei guidati sono ormai adottati con poche e minime differenze da tutte le capitanerie d’Italia.

Anche le Ordinanze delle Capitanerie pongono numerosi problemi di interpretazione ed adattamento presentando più di una criticità.

Ad esempio, quelle che impongono di tenere a bordo delle imbarcazioni adibiti alle immersioni subacquee una apparecchiatura idonea alla somministrazione di ossigeno, non stabiliscono, poi, chi possa somministrare l’ossigeno in caso di incidente e che qualifiche debba avere. La somministrazione di ossigeno si deve ritenere di fatto ricompresa nelle procedure di primo soccorso secondo le normali regole di formazione di istruttori e delle guide subacquee. Quindi in caso di incidenti in immersione, saranno gli istruttori e le guide a dover utilizzare l’ossigeno terapia d’emergenza. E questo nonostante per la legge italiana l’ossigeno medicale sia a tutti gli effetti considerato un farmaco ed acquistabile solo con la ricetta medica. Inoltre, poiché l’ossigeno terapia è un trattamento farmacologico a tutti gli effetti, per la legge sul “consenso informato” il subacqueo infortunato deve esprimere il proprio consenso alla somministrazione dell’ossigeno, se cosciente (in caso di perdita di coscienza, il consenso si presume). La mancata somministrazione di ossigeno da parte di personale qualificato integra il reato di omissione di soccorso. È, quindi, buona norma poter dare prova dell’avvenuto consenso e dell’avvenuta somministrazione, facendo firmare un modulo predisposto in cui si riporta il consenso o il rifiuto espresso. La prova può essere data anche a mezzo testimoni come altri partecipanti all’immersione.  

Destano anco più perplessità, per le considerazioni già svolte in esame delle Leggi Regionali, le ordinanze che prevedono l’obbligo per le guide e gli istruttori di essere possesso di un brevetto rilasciato da una delle Federazioni o Associazioni didattiche generalmente riconosciute e quello di operare entro i limiti imposti dal proprio brevetto.  In assenza di una norma di legge in proposito, il cd “brevetto” rilasciato da una organizzazione didattica non può avere alcun effetto abilitativo dal punto di vista giuridico, vertendo le associazioni didattiche nel novero delle associazioni private senza la possibilità di creare albi professionali dal valore inclusivo o esclusivo generale.

Si può aggiungere anche una illegittimità sotto il profilo dell’eccesso di potere, per omettere dette ordinanze riferimenti giuridici sulla necessità di tali brevetti e sulla natura di enti certificatori delle didattiche in vece dello Stato.

Infine, dubbi di legittimità, soprattutto per difetto di motivazione, sono ravvisabili nell’ordinanza che preveda che in certi luoghi siano effettuate unicamente immersioni guidate, sul falso presupposto che la semplice presenza di una guida possa aumentare una sicurezza che di fatto restringe solo a pochi soggetti la possibilità di organizzare immersioni su quel sito (vedi Ordinanza restrittiva per il relitto della Haven).

 

I REGOLAMENTI DELLE AMP, LE AREE MARINE PROTETTE

 

I regolamenti ed i provvedimenti dei parchi marini, comportano significative limitazioni a molte attività (ad esempio la pesca), allo scopo di preservare l’ecosistema marino e ripopolare tratti di mare depauperati dall'eccessivo sfruttamento. Tuttavia, in tali regolamenti si rinvengono anche provvedimenti che nulla hanno a che fare con la protezione dell’ambiente e che comportano ingiustificate limitazioni verso l’attività subacquea, col risultato di favorire certi soggetti piuttosto che altri e trasformando i parchi da zone di tutela biologica a zone di esclusivo o prevalente sfruttamento economico. Un esempio tra tutti, l’obbligo di rivolgersi esclusivamente a centri di immersione indicati dall’ente parco, disposizione poi dichiarata illegittima dal Tar della Sardegna (1120/2002). Andrebbero esaminati i regolamenti laddove le finalità non fossero di stretta tutela ambientale e sottoporle alla lente della magistratura. 

 

LE NORME UNI EN: CEN ED UNI

 

Con la Legge n. 317/1986 l’Italia ha recepito la Direttiva Europea 83/189/CEE del marzo 1986, attribuendo all’UNI (Ente Nazionale di Unificazione) il ruolo di Organismo nazionale italiano di normazione e, in quanto membro del CEN, il compito di recepire le norme europee e abrogare quelle interne se in contrasto con le prime.

Il CEN (Comitato Europeo per la Normalizzazione), è un organismo che si occupa a livello europeo della standardizzazione di prodotti e servizi.

