Il complesso di Cimitile è uno di quei luoghi che, per fortuna o sfortuna (a secondo da che punto di vista si consideri la faccenda), non ha conosciuto ancora il turismo di massa al pari di quelli che fanno parte del circuito più classico ed ufficiale (Pompei, Ercolano, Paestum etc.). Se consideriamo il patrimonio storico artistico dal punto di vista commerciale, non è un bene: il business culturale porta visibilità e denaro, dunque risorse per la gestione e la conservazione dei manufatti. Se, tuttavia, non consideriamo questo genere di cose dal punto di vista della resa economica, ma come qualcosa di importante per l’umanità intera, allora forse è un bene: rimane inquadrato in un’ottica puramente culturale, di salvaguardia e di studio e ne guadagna in autenticità.
Sembra quasi che questo luogo voglia nascondersi, rifuggire la notorietà confondendosi con l’abitato odierno fatto di mille stradine che si intersecano. Solo da qualche anno il santuario sta acquistando maggiore popolarità grazie a spettacoli ed eventi come il “Premio Cimitile”, rassegna letteraria nazionale, la cui premiazione si svolge all’interno del complesso delle Basiliche. Tra le sezioni del premio è presente “Saggistica e Archeologia e cultura artistica in età Paleocristiana e Altomedievale”.
Il complesso si trova dentro l’abitato di Cimitile che lo ha ormai inglobato. In origine si accedeva da cd “Arco santo, mentre oggi l’ingresso è da via Madonnella. Sviluppatosi su un preesistente Coemeterium romano, l’area annovera sette edifici sacri di età paleocristiana e medievale, dedicati ai santi Felice, Calionio, Stefano, Tommaso e Giovanni, ai Ss. Martiri e alla Madonna degli Angeli. Un complesso d’arte romanica, bizantina e barbarica che rappresenta senza dubbio alcuno uno dei più importanti lasciti dell’Occidente cristianizzato. Cimitile non manca di rappresentare anche un enigma, ancora fonte di discussioni e di studio, ed anche in questo risiede il suo fascino, per le rappresentazioni iconografiche ormai in dissonanza con quello che è stato lo sviluppo del credo cristiano. Questo luogo rivela la decostruzione del cristianesimo delle origini attraverso secoli di violente lotte interne alla chiesa a favore di una narrazione che si è spinta lontano da quelle medesime origini.
Tutto ruota attorno alla figura di Felice, uomo forte, frugale e di granitica fede. Figlio di un uomo di origini orientali, divenne prete e proprio durante le persecuzioni rimase a salvaguardia della chiesa locale, laddove il Vescovo Massimo era fuggito sulle montagne. Molte volte imprigionato, Felice sopravvisse alle persecuzioni alimentando in proposito svariate leggende. Alla morte del Vescovo Massimo, Felice rinunciò al porporato e trascorse il resto dei suoi giorni in preghiera e povertà. Felice morì in un anno non conosciuto e fu seppellito nel coemeterium nolano; fu proprio da quel momento che la necropoli pagana si trasformò in un santuario cristiano. La venerazione per la figura di Felice, divenuto San Felice, portò alla costruzione di nuove e numerose tombe cristiane. Nel gennaio 313 Costantino imperatore d'Occidente e Licinio imperatore d'Oriente a Milano firmano un editto col quale riconobbero il cristianesimo religio licita (Editto di Milano). Il cristianesimo esce dalla clandestinità ed il sepolcro di San Felice divenne meta ininterrotta di pellegrinaggi. L'attività edilizia che si sviluppò attorno al sepolcro di San Felice è, quindi, intimamente connessa con la devozione per il santo. Tutti desideravano essere sepolti vicino a lui ed era necessario trovare sempre nuovi spazi. Si pensi che questo sito è stato usato per le sepolture fino al 1838.
