CASTELPOTO

IL CASTELLO

TIPOLOGIA: paese abbandonato

STATO DEI LUOGHI: molto fatiscente - pericoloso

MOTIVO ABBANDONO: terremoto e frane

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La Campania è ricca di paesi “fantasma” ed il Sannio non fa eccezione. Castelpoto è una dei più noti, anche per il suo illustre passato.

È nel Chronicon Beneventanum (1070 d.c.) di Falcone di Benevento che compare per la prima volta il nome Castelpoto in un documento. Come suggerisce anche il nome, Castelpoto ha origini longobarde, ma la zona era abitata in tempi ben più antichi. Quando nell’anno 568 i Longobardi passarono le Alpi ed invasero la penisola Italica, un gruppo abbastanza consistente si staccò dal grosso, che si era fermato nella pianura padana, e percorse tutta la penisola stabilendosi nel Sannio. Castelpoto durante il primo periodo della dominazione longobarda non doveva essere altro che una dipendenza di Benevento; e tale dovette restare fino al IX secolo, quando fu dato come feudo, dal principe Radelchi, signore di Benevento, al nipote Potone.

Agli inizi dell’XI secolo l’Italia meridionale fu invasa dai Normanni ed anche Castelpoto, come le altre terre sannite, cadde sotto la loro dominazione. Mentre Benevento, nell’anno 1077, veniva aggregato allo stato della Chiesa, Castelpoto continuava a seguire le sorti del resto del Meridione.

Nel 1230 Castelpoto rientra nell’orbita sveva. Nel 1269, in seguito alla sconfitta di Corradino di Svevia, che aveva cercato di riconquistare il regno, Castelpoto veniva riconcesso all’abbazia di S. Sofia.

Nel XIV secolo Castelpoto è infeudata alla famiglia Della Leonessa. Questa famiglia, ritenuta francese, più probabilmente, doveva essere originaria di Capua dove risiedeva con il cognome “de Lagonessa”. I “Della Leonessa” si mantennero complessivamente fedeli alla casa D’Angiò anche quando il regno passò in mano agli Aragonesi. Infatti, Alfonso della Leonessa perse i suoi beni per aver partecipato alla congiura contro il re Ferdinando I d’Aragona. Nel 1461, però, Ferdinando I riconcesse i feudi espropriati a Fabrizio della Leonessa, in cambio di 1500 ducati.

Nel 1585 il territorio del comune fu più volte devastato da una serie di scorrerie di truppe francesi. Durante il ducato dei Ricca, Castelpoto si trovò coinvolta in una lunga vicenda giudiziaria con lo Stato Pontificio circa il possesso dei territori del Giarretiello, Malamorte e Carrara, Il 12 ottobre 1627 Fabio Ricca II, stremato dalle spese eccessive che la causa aveva comportato, vendette il feudo di Castelpoto al dottore in legge Giovanni Giacomo Bartoli per la somma di 18.000 ducati. L’atto di vendita, redatto dal notaio Francesco Antonio de Monte e approvato dal duca D’Alba, viceré di Napoli è conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli e riporta l’elenco completo dei beni venduti.

Nel 1656 una grave epidemia di peste spopolò, insieme con tutte le terre del regno, anche Castelpoto. Infatti, se nel 1648 il paese contava 74 famiglie, nel 1669 queste si erano ridotte ad appena 40; soprattutto Benevento subì il terribile flagello, passando da 18.000 abitanti ad appena 4.000. Il paese si era appena ripreso dalla falcidia della peste, quando il 5 giugno 1688 un rovinoso terremoto, che provocò nel Sannio beneventano oltre 7.000 morti, distrusse Castelpoto uccidendo 32 persone. La chiesa di San Nicolò da Mira crollò, il castello fu gravemente danneggiato e lo stesso barone Nicola Bartoli restò vittima del cataclisma. La formazione, nel 1737, del “Catasto Onciario” disposta da Carlo III di Borbone, contribuì al miglioramento delle condizioni economiche dell’Italia meridionale in generale. Questa condizione di relativo benessere fu, però, interrotta da una grave calamità naturale che colpì le popolazioni del Sannio: la carestia e l’epidemia del 1764. 

Nel 1811 Castelpoto perse lo status di Università dotata di autonomia e fu aggregato al circondario di Montefusco prima e al mandamento di Vitulano poi. Nel 1837 a Castelpoto scoppia un’epidemia di colera. L’epidemia colpì 160 Castelpotani e fra questi ben 40 furono i morti. Negli anni successivi alla conquista del Regno di Napoli da parte dei Piemontesi a Castelpoto, contrariamente a ciò che avveniva nel resto del paese, il triste fenomeno dell’emigrazione fu abbastanza limitato. Nel 1891 un’altra epidemia di colera contribuisce a frenare la crescita demografica di Castelpoto.

Il ventesimo secolo, con le due guerre mondiali, ha chiesto a Castelpoto sacrifici non indifferenti. In particolare, la seconda guerra mondiale con l’occupazione tedesca della provincia di Benevento. Il periodo repubblicano ha visto Castelpoto, come molti paesi del meridione, abbandonato dai vari governi che si sono succeduti.  