 L’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) è un’associazione privata senza scopo di lucro che svolge principalmente attività di normazione in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario, esclusi quello elettrico ed elettrotecnico. In particolare l’UNI:

-         elabora norme che vengono sviluppate da Organi tecnici, con la partecipazione di tutte le parti interessate, assicurando così il carattere di trasparenza e condivisione;

-         rappresenta l’Italia nelle attività di normazione a livello internazionale (ISO, cioè International Organization for Standardization) ed europeo (CEN) per promuovere l’armonizzazione delle norme ed agevolare gli scambi di prodotti e servizi;

-          pubblica e diffonde le norme tecniche, direttamente o attraverso i centri di informazione e documentazione presenti su tutto il territorio nazionale (Punti UNI), o tramite internet.

A seconda di chi abbia elaborato la norma avremo sigle diverse: UNI per quelle elaborate direttamente dall’UNI, EN se elaborate dal CEN oppure UNI EN se sono norme del CEN recepite dall’UNI.

In particolare queste ultime si sono occupate dell’attività subacquea, recependo molti standard europei del settore. Alcuni esempi.

Le norme UNI EN 14153, riguardano i “servizi per l’immersione ricreativa - requisiti minimi di sicurezza richiesti per l’addestramento di subacquei ricreativi”

La norma UNI EN 14413 descrivono le competenze richieste per un istruttore subacqueo e le modalità per la verifica di queste competenze.

La UNI EN 14467 specifica i requisiti che devono possedere le scuole e i centri diving.

Infine, la norma UNI EN 250 si occupa dei materiali e delle attrezzature subacquee “respiratori – autorespiratori per uso subacqueo a circuito aperto ad aria compressa – requisiti, prove, marcatura”.

 Le norme CEN sono essenzialmente tecniche e la loro osservanza è del tutto volontaria, non hanno valore di norme giuridiche. La loro violazione non comporta l’applicazione di sanzioni, tuttavia la loro osservanza ha una rilevanza giuridica e pratica. Infatti, forniscono a chi le applica dei riferimenti concreti e importante argomento a favore in caso di controversie su casi di responsabilità, civile o anche penale. In caso di incidente subacqueo, la condotta dell’istruttore potrà essere valutata anche in relazione al rispetto o meno delle norme CEN o di altre norme tecniche riconosciute a livello nazionale o internazionale. Osservarle offre una garanzia in più agli operatori ed ai titolari dei diving center.

 

LA RESPONSABILITÀ  CIVILE NELL'ATTIVITÀ  SUBACQUEA

 

Come detto, manca in Italia una legge completa ed esaustiva che disciplini la materia, soprattutto per quanto riguarda le modalità di svolgimento di un’immersione subacquea guidata e di corso, controlli, servizi da offrire, doveri degli operatori (istruttori, guide etc.). Nel caso in cui sorgano delle controversie a seguito di incidenti avvenuti in un’immersione subacquea si dovrà fare riferimento per lo più alle norme generali dell’ordinamento, ed in particolare a quelle del Codice Civile, in materia di responsabilità.

Il primo distinguo da fare, per la chiara differenza delle prestazioni, è tra attività di “insegnamento” e attività di “accompagnamento”, e quindi tra responsabilità dell’istruttore e della guida.  Ogni subacqueo brevettato ha, o dovrebbe avere, un certo grado di autonomia e di auto responsabilità: per esempio, sa, o dovrebbe sapere, come si utilizza correttamente l’attrezzatura, quali sono i limiti del proprio addestramento, applicare le procedura di emergenza, gestire le riserve di aria etc.

Nella prassi si tende a fare molta confusione tra le due cose e ad addossare alle Guide, o ai Dive Master che dir si voglia, responsabilità che sono proprie dell’istruttore. La differenza è più che evidente: l’istruttore ha a che fare con individui inesperti e non autosufficienti cui deve insegnare, mentre la guida ha solo il compito di accompagnare sott’acqua subacquei già formati e più o meno esperti. A seconda dei livelli ci saranno differenti responsabilità. Tuttavia, capita spesso che negli incidenti da attività subacquea le responsabilità siano molteplici e concorrenti: istruttore, guida, responsabile del Diving Center, produttore o il fornitore dell'attrezzatura etc.

Per evitare addebiti, l’operatore subacqueo deve attenersi rigorosamente agli standard della propria organizzazione didattica e alle comuni regole di prudenza, perizia e diligenza. In caso di giudizi di accertamento della responsabilità per incidenti occorsi in immersione, il giudice normalmente si avvarrà di una CTU (consulenza tecnica d’Ufficio), che di regola sarà effettuata da un esperto di attività subacquea, il quale valuterà anche il corretto rispetto delle procedure standard relative all’immersione subacquea. Quindi i parametri di giudizio saranno tanto quelli ordinari propri di qualunque professione, quanto quelli specifici dell’attività subacquea, indicati negli standard delle diverse didattiche, ma che hanno tutti una base comune di regole e comportamenti ormai consolidata.

