ISOLE SVALBARD


Esistono luoghi del pianeta dove è ancora possibile provare un senso di libertà ed insieme smarrimento, luoghi dove la natura è ancora pienamente padrona e la resistenza fisica e psichica è messa a dura prova. Uno di questi luoghi è certamente l’arcipelago delle Svalbard, una manciata di isole a ridosso della banchisa artica, talmente remote da essere quasi invisibili sulle carte geografiche. Politicamente appartenente alla Norvegia, è in realtà un territorio di frontiera, per secoli patria dei cacciatori di balene. Grazie al Trattato delle Svalbard del 1920, le sue risorse naturali sono economicamente utilizzabili dai paesi firmatari dell’accordo. Infatti, è anche la terra dei minatori, con i ricchi giacimenti di carbone sfruttati da circa un secolo e mezzo. 


Queste isole sono anche un passaporto per l’Artico, e le leggendarie spedizioni per il Polo Nord sono tutte partite dalle Svalbard. Una terra dura, dal clima estremo. La terra del sole di mezzanotte che fa sì che sia sempre giorno per 4 mesi, ma anche la terra della spaventosa notte polare in cui da novembre a fine gennaio - invece - è sempre buio e l’unica luce è quella della algida aurora boreale che rompe le tenebre ed il gelo. Le Svalbard sono la patria di uno dei predatori più temibili, il grande Orso Polare, più numeroso dei residenti stessi e che tutto condiziona con la sua presenza. Ci sono circa una trentina di isole di cui solo una è abitata: Spitzbergen. Se escludiamo la città mineraria di Barentsburg che conta 400 residenti, Longyearbyen è l’unico vero centro abitato di Spitzbergen e di tutte le Svalbard. Solo nel 1975 è divenuto operativo il piccolo aeroporto civile che ha sottratto le Svalbard all’isolamento.

IL SOLE DI MEZZANOTTE

Siamo giunti, dopo un breve soggiorno ad Oslo, con un volo della Norvegian che in poco più di tre ore ci ha portato a Longyearbyen. Ci ha accolto subito un grande orso polare impagliato che osserva i nostri bagagli scivolare sull’unico nastro del piccolo aeroporto. 

Qui i punti di riferimento sono gli edifici principali e la nostra fermata è una certa Mary Ann’s Polarriggs, una sorta di fattoria-albergo ricavata da vecchi impianti di trivellazione. Appena scesi, una sensazione di inquietudine ci prende; abbiamo solo una mappa disegnata ed una foto per trovare la casa e ci sembra di essere dentro un romanzo di Jack London. Il cielo di incredibili sfumature celeste pastello è ingombro di nuvole blu indaco e rosa acceso, tutto attorno silenzio, si sente solo il rumore del vento e qualche macchina lontana. Le persone scese con noi dalla corriera si sono allontanate nel nulla assoluto, sicure della loro strada. Non c’è nessuno a cui chiedere informazioni al momento, ma vediamo la strada che porta in paese e accanto a noi il fiume che ci divide da esso. 

Non sappiamo nemmeno noi come, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Come tutte le case, anche la nostra, un Rorbu (nda: case tradizionali dei pescatori) affacciato sull’Isfjorden, era aperta e nessuno era ad accoglierci, darci le chiavi e farci raccomandazioni. Qui si usa così, dal momento che non ci sono vere strade ed una toponomastica, si arriva con una mappa del luogo ed una foto della casa, una volta trovata si entra. Andiamo al villaggio a fare la spesa. E’ ormai tardi, ma qui è ancora pieno giorno e lo sarà fino a domani: ad agosto il sole non tramonta mai.

LONGYEARBYEN

 

Longyearbyen conta appena duemila abitanti ed è il luogo abitato più a nord del pianeta. Costituito per lo più da bassi edifici di legno colorato è molto lontano dal nostro concetto di centro urbano. Stretta tra l’Isfjorden e due alte montagne, forma una sorta di T rovesciata. Ha come singolari confini tre cartelli di “pericolo orsi” oltre i quali è vietato spingersi senza portare con sé un fucile: uno sulla strada che proviene dall'aeroporto, nei pressi del vecchio molo; un altro sul lato opposto, poco oltre la fattoria dei cani da slitta Villmarkessenter; uno in cima allo stradone che si incunea tra le scure montagne, lungo il quale prevalentemente si sviluppa il villaggio. Gli orsi, si sa, non sanno leggere ed il pericolo è presente anche dentro il centro abitato. Per questo le case di Longyearbyen sono sempre aperte, per offrire un riparo occasionale quanto immediato in caso di brutti incontri. E la gente qui gira sempre armata; prova ne sono i cartelli di divieto di introdurre armi posto fuori dagli esercizi commerciali. 