scritte in nerofumo risalenti all'epoca fascista ancora visibili

Stretto come è tra il fiume Calore e i torrenti Jénga e Sauro, Castelpoto è stato condannato fino a tempi relativamente recenti ad una esistenza di isolamento quasi totale. Nonostante la sua vicinanza a Benevento, ne era tuttavia tagliato fuori, perché la città era stata storicamente territorio appartenente allo Stato della Chiesa. Le comunicazioni con i paesi della Valle Vitulanese erano pressoché inesistenti; una mulattiera, impraticabile per una buona metà dell’anno, a causa del fango e della mancanza di ponti sul torrente Jénga, impediva l’instaurarsi di rapporti organici con quei paesi. Anche la successiva strada provinciale, che facilitò i collegamenti, non raggiungeva il centro abitato, ma si fermava a quattro chilometri dal paese, alla contrada Vigna Della Corte. Fino ancora alla fine degli anni quaranta i giovani dovevano affrontare gravi disagi per poter frequentare la scuola. Erano costretti a partire con il buio per raggiungere, a piedi, la città e trovarsi in orario al suono della campana d’ingresso. Prima del 1935, anno in cui l’acqua fu portata in paese, bisognava fare parecchia strada, tenendo in equilibrio sulla testa il contenitore di terracotta o di rame e portare contemporaneamente con le mani due grossi secchi fino alle sorgenti delle “Fontanelle” e della “Fontana”. I pochi che potevano permetterselo utilizzavano la sorgente del Pisciariéllo; poiché questa era più lontana bisognava recarvicisi con gli asini e trasportare l’acqua in barili di legno.

Un luogo di ritrovo, soprattutto nelle sere estive, erano i ballatoi esterni che sono davanti a una grande quantità di case. Erano affollati di vecchiette che lavoravano a maglia, spettegolando su tutto quello su cui si poteva. Questa era Castelpoto, questa era la vita in erano molti paesi del meridione in quei tempi. Adesso si può solo immaginare questo mondo perduto nella polvere e tra le erbacce.

Come non bastasse, due terremoti, quello del 1963 e quello del 1980, hanno dato il colpo di grazia ad una comunità già provata. 

Oggi Castelpoto è un paese a metà, nel senso che, come molti comuni devastati da frane e terremoti, si è spostato in una zona più sicura, rimanendo spaccato in due: il nuovo centro abitato e il paese vecchio, ormai abbandonato. Ci sono molti esempi del genere; Apice, Tocco Caudio per fare nomi illustri. Il paese nuovo è vivace, animato, colorato. Man mano che si scende però i segni dell’abbandono si fanno progressivamente vedere fino ad arrivare alla chiesa di San Nicola ed al centro storico. Di lì in poi è un progressivo ingresso nella decadenza, nel silenzio, nell’oblio, nella distruzione. E se non fosse per la illustrissima storia di questo comune, tutto assomiglierebbe ad una delle tante “Ghost Town” del meridione. Ma è subito evidente che non sia così. I portali di legno incorniciati da marmi bianchissimi, gli stemmi, l’imponente castello ducale che vi osserva dall’alto col suo orologio, ormai fermo come tutto, dicono al visitatore che questo non è un posto qualunque. Questi luoghi sono stati teatro di secoli di storia e vicende tumultuose. E lo testimoniano anche le tante telecamere di sorveglianza che cercano, giustamente, di preservare dai vandali quanto è rimasto di questo passato. 

Passeggiare per Castelpoto vecchia è un viaggio nella storia. Le case sono uno spaccato di vita rurale, una finestra su un mondo ormai scomparso. Molte sono in condizioni assai precarie e pericolose, altre meno. In quasi tutte, pezzi di mobili, oggetti di vita quotidiana, brandelli di giornali, vecchie fotografie: ciò che rimane di una comunità che dal 1980, anno del terribile sisma che colpì la Campania e la Basilicata, ha abbandonato definitamente questi luoghi. Più ci si addentra nel borgo più la natura sembra essersi riappropriata degli spazi sottrattigli secoli addietro. Alcune case si intuiscono appena nella vegetazione: spunta qua e là una ringhiera, una porta, un cancello. Si vedono scale che si perdono nel buio di voragini che un tempo furono scantinati, depositi o cantine. Si notano spesso le caratteristiche “mezze porte” che permettevano di ventilare le case nell’arsura estiva, senza essere completamente aperti sulla strada. Chiunque vada a Castelpoto non potrà non provare emozioni forti che rimarranno per sempre in qualche angolo della memoria e che ci ricorderanno quanto fragile e precaria sia la nostra esistenza.

VIDEO realizzato da gruppo tedesco Bwt con la nostra collaborazione. Contiene una interessante dibattito con gli amministratori di Castelpoto che hanno gentilmente concesso una intervista.

 

COME ARRIVARE A CASTELPOTO

venendo da sud:  A16 NA-BA uscita Benevento Ovest -> SS372-> SP 71-> SP 101 direzione Castelpoto

Venendo da nord: A1 uscita Caianiello -> SS 372 -> SP 150 direzione Castelpoto

 

DOVE MANGIARE: Se al termine dell’esplorazione vi verrà fame, possiamo consigliarvi un agriturismo a circa 15 minuti, in contrada “Pino”, dal nome altisonante di “triclinio del fauno”, dove si mangia molto bene a prezzi contenuti. Naturalmente, non consigliamo mai un posto se prima non ci siamo stati noi. Questo sentiamo di suggerirlo per averlo provato 

 

Notizie Storiche dal sito istituzionale del Comune di Castelpoto 

 L'esplorazione è stata fatta nel rispetto dei luoghi ed in assenza di cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato toccato e/o prelevato.  

IL PRESENTE ARTICOLO NON COSTITUISCE IN NESSUN MODO UN INVITO O UN INCORAGGIAMENTO ALL'ESPLORAZIONE. I LUOGHI SONO FATISCENTI E PERICOLOSI. CHI LO FACESSE, SE NE ASSUME OGNI CONSAPEVOLE RISCHIO. AD OGNI BUON CONTO RICORDATE SEMPRE LA REGOLA "LEAVE ONLY FOOTPRINTS AND TAKE ONLY PHOTOS", LASCIATE SOLO IMPRONTE E NON PRENDETE NULLA SE NON IMMAGINI.


 

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