Inoltre, in caso di presenza di subacquei minorenni l’operatore subacqueo assume maggiori ed aggiuntive responsabilità, sul presupposto della non piena maturità del soggetto. Di conseguenza dovrà porre maggiore attenzione, in base al principio dell’affidamento del minore all’operatore stesso, guida o istruttore.

La responsabilità opera in campo civile che penale, ove il comportamento illecito dell’operatore integri fattispecie di comportamento penalmente rilevante. 

LA RESPONSABILITÀ CIVILE DELL’ISTRUTTORE SUBACQUEO

 

L'istruttore subacqueo può essere chiamato a rispondere civilmente per due fattispecie di responsabilità: quella extracontrattuale, nei confronti di terzi, chiunque essi siano, e si basa sul principio cardine del nostro ordinamento del neminem laedere, cioè della responsabilità, civile nel nostro discorso, verso chiunque sia stato leso dalla propria condotta, dolosa o colposa; quella contrattuale, che si fonda sulla obbligazione assunta quale istruttore nei confronti dell’allievo. Le due ipotesi hanno delle differenze importanti dal punto di vista pratico: nella responsabilità di natura contrattuale c’è un inversione dell’onere della prova e sarà compito dell’istruttore dimostrare la propria estraneità; inoltre, il danno si prescrive in 10 anni e non 5. E’ quindi ipotesi più gravosa di quella extracontrattuale.

Si ritiene da più parti applicabile alla figura dell'istruttore di discipline sportive, e quindi a maggior ragione anche l’istruttore subacqueo, il regime previsto dall'articolo 2236 c.c., il quale comporta una limitazione di responsabilità dell'istruttore nei casi in cui il medesimo debba risolvere problemi di particolare difficoltà tecnica: in questi casi, risponderà solo per dolo o colpa grave, restando esonerato dalla colpa lieve. L’istruttore potrà, quindi, invocare singole cause di riduzione di responsabilità o il concorso del fatto colposo del fatto del danneggiato.

 

Si profila la responsabilità extracontrattuale dell’istruttore quando il soggetto leso non sia in un rapporto contrattuale con l’istruttore, come, ad esempio, altre persone che si dovessero immergere con l’istruttore e con l’allievo e dovessero subire danni a causa della condotta dell’uno o dell’altro. 

Ai sensi dell’art. 2043 c.c. il risarcimento per fatto illecito, stabilisce che: “qualunque fatto, doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”

Ricorre nelle ipotesi in cui il soggetto leso non sia legato da alcun rapporto contrattuale con l’istruttore, come per esempio quei subacquei del tutto estranei all’attività di addestramento che subiscono dei danni per una condotta dell’istruttore o di un suo allievo. Oppure nel caso di allievi che hanno riportato conseguenze pregiudizievoli per effetto dell’operato di altri allievi soggetti al controllo dell’istruttore.

Perché ci sia responsabilità dell’istruttore è quindi necessario che: ci sia una condotta illecita; dall’azione o omissione dell’istruttore sia derivata una lesione di un interesse tutelato dalla legge (ad esempio, un danno all’attrezzatura o  una lesione fisica);  esista un nesso di causalità tra l’azione o l’omissione e il danno;  è necessario che l’evento dannoso sia provocato intenzionalmente (dolo) oppure nella maggior parte dei casi (colpa) per mancanza di diligenza (l’istruttore non controlla il corretto funzionamento dell’attrezzatura), prudenza (l’istruttore organizza una lezione del corso in condizioni meteorologiche avverse), imperizia (l’istruttore compie un primo soccorso su un infortunato non applicando le corrette procedure). L’onere di provare l’esistenza di una condotta dolosa o colposa spetta al danneggiato.

L’istruttore ha sempre l’obbligo di valutare correttamente le capacità dei singoli allievi impostando su queste le attività di insegnamento; adottare tutte le necessarie misure organizzative e cautele per prevenire l’insorgere di situazioni potenzialmente pericolose; controllare lo stato delle attrezzature da utilizzare; impartire nozioni e direttive chiare e vigilare sull’osservanza scrupolosa di esse. Non basta infatti che l’Istruttore si limiti ad insegnare ma, avendo un potere di controllo sugli allievi, verificare che le nozioni siano state apprese e poi osservate.

Ci si chiede se l’attività di vigilanza dell’insegnante debba fare riferimento ad un modello astratto di diligenza o legato alle condizioni concrete che tengano conto dell’età, della formazione, dell’allievo, delle condizioni ambientali etc.