Fu, tuttavia, Meropio Ponzio Paolino, passato alla storia come Paolino di Nola, colui che più contribuì a glorificare e fare conoscere la figura di San Felice. Divenuto governatore della Campania, si stabilì definitivamente insieme alla moglie Terasia nei pressi del santuario ed impiegò il suo patrimonio per esso. Fece sistemare gli edifici esistenti, lastricare la strada che da Nola porta al santuario, costruire una nuova basilica, la basilica nova, e alloggi per i poveri. Divenne vescovo di Nola nel 409, morì nel 431 e fu sepolto nel santuario cui aveva dedicato la propria vita e le proprie ricchezze. Nel VI secolo il santuario fu danneggiato da una violenta alluvione, ma ben presto si tornò a costruire. Tra VI e VII venne aggiunta una nuova chiesa dedicata all'apostolo Tommaso, mentre la basilica nova e S. Stefano furono restaurate e impiegate a scopo funerario. Tra VIII e IX secolo i Longobardi di Benevento trafugarono il corpo di S. Paolino e alcune reliquie di S. Felice, ma, ciò nonostante, il santuario mantenne intatta la sua importanza.
Nell’VIII secolo la basilica nova crollò e quel che rimase fu trasformata nella chiesa di S. Giovanni. Infine, nel IX secolo furono realizzati interventi dal vescovo Leone III, nella basilica di S. Felice e nelle cappelle di S. Calionio e dei Ss. Martiri.
La basilica di S. Felice cominciò ad essere usata come parrocchia di Cimitile ed era retta da un funzionario assistito da sette sacerdoti, detti “confrati'”. Fino al 1675 si mantenne l'usanza di recarsi tre volte l'anno in processione alla basilica di S. Felice.
L'eruzione del Vesuvio del 1631 danneggiò alcuni edifici. Al termine di una lunga controversia legale, nel 1675 il santuario, che dalla fine del XV secolo era sotto il controllo del capitolo di Nola, ritrovò la sua autonomia.
Tra la metà del ‘700 e i primi decenni dell’800 le locali confraternite vi fecero cospicui interventi di ristrutturazione. Tuttavia, già nell’800 il santuario versava in stato di decadenza ed abbandono denunciato spesso dai viaggiatori, soprattutto stranieri, che visitavano il complesso. Solo verso la fine dell’Ottocento si mise mano a qualche intervento. Dagli anni Trenta ai Sessanta del Novecento furono a più riprese condotte ricerche e scavi archeologici, nel tentativo di recuperare l’originario assetto del complesso, con risultati molto controversi. A lungo chiuso, il santuario è stato finalmente riaperto alle visite dal comune che lo ha in gestione dagli anni Ottanta.
Questa in estrema sintesi l’articolata storia del complesso attraverso i secoli. Un luogo antico che ha visto il tramonto dell’epoca classica e la fine dell’Impero Romano, ha attraversato il medioevo, l’età moderna per arrivare fino a noi con immutato fascino.
Questo luogo non ha attirato solo fedeli, archeologi e storici dell’arte, ma anche studiosi ed appassionati di discipline esoteriche. I suoi segreti resi ancora più oscuri dal tempo risiedono soprattutto nell’iconografia e nella simbologia presente. Tra tutti spicca l’affresco della Maddalena presente nella Basilica dei SS Martiri. La Maddalena dipinta qui porta una corona ed ha un aspetto regale; si pensa che questa rappresentazione sia legata ai tanti racconti evangelici, dichiarati poi dalla chiesa apocrifi in favore dei soli quattro vangeli ammessi (canonici), che la descrivono non come una prostituta peccatrice ma come una figura importante nella cerchia di Gesù, probabilmente la sua compagna. Si dice anche che il campanile della basilica di San Felice fu il primo della cristianità. Un'altra leggenda vuole che San Gennaro fosse stato imprigionato ed arso in una fornace, ancora presente.
Leggende o meno, questo è un luogo di straordinario valore storico culturale e di indiscusso fascino che ha attirato, e continua ad attirare, coloro che sono in cerca del “sacro”, in una accezione meno legata alla appartenenza religiosa e più mistica.
© Giovanni Rossi Filangieri 6/2015
Notizie storiche e tecniche: Pro Loco Cimitile