ATTENZIONE: QUESTO ARTICOLO CONTIENE ALL'INTERNO IMMAGINI CRUENTE CHE POTREBBERO DARE FASTIDIO O URTARE LA VOSTRA SENSIBILITÀ. SE SIETE FACILMENTE IMPRESSIONABILI,O VI DESSE FASTIDIO LA VISTA DEL SANGUE, NON PROSEGUITE NELLA LETTURA. 

I RITI SETTENNALI DI PENITENZA DI GUARDIA SANFRAMONDI

Guardia Sanframondi è un borgo del Sannio di poco più di cinquemila abitanti. Situato nella valle telesina, arroccato su un monte, il Toppo Comandro, vanta origini antichissime e nobili. Dominato dal castello, ha un centro storico costituito da strette vie lastricate di pietra e ripide scalinate, arricchito da molte dimore gentilizie appartenute a famiglie illustri, come testimoniano gli stemmi sui portali. Il nome ha origine dai Sanframondo, potente famiglia feudataria di Cerreto Sannita, i quali posero a protezione del territorio un imponente castello sul monte dove oggi c’è Guardia Sanframondi. L’area si chiamò Warda, cioè guardia dei Sanframondi. Siamo nel XII secolo, epoca oscura e sanguinaria con continui scontri ed invasioni. Nel tempo il borgo si ingrandì e molti illustri artisti contribuirono ad abbellirlo, tra i quali spiccano i nomi di Paolo De Matteis, Domenico Antonio Vaccaro e il Bardellino. Nel corso del 1600 Guardia Sanframondi conobbe il periodo di massimo splendore grazie anche alla redditizia attività di concia del pellame, in cui gli artigiani locali erano abilissimi. In tempi più recenti (800) Cerreto sannita, e dunque anche Guardia, entrò nell'orbita di altra una grande famiglia campana: i Carafa. 

Oggi attorno al borgo c’è un rinnovato interesse, soprattutto da parte di stranieri che numerosi hanno acquistato una abitazione nel centro storico. Australiani, Americani, Canadesi Scozzesi si sono trasferiti a Guardia, attirati dalla bellezza della circostante valle e dalla magnificenza del borgo. Il centro storico racchiuso tra quattro porte (Porta Francesca, Porta dell'Olmo, Porta Ratello e Porta di Santo), sprigiona tutto il fascino della storia e dell’arte italiana. Queste quattro porte rimandano ai quattro rioni storici (Rione Croce, Rione Fontanella, Rione Piazza e Rione Portella) che introducono ad una antichissima consuetudine molto radicata in questa terra. Infatti, pur essendo un borgo di rara bellezza e dalle grandi tradizioni storiche, Guardia Sanframondi è famoso nel mondo per i suoi: RITI SETTENNALI DI PENITENZA. 

Si tratta di una imponente manifestazione di devozione popolare dalle oscure origini, probabilmente legata a preesistenti culti pagani. Le prime notizie dei riti risalgono al 1620, anno in cui ci fu una grave carestia e la popolazione decise di affidarsi alla Madonna “assunta in cielo”. In occasione di pestilenze o calamità, si continuò per consuetudine positiva ad affidarsi alle grazie della Madonna portandone la statua in processione, e la cui benevolenza veniva richiesta offrendo riti penitenziali cruenti. Presso la Curia diocesana di Cerreto Sannita è conservato un documento risalente all'anno 1702 che attesta l’esistenza di una Confraternita, la Confraternita della Madonna del Pianto, i cui membri usavano vestire il “sacco con il cappuccio” e percuotersi la schiena con la frusta o con la disciplina. Questi riti furono canonizzati dai Padri di San Filippo Neri nel 1654 e divenne una consuetudine settennale ancora in uso.

 

Tutto è rimasto come allora e ogni sette anni, a partire dal primo lunedì successivo al 15 agosto (giorno della” Assunta”) e sino alla domenica seguente, a Guardia Sanframondi si tengono i Riti di penitenza in onore della Madonna "assunta in cielo". Si mettono “in scena” episodi del vecchio e nuovo testamento ed ogni singolo rione ha i suoi. Tutto va avanti per giorni. All'epilogo della settimana di penitenza, per la precisione il sabato, si apre il lastrone che custodisce l’antica statua lignea della madonna che viene portata al Santuario della Basilica dell’"Assunta e di San Filippo Neri" in piazza San Filippo. Ci sono similitudini con la deputazione dei Cavalieri di San Gennaro di Napoli e il rito della liquefazione del sangue, in cui sono coinvolte istituzioni religiose e cittadine. La statua è, infatti, protetta con tre serrature le cui chiavi sono in possesso del Sindaco, del Parroco e di un rappresentante dei quattro rioni cittadini. Il culmine della settimana si ha con la "processione generale", l’evento più atteso, che ha luogo l’ultimo giorno, la domenica,  in cui tutti i rioni con i loro cori e i loro misteri sfilano per ore per le vie antiche del paese. Ma la grande attesa è per i Battenti “a sangue”, così chiamati perché si percuotono per ore il petto con un disco irto di chiodi tenuti da uno strato di cera, la “spugna”, inzuppando di sangue il bianco saio e le strade. Questa processione ha un enorme seguito, anche mediatico, e suscita ancora oggi una grande emozione che sfiora, mi si passi il termine, l’isteria collettiva. Al di là del proprio “credo” e del significato religioso, è davvero impossibile rimanere indifferenti di fronte a questo evento, che ha dell’incredibile anche nei numeri: si calcolano oltre 3000 i figuranti in costume, in 1000 i devoti battenti a sangue e circa 100.000 le persone che ogni anno mediamente assistono alla processione conclusiva, senza contare le televisioni, i giornalisti e i fotografi accreditati da tutto il mondo presenti a riprendere l’evento. Il tutto, in un piccolo “presepe” di poche anime arroccato su una rupe.