La giurisprudenza è abbastanza uniformemente incline nel richiedere una presenza e vigilanza concreta e costante dell’istruttore su ogni attività degli allievi.

Se la responsabilità del danno è imputabile a più persone (ad esempio all’istruttore e al responsabile del diving), il danneggiato può chiedere l’intero risarcimento a ciascuno di essi, indipendentemente dal grado di colpa con diritto di rivalsa verso gli altri responsabili (principio di solidarietà passiva art. 2055 c.c.).

Se il danneggiato ha subito danni da un allievo minore dell’istruttore, soccorre anche l’art. 2048 c.c. (responsabilità dei precettori e de maestri d’arte) ed alla peculiare presunzione fissata dalla norma in questione. Il convenuto in giudizio dovrà sottostare ad un più gravoso onere probatorio. Infatti, la norma del codice civile fissa in astratto la presunzione di responsabilità del precettore legandola al solo fatto dell’essere l’istruttore esercente attività di insegnamento o addestramento. Al danneggiato basterà provare il fatto illecito del minore, il nesso causale tra il fatto e l’attività dell’istruttore, nonché tra il fatto ed il danno subito senza dover dimostrare il dolo o la colpa dell’istruttore.

Di contro, la prova liberatoria dell’istruttore non si esaurisce nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, ma si estende alla dimostrazione di aver adottato, in via preventiva, le misure organizzative idonee ad impedirlo. La prova liberatoria non può ritenersi raggiunta in base alla sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento, ma richiede anche la dimostrazione di aver adottato in via preventiva le misure organizzative o disciplinari idonee ad evitare una situazione di pericolo favorevole all’insorgere di questa serie causale.

 

L’istruttore sarà chiamato a rispondere di responsabilità contrattuale, qualora possa ravvisarsi una violazione degli obblighi di competenza e diligenza nello svolgimento del proprio lavoro, con conseguente responsabilità di natura contrattuale nei confronti dell'allievo che abbia riportato danni durante il corso di addestramento. La conseguenza più netta è la cd. Inversione dell’onere della prova: per esonerarsi dalla responsabilità, l'istruttore dovrà dimostrare che l’evento non sia dipeso da qualche sua negligenza, imperizia o imprudenza o peggio comportamento deliberato (dolo) e che questo si è verificato per caso fortuito o forza maggiore. L'istruttore dovrà, in altre parole, dimostrare di aver preso tutte le precauzioni ed usato tutti gli accorgimenti necessari per evitare i rischi tipici dell'attività subacquea. Va a questo punto precisato che la responsabilità verrebbe delineata anche qualora il Giudice ritenesse che l'insegnamento subacqueo rientri tra le attività pericolose disciplinate dall'art. 2050 c.c. (cosa che è avvenuta in alcuni giudizi), ovvero tra le attività che, per loro natura o per la natura dei mezzi adoperati, presentano un alto potenziale di danno. 

La responsabilità da inadempimento di obbligazioni assunte contrattualmente è regolato dall’art. 1218 c.c. responsabilità del debitore: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

Se l’istruttore non esegue la prestazione dovuta, (ad esempio non tiene il corso che si era impegnato a tenere) è obbligato di risarcire il danno, a meno che non dimostri che il mancato o ritardato adempimento sia dipeso da causa a lui non imputabile.

La forma scritta del contratto non è richiesta ad substantiam, cioè perché sorga l’obbligo non è necessario un contratto scritto. Tuttavia, l’esistenza di un atto scritto è importante ad probationem, cioè dal punto di vista probatorio, non tanto sulla esistenza ma sul contenuto specifico dell’accordo, poiché le prestazioni generiche sono chiare: l’attività di istruzione ed addestramento subacqueo e il pagamento del corrispettivo. Il contratto con cui l’Istruttore o la scuola/Diving Center pattuiscono l’attività finalizzata al conseguimento di un brevetto subacqueo va inquadrata nello schema del contratto di prestazione d’opera disciplinato dall’art. 2222 c.c. e ss.

