LA VILLA DELLA TERZA MADRE

Nella zona collinare di Torino, quella delimitata dalla sponda est del Po, nascosta da un immenso parco c’è un’antica Villa, vero gioiello storico-architettonico, conosciuta con tanti nomi quanti sono stati i (celebri) proprietari: d’Agliè, Rivoira, Fornaca, Lucinge, Isnardon, Becker, Imperiali. La denominazione più conosciuta è senz'altro "Villa Becker" anche perché fu Sir Walter Friederick Becker, diplomatico e uomo d'affari, a dare l'aspetto attuale alla Villa incaricando per questo  il celebre architetto Pietro Fenoglio.

Tuttavia la seicentesca villa Becker (1603) è tornata alla ribalta grazie al cinema. Infatti, nel 2007 Dario Argento vi ha ambientato la terza parte della cd. “Trilogia delle tre madri” (Suspiria, Inferno e La terza madre) tanto che oggi è conosciuta come la “Villa della terza madre”.

La saga delle madri è la storia di tre potenti streghe sorelle: Mater Suspiriorum, Mater Tenebrarum e Mater Lacrimarum. Insieme dominano il mondo seminando dolore e morte. Ognuna aveva una residenza, costruita per loro da un architetto alchimista di nome Varelli: Mater Suspiriorum, la Madre dei Sospiri, a Friburgo; Mater Tenebrarum a New York; Mater Lacrimarum a Roma.  Il tema finale della trilogia riguarda l'ultima superstite delle tre streghe, la più bella ed anche la più crudele: Mater Lacrimarum. Mater Lacrimarum si nasconde nelle fondamenta del suo Palazzo (Villa Becker), preparando la vendetta. Sarah, giovane archeologa protagonista del film (Asia Argento), aiutata dallo spirito della madre, potente medium (Daria Nicolodi), scopre il covo sotterraneo della strega (le catacombe, altro nome con cui la villa è conosciuta) e brucia la tunica rossa che lei indossa, causando il crollo del Palazzo. Mater Lacrimarum rimane uccisa nel crollo. 

Streghe o non streghe, Villa Becker ha un indiscusso sinistro fascino dovuto all’isolamento, alla sua monumentalità, al suo stato di decadenza ed anche a numerose figure luciferine sparse nella Villa. Probabilmente il film è stata causa di disgrazia per questo luogo, producendo clamore e risvegliando una grande curiosità in molti, non sempre ben intenzionati. La Villa è stata purtroppo ampiamente vandalizzata nell’ultimo decennio ed ha subito in tempi recenti due incendi dolosi che hanno aggiunto altri danni (evitabili) a quelli già apportati dalle ingiurie del tempo e dall’abbandono. 

Pioviggina, la via è trafficata di gente indaffarata che non fa caso ad un gruppo silenzioso di persone in abiti quasi militari, armati di zaini fotografici e cavalletti che entrano rapidamente nell’intricato bosco ai margini della strada. Il terreno è reso viscido dalla pioggia abbondante caduta in questi giorni. Inerpicandosi sui dirupi c’è il rischio di scivolare o inciampare nelle intricate radici. Fortuna che ci orientiamo bene e velocemente arriviamo alla Villa in cima alla collina. Ci appare improvvisamente tra gli alberi, terribilmente bella. L’ingresso principale, a tre porte con due scale e balconcino, è murato. Tuttavia, molte finestre sono spalancate e facendo il giro della villa scopriamo altri due facili ingressi: un buco nel muro sufficientemente largo per il passaggio di una persona ed una molto più comoda porta aperta, che conduce ai sotterranei e che non avevamo visto e da cui usciremo al termine del giro esplorativo. 

Entriamo giusto in tempo, perché adesso la pioggia aumenta di intensità e si addensano nubi nere nel cielo che fanno presagire un violento temporale. Per essere a metà mattina c’è una luce scarsa ed irreale e questo conferisce una atmosfera ancora più tetra alla Villa. Di questa già scarsa luce, poca ne filtra all’interno così che dobbiamo accendere le torce delle reflex. Il pensiero volge subito a Mater Tenebrarum, che per fortuna abita a New York. Attraversiamo una serie di ambienti piuttosto “scarnificati” ma che da particolari già rivelano la bellezza e l’importanza del luogo. In una stanza c’è un camino semi distrutto ma con discosto un bel paracamino in buone condizioni, mentre in un’altra c’è una vecchissima cucina a gas. 


