IL PALAZZO D'ORO: la mano del diavolo

In una piccola cittadina, occultato dietro una apparente ordinarietà, si nasconde al mondo un autentico gioiello del passato. Visto da fuori questo palazzetto di provincia risulta piuttosto anonimo ed è veramente difficile immaginare cosa si celi al suo interno. Questo edificio è (letteralmente) una capsula del tempo, ancora piena del suo contenuto: mobili antichi, preziosi arredi, documenti, fotografie, tutto è quasi come è stato lasciato. Quasi, perché purtroppo ultimamente questo palazzo è stato vittima di furti, come ci ha informato un abitante del luogo a cui abbiamo rivolto qualche domanda. E, dunque, ci perdonerete se ometteremo qualunque informazione che possa servire a farlo trovare o identificare; è un luogo assai fragile ed aggredibile e quindi va preservato. Esplorarlo è stata un’autentica avventura, un salto indietro nel tempo. Tutto di questa antica dimora - dalle stalle, alle cantine, agli stupendi saloni affrescati alle numerose stanze da letto con preziosi mobili - rivela come viveva una facoltosa famiglia ai principi del novecento, anche se crediamo che la casa sia stata abitata, o quantomeno utilizzata, fino agli anni 70. Uno spaccato di vita su un’epoca ormai tramontata.

 

Una volta nel cortile, sulla destra da una cancellata aperta si accede a dei primi ambienti, che subito rivelano quanto sia incredibilmente speciale questo luogo. Ambienti evidentemente di servizio eppure impreziositi da un mobilio di legno massiccio: due grandi credenze, un certo numero di grandi sedie del tipo da sala da pranzo ed un pianoforte berlinese nero in apparente buono stato esterno, ma che ad un’occhiata meno distratta rivela avere tutta la meccanica compromessa, come mostra l’asimmetria dei tasti. Due ambienti attigui, una sorta di cucina molto semplice quanto datata ed una saletta semibuia con due poltrone, completano questo angolo del palazzo. Ma in questa stanza torneremo alla fine del racconto.

 Uscendo nel vialetto da cui siamo entrati e andando esattamente di fronte, si entra nella vera e propria dimora padronale; lo si intuisce subito dagli affreschi e dalla maestosità degli arredi. Dopo aver attraversato una sala spoglia e ammalorata siamo dentro un grande salone dalla volta affrescata, con un grande camino, molto rovinato e da cui è stata asportata la cappa, e diverse poltrone e divani con motivi in oro, richiamati dalle tende anch’esse giallo oro. Una grande ed elegante consolle sormontata da uno specchio è ingombra di libri, oggetti e documenti che già rivelano informazioni su chi abitava qui: un volantino del P.C.I. riguardante elezioni amministrative di un imprecisato anno. Questo doveva essere un salone per feste e ricevimenti data l’opulenza e la sua ampiezza, amplificata dal cielo dipinto sul soffitto che dà l’impressione che il salone prosegua verso l’alto. 

Attigua e separata da una ampia porta vetrata, c’è una sala da pranzo, anch’essa elegante e spaziosa ma che paragonata al salone di fianco sembra assai modesta. Sulla consolle in radica di noce c’è una foto di gruppo con una sposa, cui purtroppo non sappiamo dare un nome. Ancora oltre e separata da altra ampia porta vetrata, c’è una cucina con dispensa, in discreto stato e che possiamo dire ferma ad un periodo collocato tra gli anni sessanta e settanta.

Tornando indietro nel salone, da una porta laterale accediamo allo scalone che porta al piano superiore. Di lato sul pianerottolo c’è una elegante poltrona ed un tavolino, con sopra diversi libri antichi ed un piccolo rapace impagliato; un angolo di relax e lettura persino in un ambiente di disimpegno. 