In punto di responsabilità, la mancata o inesatta esecuzione di ciò che si è promesso in contratto e/o le conseguenze pregiudizievoli di tipo personale o patrimoniale connesse all’inadempimento faranno sorgere la sua responsabilità contrattuale. A questo punto, è di palmare evidenza l’importanza di una precisa e circostanziata descrizione delle obbligazioni assunte, nel senso delle attività e del loro svolgimento; è importante delineare con molta puntualità ciò che sia richiesto all’allievo in termini di comportamento, impegno a rispettare scrupolosamente le prescrizioni dell’istruttore, fuori e dentro l’acqua. Infatti, l’eventuale giudizio sulla contestazione di inesatto o mancato adempimento della prestazione da parte dell’allievo insoddisfatto o leso dipenderà dal tipo di accordo stipulato tra le parti. E’ opportuno ricordare quanto già evidenziato e cioè che in caso di inadempimento contrattuale c’è un’inversione dell’onere della prova: sarà il debitore istruttore a dover dimostrare di aver adempiuto esattamente ovvero di non aver potuto non per sua colpa ma per causa forza maggiore o caso fortuito. Se l’attività di addestramento svolta dall’istruttore subacqueo può essere considerata un’obbligazione "di mezzi" e non "di risultato", tuttavia è necessario un preventivo esame di ciò che in concreto è stato promesso. In concreto, valutare se si sia inteso assicurare al creditore allievo uno specifico e determinato risultato, ottenibile sulla base dell’attività di istruzione impartita nonché dell’inesistenza di condizioni oggettive ostative al raggiungimento del risultato (problemi fisici dell’allievo etc.) su cui le parti hanno convenuto; oppure se si sia inteso garantire la prestazione come convenuta, ma per la molteplicità dei fattori che concorrono al raggiungimento di un determinato risultato, di cui molti non controllabili da parte del prestatore d’opera,  non si sia inteso garantire il raggiungimento dell’obiettivo. Semplificando, si garantisce nel rispetto dei termini del contratto “l’acquisizione di capacità fisiche, psichiche e tecniche per potere svolgere in autonomia le attività di immersione subacquea.” Oppure si garantisce lo svolgimento del corso senza garantire il risultato.

E’, comunque, possibile desumere il contenuto delle obbligazioni del contratto di istruzione subacquea anche in assenza di un contratto.  Infatti, scuole e istruttori tutti aderiscono ad una qualche federazione o associazione nei cui regolamenti sono riconoscibili e individuabili con estrema precisione gli standard dell’insegnamento che vengono in ogni caso recepiti nel singolo contratto.  Genericamente, la prestazione dell’istruttore può essere descritta in due aspetti principali: la trasmissione del complesso di nozioni tecnico-scientifiche del corso (teoria); lo svolgimento di attività pratiche di addestramento, in acque confinate e libere, atte a valutare la capacità effettiva dell’allievo di mettere in pratica le tecniche apprese con la teoria (pratica). Valutazione delle capacità specifiche dell’allievo e del buon funzionamento dell’attrezzatura sono le chiavi per prevenire situazione di responsabilità. L’istruttore deve quindi seguire le procedure standard dell’attività subacquea previste dalla didattica di appartenenza (predisporre esercitazioni, attrezzature e immersioni adeguate alle capacità tecniche degli allievi). 

 

 

LA RESPONSABILITÀ CIVILE DELLA GUIDA SUBACQUEA

 

Nella maggior parte dei regolamenti delle federazioni e delle didattiche subacquee, la Guida subacquea è definita come chi: “accompagna singoli sub o gruppi in immersione ed assiste l’istruttore nell’addestramento”. Possono quindi guidare immersione sub brevettati o assistere Istruttori nelle immersioni didattiche.

Normalmente, si tratta di sub con un terzo livello di addestramento (tipo 3 stelle CMAS, FIPSAS ovvero Divemaster o Divecon nella PADI, SSI, NAUI etc.).

Le responsabilità della guida, come accennato, sono diverse da quelle dell’istruttore, proprio per la natura dell’attività svolta, l’accompagnamento in immersione e non l’insegnamento. Nel caso in cui faccia da assistente ad un istruttore, i subacquei potranno anche agire verso l’istruttore poiché egli risponderà anche del fatto illecito dei suoi collaboratori. Tuttavia, la guida risponderà per responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c. qualora cagioni un danno ingiusto, in entrambi i casi, sia come guida che come assistente di istruttore.

Nella casistica si suole distinguere a seconda se l’immersione guidata sia stata programmata come semplice accompagnamento di subacquei esperti in un luogo a loro non conosciuto ovvero sostegno e supervisione di un gruppo di sub poco esperti. Nel secondo caso la guida assumerà delle responsabilità simili a quelle di un istruttore. A parere dello scrivente, l’accompagnamento subacqueo è diverso dall’attività di istruzione ed addestramento e la guida risponderà del fatto proprio o della propria negligenza e mai della negligenza imperizia o impreparazione altrui. In caso di accompagnamento in immersione, si presume che i partecipanti, in quanto brevettati, siano assolutamente autonomi e padroni della tecnica di immersione. Quindi, compito della guida è organizzare l’escursione in sicurezza, predisponendo tutte le misure di emergenza adeguate al livello dei partecipanti e dell’eventuale mancanza in tal senso risponderà. Non risponderà del malfunzionamento dell’attrezzatura o dei problemi legati alla imperizia dei clienti partecipanti.  