Finalmente arriviamo in una grande sala, abbellita da colonne ed archi dipinti in modo vivace e bizzarro, con un grande camino. Riconosciamo questo come uno dei saloni di intrattenimento della villa per averlo visto nelle foto d’epoca, sottoposto ad un altro grande salone del primo piano, forse il più bello della Villa e sicuramente la stanza più fotografata. Da questo ambiente si diparte il monumentale scalone, per fortuna molto ben illuminato dal crollo del tetto del porticato al termine della scala stessa. La scala dalla bella ringhiera è intatta ma ammalorate risultano le belle e policrome decorazioni delle pareti. 

Per accedere al grande salone menzionato che si apre sulla sinistra bisogna camminare su una collinetta di macerie derivate dal sovrastante tetto crollato. Questo salone, davvero monumentale, è ormai spoglio ma ha un bel camino, un soffitto finemente dipinto a mo’ di Trompe-l'œil, con finte balconate e scene campestri ed una grande finestra lucernario ovale. La porta di ingresso al salone presenta ai lati due monumentali sculture, una femminile ed una maschile. Il pavimento presenta al centro segno di un inizio di cedimento del solaio; meglio quindi camminare sul perimetro. Il primo piano è sostanzialmente una teoria di saloni vuoti e malconci. 

Ormai piove forte e dobbiamo fare in fretta a riattraversare la collinetta di detriti allo scoperto e tornare nuovamente allo scalone. Arrivando avevamo adocchiato delle tortuose scale, che verso l’alto portavano probabilmente alla zona notte e verso il basso ai sotterranei, che scendiamo a visitare. Subito compare una vecchia vasca da bagno illuminata di taglio da un pozzo di luce posto dietro e in alto: spunto per una foto alquanto suggestiva. Troviamo i magazzini con i vecchi frigoriferi, una grande cucina, un vecchio montacarichi con dipinto sul soffitto la frase “la fame è il miglior cuoco che ci sia” ma soprattutto una serie di marchingegni (caldaie, centraline etc.) che fanno di questa villa un paradiso dell’archeologia industriale.

Una lunga distesa di vecchi cavi di rame con gli antiquati isolatori di ceramica ci conducono per puro caso ad una porta spalancata in un angolo remoto della villa, che ci risparmierà il passaggio nel muro ormai infangato dalla pioggia. Il violento temporale che si sta abbattendo sulla città di Torino ci costringe per quasi un’ora dentro i sotterranei. 

“Sono le sue lacrime, è Mater Lacrimarum che non vuole farci più andare via” penso ad alta voce. 

Il temporale non accenna a finire, ma è diminuito molto di intensità. Quindi decidiamo di uscire anche sotto la pioggia. Il bosco è ormai un pantano molle e viscido, in cui sprofondiamo fino alle caviglie. Arriviamo a valle, non senza qualche caduta, fradici e sporchi di fango. C'è folla in strada, per lo più mamme che sono andate a prendere i bambini nella vicina scuola. Qui la gente è molto indaffarata, sembra avere sempre fretta e continua a non far caso al gruppo di persone che adesso esce dal bosco, assomigliando ad una pattuglia di marines dopo uno scontro nella jungla vietnamita. Curiosamente mi vengono in mente le parole di una scena del film Blade Runner: “e tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia.”

Piangi madre, sfoga pure le tue lacrime, ora che siamo al sicuro nelle nostre auto.

 

L'esplorazione è stata fatta per un tempo davvero breve, nel rispetto dei luoghi e degli eventuali cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato toccato e/o prelevato. 

IL PRESENTE ARTICOLO NON COSTITUISCE IN NESSUN MODO UN INVITO O UN INCORAGGIAMENTO ALL'ESPLORAZIONE. I LUOGHI SONO FATISCENTI E PERICOLOSI. CHI LO FACESSE, SE NE ASSUME OGNI CONSAPEVOLE RISCHIO. AD OGNI BUON CONTO RICORDATE SEMPRE LA REGOLA "LEAVE ONLY FOOTPRINTS AND TAKE ONLY PHOTOS", LASCIATE SOLO IMPRONTE E NON PRENDETE NULLA SE NON IMMAGINI.