Prima di salire al piano di sopra, siamo attirati da una porta che immette oltre, in una stanza: è uno studio professionale, in uno stato caotico indescrivibile. Il pavimento è letteralmente sepolto sotto una quantità di documenti, cartelline, schedari, vecchi raccoglitori. Ci sono anche tante diapositive; attraverso la polvere e la sporcizia si intravedono gruppi di persone di epoche imprecisate, ma in alcune riusciamo a riconoscere alcune parti della casa. I documenti qui presenti aiutano a capire chi potesse abitare questa casa ed esserne il proprietario, probabilmente un facoltoso avvocato insignito della croce di cavaliere, anche se sono presenti molti documenti stavolta zootecnici che non sono riferibili ad uno studio legale.  

Saliamo dunque al primo piano ed anche al pianerottolo ammezzato di disimpegno è presente un angolo relax, con due poltroncine ed una consolle sormontata da un elegante specchio. Tra i diversi libri che sono sulla consolle, uno attira la nostra attenzione: un volume ingiallito sulle medaglie d’oro al valore militare, con riguardo agli artiglieri tra il 1848 ed il 1938. Magari un membro di questa famiglia è stato decorato al valore in qualche guerra. 

Il primo piano è un susseguirsi di stanze da letto tutte ancora arredate, bagni e saloncini di disimpegno. 

IL LETTO  CON IMPRONTE DI DUE CORPI

Quello che ci ha impressionato di più è stata una stanza con un letto matrimoniale, che crediamo non sia stato toccato per molti decenni, tanto da apparire sudicio e quasi imbalsamato; reca un profondo solco su entrambi i cuscini, come provocato da una testa che vi è stata molto a lungo posata immobile, ed altresì un’orma come di due corpi. L’impressione, davvero inquietante, è che vi siano due corpi inerti ed invisibili distesi sul letto. Il mobilio di tutte le stanze, con qualche differenza tra l’una e l’altra, è di pregio ma anche molto greve ed austero. In definitiva la zona notte di questa casa è in aperta dissonanza con l’allegria ed il colore dei saloni del piano terreno. Qui tutto sembra scuro, opprimente. La sensazione è ancora più amplificata dalla presenza di uno stretto interstizio con un altare nonché dalla abbondanza di immagini sacre, ritratti di sacerdoti, alti prelati e statuette sacre, di cui una in particolare diremo a breve.



In un corridoio troviamo la custodia di un fucile da caccia con tutto l’occorrente per fabbricare munizioni (polvere da sparo, bossoli ed un bellissimo centellinatore d’ottone con cui si dosava la polvere). 

Arriviamo, infine, ad una scala secondaria illuminata da un elegante rosone, ma l’accesso al termine è sbarrato da una cancellata chiusa. Così ridiscendiamo dalla scala principale ed accediamo ad una parte del pianterreno che avevamo tralasciato e che costituisce la parte più stupefacente di questo palazzo, che pur ha già riservato incredibili sorprese. 


Ci troviamo di fronte una serie di eleganti saloni completamente affrescati, di cui uno in particolare ha fatto attribuire al palazzo la denominazione di “Palazzo o villa d’oro” oppure “Golden villa” per gli stranieri”: una straordinaria sala con un grande camino, alcune sedie nere con imbottiture in damascato rosso ed il soffitto a cassettoni decorato in colore oro sgargiante e celeste. C’era anche un bel lampadario, che abbiamo visto in foto di urbexer che ci hanno preceduto, che ora non c’è purtroppo più. Alcuni armadi a muro sono piene di bicchieri di cristallo di varia forgia e servizi di piatti. 



Tornati nel cortile interno, accediamo ad una grande rimessa piena di cose incredibili tra cui: una vecchissima bicicletta appesa al muto, un massiccio cavalletto di legno per macchine fotografiche del tipo grande formato a soffietto che avrà almeno un secolo ed un Boston Whaler con un fuoribordo Johnson 25 cv anni ‘70. Inoltre troviamo le cantine con ancora tantissime bottiglie piene e le stalle con tutti i finimenti dei cavalli appesi ancora al muro. 