Interessante una sentenza, ancorché un po’ datata, del Tribunale di Milano (14-19 novembre 1990) in un processo per la morte di un fotografo subacqueo durante un’escursione: “...non è responsabile il soggetto sul quale grava l’obbligo di seguire il gruppo per ragioni di sicurezza, in quanto non può ricoprire nella circostanza la qualità di istruttore subacqueo, se nessuna attività di insegnamento o di tirocinio doveva essere svolta”. Il Tribunale non ha ritenuto responsabile la guida dell’omesso controllo della preparazione tecnica dei partecipanti, in quanto si presumeva dal possesso di brevetti avanzati, né dell’omesso controllo dell’equipaggiamento dei partecipanti, poiché la guida era tenuta esclusivamente a fornire le bombole e i piombi. 

La guida è tenuta a verificare il possesso del brevetto e/o l’esperienza certificata del subacqueo idonea per quella specifica immersione organizzata e non la effettiva preparazione tecnica acquisita col suddetto brevetto. 

Potremmo dire, quindi che la guida subacquea ha questi compiti: verificare l’idoneità dei subacquei a partecipare ad una determinata escursione, controllando i loro brevetti e dive log che certificano la richiesta esperienza; organizzare l’immersione seguendo   gli specifici standard operativi, le regole dell’arte e, comunque, in base al buon senso e alla comune esperienza, utilizzando mezzi di trasporto idonei e sicuri per la specifica immersione, facendo attenzione alle condizioni meteorologiche e allo stato dei luoghi (presenza di corrente, reti etc.); predisporre  i mezzi richiesti per gestire un’eventuale emergenza; monitorare costantemente e attentamente tutta l’immersione e tutti i partecipanti, per essere in grado di intervenire tempestivamente in caso di bisogno. Rientrano sicuramente tra i doveri della guida professionista il cd. Briefing pre immersione, cioè la corretta informazione del tipo di immersione pianificata (percorso, pericoli, eventuale presenza di corrente, procedure di emergenza etc.), formare le coppie di immersione, predisporre fonti di aria di emergenza (il classico gruppo/gruppi sotto la barca con erogatori a frusta lunga), fare attenzione ad eventuali cambiamenti delle condizioni meteo marine. 

Per quanto detto sopra, esulano dalla responsabilità della guida gli errori tecnici dovuti ad impreparazione dei sub accompagnati, o mancato delle prescrizioni date dalla Guida, dai quali derivino incidenti (es. in caso di “pallonate” dovute a scorretto uso del G.A.V. o della Muta stagna, oppure un subacqueo che perda il gruppo e continui l’immersione da solo senza adottare la procedura di sicurezza prevista nel caso).

 

LA RESPONSABILITÀ CIVILE DELLE FEDERAZIONI E DELLE DIDATTICHE

 

In casi di incidenti subacquei, può essere configurata una responsabilità dell’agenzia didattica che rilascia il brevetto?

In linea di massima, non può escludersi in astratto una responsabilità colposa dei responsabili delle didattiche, esclusiva o concorrente con quella del soggetto titolare di brevetto da essa rilasciato: quando il danno possa essere riconducibile ad erronea e/o insufficiente formazione del subacqueo; brevetto conseguito da persona a cui non avrebbe dovuto essere rilasciato per mancanza dei requisiti richiesti; mancata revoca del brevetto a persona diventata inidonea all'esercizio dell'attività subacquea, sempreché si dimostri la conoscenza o la conoscibilità dell’inidoneità sopravvenuta da parte dei responsabili. E’ ovviamente necessario che si accerti il nesso causale tra l'incidente subacqueo e l'omissione della agenzia didattica, la quale può sempre fornire la prova contraria.

 

LA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL DIVING CENTER  

 

Il centro di immersioni risponderà, in genere, per ogni danno che sia in connessione di causalità con un suo atto o omissione, in maniera esclusiva o concorrente con altri (istruttore, Guida, organizzazione didattica, produttore e fornitore attrezzature subacquee etc.).

I casi più frequenti possono essere: scoppio di bombole in ricarica; aria viziata nelle bombole caricate per difetto o mancata manutenzione dei filtri; lesioni riportate da persone nei locali adibiti a spogliatoio, docce, aula didattica per presenza di liquami o superfici scivolose; attrezzatura fornita o noleggiata difettosa; natanti in avaria o sprovvisti delle dotazioni di navigazione e/o soccorso etc.