27 AGOSTO 2017

Quest’anno era l’anno; il primo lunedì dopo l’assunta il 21 agosto e la domenica della "Processione generale" cadeva il giorno 27 agosto. Non ci siamo fatti scappare l’occasione, la prima per “essere altrove” (creato nel 2015), e siamo andati per voi a fotografare l’evento.

 

Arriviamo di buon mattino a Guardia Sanframondi e fa già un caldo insopportabile. A fatica ci inerpichiamo su una polverosa strada di campagna verso piazza S. Filippo da dove parte la processione. Sono le 7.45 e già c’è una gran confusione. L’aria è carica di elettricità e più si avvicina il momento più sale l’eccitazione delle persone, accalcate sulle due rampe fuori del Santuario. Gente comune si mescola con diavoli, angeli, madonne, soldati romani, personaggi biblici e rinascimentali, battenti incappucciati che alla spicciola arrivano da tutti i circostanti rioni per recarsi nel luogo di riunione. I costumi sono degni di un set cinematografico, la scelta dei figuranti accuratissima. Il tutto fa pensare ad una “regìa” di gran qualità ed un’organizzazione quasi maniacale. Nonostante gli sforzi la gente è davvero troppa per questo piccolo paese e gli addetti hanno un gran da fare per mantenere un minimo di ordine. Ogni centimetro di strada, ogni finestra, ogni balcone è occupato da qualcuno. Anche noi abbiamo il nostro da fare per cercare di guadagnare un buon punto di osservazione per le immagini. C’è competizione tra i tantissimi fotografi, professionisti e non, che sgomitano per avere inquadrature libere. Sembra quasi che tutti i fotografi e i fotoamatori del globo si siano concentrati nel pochissimo spazio della piazza e della vie laterali. 

Riusciamo a sistemarci su un gradino di pietra proprio alla confluenza tra la piazza, la prima rampa che sale verso la parte alta del borgo e una strada che sale dal basso, da cui sta confluendo una parte della processione. Anna con un grandangolo ed io con un tele zoom, protetti da un simpaticissimo addetto del Comitato di Rione Fontanella, che si affanna a impedire a chiunque di passarci davanti. Nonostante questo, è una fatica evitare mani, gomiti, teste, cellulari. Riusciamo a scattare buone immagini di una parte della processione che, provando cori e coreografie, sale dal basso verso la piazza. 

Stiamo discutendo su come sistemarci per quella generale, quando un cittadino di Guardia spontaneamente ci suggerisce di salire verso la parte alta del paese dove si dirigerà la processione e trovare posto lungo le strette stradine che vanno verso il castello. “Vedrai tante altre persone che aspettano e non potrai sbagliarti sul percorso. Trova il posto più adatto e che più ti piace per fotografare. La processione dura molte ore” mi dice e mi indica un modo per andare attraverso una stretta scala adiacente ad un palazzo, perché la strada che parte dalla piazza è completamente invasa e non c’è modo di passare. Appena in tempo: riecheggia nell'aria, amplificata dai microfoni, la formula vecchia di secoli che da l’inizio:” Fratelli, forza e coraggio. In nome di Maria, battetevi!". Tra poco fuori del santuario sarà il finimondo.

Raggiunta la parte più alta del borgo, troviamo posto in una stretta via con una buona visibilità generale, sistemandoci sopra la soglia di pietra di un piccolo ed antico portale. Arrivano gli addetti e fanno andare via tutti quelli che ingombrano la strada e rimaniamo in pochi, solo quelli che si sono conquistati una nicchia laterale. Il suono acuto di campanacci annuncia che la processione sta per arrivare. Sfilano tanti personaggi che rappresentano episodi del vangelo, della bibbia o della vita dei santi. Volti straordinari, unici, tra altri più comuni e mi diverto a fare anche ritratti

I BATTENTI

Sono distratto ad osservare le foto appena scattate nel monitor della macchina che quasi non mi accorgo dell’arrivo dei battenti a sangue. Una voce “eccoli, eccoli…” e il rumore sordo del petto battuto con le spugne chiodate mi richiama alla realtà quando ormai sono a pochi passi da me. Comincio a scattare con avidità, sono qui per questo. Campi medi e stretti per cogliere ogni particolare. Il corteo pare non avere fine, i battenti sfilano con il saio bianco ormai già intriso di sangue, rispondendo all’unisono alle litanie cantate da anziane donne del paese con “ORA PRO NOBIS”. Nel mezzo delle file, alcuni addetti con bottiglie di aceto di vino disinfettano a richiesta le “spugne” dei battenti. L’odore acre dell’aceto misto a sangue riempie l’aria e, insieme alla litania dei battenti ed altri cori lontani, al rumore dei petti ritmicamente percossi investe tutti i nostri sensi. Non è solo la vista di immagini forti, ma anche l’odore e i suoni a trasportare in una dimensione che ha dell’irreale. Subito dopo i battenti è la volta dei flagellanti, annunciati dal rumore metallico della “disciplina” con cui si percuotono le schiene. Sono trascorse già due ore. Affidiamo alle immagini che siamo riusciti a catturare il compito di dare sostanza alle parole, pur sapendo che chi le vedrà non potrà percepire i suoni, gli odori, le luci, le emozioni di cui è carica l’aria di questo antico borgo, in questo breve interludio di misticismo collettivo, in cui il tempo sembra sospeso e lo spazio una chimera. 


 

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