LE STALLE

LA RIMESSA

                                                                                                                                                     LE CANTINE                                                                                          UN CORVO MUMMIFICATO

Questo palazzo è davvero unico, è tra i luoghi abbandonati più incredibili che abbiamo visto. Ha però al suo interno delle discordanze che si avvertono nette. Tutta la casa è un alternarsi di luci ed ombre, di colore e grigiore, di allegria e mestizia. Indubbiamente, questa famiglia era devota e molto religiosa, come lo erano quasi tutte le famiglie del secolo passato; tuttavia qui si può percepire una sorta di ossessione, di tormento, come se la casa avesse avuto qualcosa da cui difendersi. C’è una cosa adesso che vogliamo aggiungere, la cui valutazione lasciamo ad ognuno di voi lettori. 

SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY

È il momento di tornare nella prima stanza che abbiamo visitato, quella con il pianoforte nero, dove abbiamo rinvenuto una antica statuetta, ritraente apparentemente un sacerdote o comunque un uomo di chiesa. Questa statuetta era posta su una delle credenze, quella vicina al pianoforte, priva di testa, coricata sopra un vecchissimo necrologio di famiglia e il tutto racchiuso dentro un pentacolo nerastro disegnato, forse con la fuliggine di qualche camino. L’abbiamo messa in piedi per fotografarla e così l’abbiamo voluta lasciare. Direte voi, certamente è la bravata di qualche gruppo di adolescenti annoiati o di pseudo satanisti! Si, può essere… se non fosse che questa statuetta era il feticcio di San Giovanni Maria Vianney, conosciuto anche come il “Curato d’Ars” (Ars-Sur-Formans, piccolo villaggio francese).

 

 


Nato nel 1786 e morto nel 1859, proclamato santo da Papa Pio XI nel 1925, è stato uno dei più potenti esorcisti della storia; affermò di essere stato perseguitato dal diavolo per oltre trent’anni. Che si tratti del “curato d’Ars” è certo e lo abbiamo appreso da un articolo su questa casa di un altro esploratore (se ci darà il permesso lo citeremo volentieri), a sua volta informato da una esperta della materia. 

Il santo è sempre rappresentato con le mani giunte e con il tipico colletto con i due drappi neri. È, quindi, riconoscibile ad un occhio esperto anche se privo di testa. In detto articolo, la statuetta era invece integra, e ciò ne aveva permesso un ancor più facile riconoscimento, ed era collocata sopra una consolle, insieme ad altre immagini sacre, al primo piano. Perché è stata portata proprio in quella stanza? Con tante immagini ed icone sacre presenti in casa, perché profanare proprio quella? Perché non è semplicemente stata rotta ma decapitata? Chi poteva sapere chi ritraesse, essendo questo un personaggio molto poco conosciuto fuori degli ambienti ecclesiali o teologali? E, soprattutto, che ci faceva nella casa di una piccola provincia rurale italiana? Chi avrebbe dovuto proteggere e da cosa? Tutti interrogativi che rimarranno senza risposta. Ad ognuno la sua opinione. A noi la conferma che i luoghi abbandonati sono vere capsule del tempo che svelano molto del passato e, a volte, regalano misteri che forse è meglio non indagare. Ma se qualcuno ha qualche idea a riguardo saremo felici di conoscerla. Buone esplorazioni a tutti. 

L'esplorazione è stata fatta per un tempo davvero breve, nel rispetto dei luoghi e degli eventuali cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato toccato e/o prelevato. 

IL PRESENTE ARTICOLO NON COSTITUISCE IN NESSUN MODO UN INVITO O UN INCORAGGIAMENTO ALL'ESPLORAZIONE. I LUOGHI SONO FATISCENTI E PERICOLOSI. CHI LO FACESSE, SE NE ASSUME OGNI CONSAPEVOLE RISCHIO. AD OGNI BUON CONTO RICORDATE SEMPRE LA REGOLA "LEAVE ONLY FOOTPRINTS AND TAKE ONLY PHOTOS", LASCIATE SOLO IMPRONTE E NON PRENDETE NULLA SE NON IMMAGINI.

 

Treespassing private properties is both illegal and dangerous.


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