Nel caso in cui l’attrezzatura sia stata fornita o noleggiata dal diving, il titolare di quest’ultimo sarà responsabile del danno causato, con eventuale concorso di responsabilità con il collaudatore o manutentore. Nel caso in cui l’attrezzatura difettosa fosse in garanzia, il diving center potrà rivolgersi il produttore (chiamata in garanzia), per farsi manlevare da qualsiasi somma che fosse condannato a pagare al danneggiato. 

E’ buona norma per ogni diving center: dotare tutti gli ambienti di adeguate superfici drenanti e antiscivolo, in special modo le cosiddette zone “bagnate”; apporre cartelli chiari e visibili, anche in inglese, di cautele (es pavimento scivoloso) o divieti (es: locale ricarica, accesso consentito solo al personale); dotarsi di adeguata e specifica copertura assicurativa.

LA COPERTURA ASSICURATIVA PER L'ATTIVITÀ SUBACQUEA  

 

Da diversi anni ormai esistono polizze assicurative specifiche per subacquei, tanto professionisti che subacquei per diletto. La più famosa e diffusa in tutto il mondo è il DAN (Dive Alert Network).

La polizza assicurativa subacquea è congegnata un po’ per tutti gli usi ed esigenze: per il subacqueo apneista o in ARA, sportivo o professionista, per immersioni in aria o miscele in (nitrox, trimix etc.), in circuito aperto (classiche bombole) o con Rebreather. Ogni polizza contiene opzioni di cui sopra e vanno lette attentamente per essere sicuri della copertura. Si ritiene che la garanzia sia prestata nel lasso di tempo tra l'imbarco e lo sbarco dal natante, per le immersioni in mare da una barca, ovvero tra la vestizione e svestizione per le immersioni in mare da terra oppure dall’ingresso in acque confinate all’uscita per le esercitazioni in piscina se la polizza copre attività didattiche. Quindi l’incidente, o meglio la causa dell’incidente deve essere avvenuta in questo spazio temporale, cioè deve essere legata all’immersione o alle operazioni preliminari e conclusive.  


L'infortunato deve comunque denunciare il sinistro entro 10 giorni dal momento in cui si è verificato. Tuttavia, è buona norma avvisare subito il DAN poiché questo è nato con funzioni di studio e monitoraggio degli incidenti subacquei ed ha una sua rete mondiale di esperti. Il DAN gestisce direttamente le situazioni di emergenza e questo ha un riflesso pratico poiché solo così si sarà certi della totale copertura del rischio e del relativo indennizzo. Infatti, nei casi in cui il DAN non sia stato allertato e/o non abbia gestito direttamente l'emergenza, risponderà entro per quanto riguarda le spese di gestione dell’emergenza entro i limiti di un massimale cd. "evento", anch'esso variabile da polizza a polizza. Che sia stato o meno allertato il DAN indennizzerà per le spese mediche specialistiche successive, il deterioramento o la perdita dell'attrezzatura subacquea nei limiti previsti dal massimale di polizza.

Sono invece espressamente esclusi gli infortuni derivanti da: uso e guida di mezzi di locomozione subacquei, ad eccezione dei cosiddetti “scooter” subacquei ad uso individuale; stato di intossicazione acuta alcolica; abuso di psicofarmaci, dall’uso di stupefacenti o allucinogeni; da situazioni patologiche preesistenti alla data di accadimento del sinistro; stato di gravidanza dell’assicurata e le sue conseguenze; trattamenti medici forniti da persona non esperta; reati dolosi commessi o tentati dall’assicurato ivi compreso il suicidio;  eventi connessi allo stato di guerra, dichiarata o non dichiarata, guerra civile insurrezioni a carattere generale; esercizio professionale della pesca al corallo, immersioni finalizzate a tentativi di record di qualsiasi genere; immersioni tecniche da come descritte nell’articolo “copertura infortuni”.

Ultimamente il DAN con la polizza CLUB ha creato una polizza di copertura per i diving center coprendo la RC civile verso terzi fino ad un massimale di 4 milioni di € nella formula plus peri rischi più comuni legati al noleggio dell’attrezzatura, ricarica bombole, corsi, immersioni guidate etc.

Una buona polizza adeguata ai potenziali rischi legati all’attività di un centro (dimensione, numero istruttori, tipo di immersioni svolte etc.) è importante. 

 

LA GESTIONE DEL RISCHIO E  IL CD. “MODULO DI SCARICO DI RESPONSABILITÀ “ 

  

L’immersione subacquea è una attività che comporta un impegno fisico e la padronanza di tecniche e attrezzature, talvolta anche molto complesse. Pertanto, uno degli aspetti più delicati è proprio quello della sicurezza. Mettere in pratica ogni genere di accortezze giova anche all’immagine del centro di immersioni e del professionista cui il cliente subacqueo si affida.

Un comportamento conforme ai più elevati standard e le regole della migliore prudenza e diligenza servono a prevenire incidenti prima e dimostrare l’assenza di colpa poi.

Utilizzare una velocità di risalita non superiore ai 18 metri al minuto; distribuire gli esercizi in maniera razionale per ridurre il numero di risalite durante un’unica immersione; un team di istruttori e guide esperti; organizzare le immersioni ripetitive ad una profondità minore della prima; immersioni conservative,  entro i limiti delle tabelle o dei computer subacquei e comunque entro i limiti dei partecipanti;  evitare di immergersi, od insegnare ad immergersi quando, mentalmente o fisicamente, non si è pronti per farlo sono solo alcune delle regole di prudenza legate all’immersione subacquea.

Talvolta, nonostante le migliori intenzioni e tutti gli sforzi profusi, capita che qualcosa non vada per il verso giusto e allora anche una protezione dal rischio è fondamentale.

Oltre una robusta assicurazione, i professionisti, siano essi singoli istruttori o guide, siano centri di immersione o club sportivi fanno compilare ai loro clienti subacquei prima di una immersione il cd. "modulo di scarico di responsabilità".

Va subito precisato che nel nostro ordinamento giuridico è vietato qualunque patto che tenda ad escludere o limitare la responsabilità.  L’art. 1229 cod. civ. (Pactum de dolo non praestando) recita: "è nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave".

 


Inoltre, il già ricordato d.lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del Consumo) prevede all’art. 33 che si presume vessatoria, e pertanto nulla, le clausola aventi ad oggetto o per effetto di "escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista ovvero escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista".

Il bene integrità della vita umana è un bene indisponibile. Art. 5 cod. civ.: “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge (579 c.p.), all'ordine pubblico o al buon costume (32 Cost.)”. Il diritto alla difesa è inviolabile. Art.24 Costituzione: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.”

Dunque, le clausole eventualmente dirette ad esonerare o limitare la responsabilità del Diving Center per qualsivoglia incidente causato dal proprio comportamento o dal comportamento di terzi, oppure alla rinuncia all’azione legale, sono del tutto inutili.

Lungi dall’essere un esonero di responsabilità, questo modulo spiega degli effetti utili per il professionista proprio in punto di responsabilità. Se non è idoneo a escludere o limitare in assoluto la responsabilità, è molto efficace nella direzione di circoscrivere dettagliatamente l’oggetto della prestazione e l’ambito della relativa responsabilità.

Generalmente, questo modulo ha un contenuto variegato, con clausole di vario significato.

In esso il cliente dichiara: le sue generalità, il suo buono stato di salute, l’esclusione di talune patologie e/o cattive abitudini (quali, fumo alcool, droghe etc.), il suo grado di addestramento (brevetto, tipo e grado), esperienza (numero di immersioni assolute, numero di immersioni effettuate in un anno, data dell’ultima immersione effettuata), possesso dell’equipaggiamento necessario per effettuare quella specifica immersione, di essere stato informato dei rischi e dei requisiti richiesti, nonché di obbligarsi a seguire le direttive del personale del diving e, in acqua, dell’eventuale guida, senza eccedere i limiti previamente convenuti. Va evidenziato che il Medical Statement, cioè quella parte del questionario con le informazioni mediche specifiche e l’anamnesi del cliente, non può essere auto certificato ed ha valore solo se sottoscritto da un medico.

Il modulo è quindi utile a descrivere e fornire prova scritta degli impegni che le parti si sono assunte reciprocamente e delle informazioni rilasciate dal subacqueo sulle proprie condizioni fisiche e di addestramento. Può essere ritenuta una vera e propria autocertificazione. Pertanto, se l’incidente è causato dalle informazioni false rilasciate dal cliente, il diving center non potrà essere ritenuto responsabile. Mentre lo sarà sempre per tutti i danni derivanti da una cattiva organizzazione e gestione dell’immersione, mancanza o insufficienza delle misure di sicurezza, da fatti e/o omissioni di suoi collaboratori, istruttori, guide, barcaioli etc..

In alcuni casi, il modulo in questione ha un'effettiva efficacia di limitare fortemente la responsabilità del professionista. Ad esempio nel caso in cui vi sia la dichiarazione della prestazione del solo servizio logistico offerto dal centro di immersione, limitandosi l’oggetto del contratto alla sola messa a disposizione della propria sede, delle imbarcazioni e delle attrezzature eventualmente noleggiate, lasciando al proprio cliente la gestione dell’immersione.  

 

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