Longyearbyen si sviluppa per lo più lungo una larga strada in salita, male asfaltata, che corre verso una gola fiancheggiata da alte e scure montagne, dove ancora si vedono le vecchie miniere ormai chiuse. Il cuore dell’abitato è situato in una strada parallela a quella principale, dove c’è una scultura raffigurante un minatore e dove si trova un po’ di vita: qualche posto dove mangiare, una banca, un ufficio postale, qualche bar e persino un supermercato Coop. Fuori, l’immancabile cartello di “divieto di introdurre armi”. I prezzi del supermercato sono piuttosto alti se paragonati ai nostri, ma è fornito di tutto. Consigliamo di provare le zuppe Real Turmat. Si tratta di pasti disidratati già pronti in un contenitore termico (drytech). Per avere un gustoso pasto bollente, basta aggiungere acqua bollente nel contenitore ed avere un cucchiaio. C’è ne sono di tutti i tipi: pesce, pollo, renna, manzo, chili con carne, vegetale etc.  All’interno della Coop c’è il Nordpolet, uno spaccio dove si possono acquistare alcoolici. Ricordiamo che alle Svalbard vige un limite mensile per l’acquisto di bevande alcoliche: 24 lattine di birra, 1 litro di vino e 2 litri di super alcolici a persona oppure 4 bottiglie di vino. Al primo acquisto vi verrà rilasciato un foglio sul quale vengono annotati gli acquisti e senza il quale non si possono acquistare altre bevande alcooliche.  Il supermarket è aperto tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 20.00, il sabato dalle 10.00 alle 18.00 e la domenica dalle 10.00 alle 15.00, mentre il Nordpolet è aperto dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 18.00 e il sabato dalle 10.00 alle 15.00.

UNO DEI POCHI RITROVI, IL KROA 

Salendo verso il cuore del villaggio dal fiordo si nota subito in alto a destra un moncone della Taubenesentralen, costruita negli anni cinquanta. Questo strano edificio grigiastro fungeva da hub minerario per le cabine che trasportavano carbone dalle diverse miniere sparse nell'area. Collegava tre diversi percorsi minerari, raccogliendoli e quindi portando il carbone al molo dove era immagazzinato fino all'inizio della stagione delle spedizioni

LA TAUBENESENTRALEN

 Più in là sul fianco della montagna c'à una chiesa, l’unica del villaggio e di tutte le Svalbard. E’ una chiesa luterana, sempre aperta per gli abitanti e i visitatori, ha un grande caffè al suo interno dove si servono bevande calde e dolci.  Qui c’è il nucleo più antico di Spitzbergen, dove sorgeva il primo villaggio di minatori distrutto durante la seconda guerra mondiale dai nazisti.  

LA CHIESA

Più avanti c’è un vecchio cimitero ben visibile per le croci bianche sul fondo scuro della montagna. E’ del 1917 è accoglie i corpi di per seppellire di persone morte a causa della terribile epidemia di influenza spagnola e alcuni minatori morti a causa dell’esplosione avvenuta nella miniera 1A nel 1920. Ed è una particolarità perché le alle Svalbard c’è il divieto di sepoltura dal 1950. Infatti, nel 1950 fu scoperto che tutti i corpi sepolti nel cimitero locale erano rimasti intatti. A causa del permafrost, il suolo perennemente ghiacciato, i corpi sepolti non si decompongono. E riesumando i cadaveri delle persone decedute per l’influenza spagnola i ceppi del virus furono trovati ancora vivi.

IL VECCHIO CIMITERO

 

In alto, ciò che rimane della miniere 1/A attiva fino al 1920.

LA VECCHIA MINIERA 1A

Tornando sullo stradone principale e si continua a camminare verso le montagne si incontra la miniera n°2b e poi uno strano Igloo bianco, il Polar Permaculture. In realtà è una sorta di serra, il cui scopo è quello di fornire agli abitanti e ai ristoranti della città prodotti freschi. Alle Svalbard non crescono alberi e non ci sono coltivazioni, cosicché le verdure bisogna per forza coltivarle in questo modo. Si può dire che il Polar Permaculture sia l’azienda agricola più a Nord del Mondo. 

Camminando a Longyearbyen noterete subito che le case sono costruite su palafitte e le tubature sono esterne alle case. A causa del permafrost, il terreno perennemente ghiacciato tipico delle zone artiche, le tubature interrate congelerebbero. All’esterno sono anche più facilmente riparabili. Invece, le case vengono costruite su palafitte, in modo che restino rialzate dal terreno, isolate dal ghiaccio e dalla neve per prevenire allagamenti e smottamenti.

Se invece si percorre la strada in basso parallela al fiordo, andando in direzione dell’aeroporto c’è il vecchio molo dal quale partono le navi per Barentsburg. Continuando ci si imbatte nel cartello di “pericolo orsi” e andando fuori città si arriva al Global Seed Vault. Il Global Seed Vault è l’edificio delle Svalbard più famoso.  Si tratta di un Edificio che si incunea profondamente nel terreno ghiacciato in cui è raccolto il patrimonio vegetale della terra. In caso di una catastrofe, i sopravvissuti potrebbero ricreare l’intero ecosistema vegetale del pianeta. Funziona con particolari impianti refrigeranti per mantenere costante la temperatura, ma la loro collocazione nel permafrost assicura la sopravvivenza anche in caso di guasto o perimento degli impianti. 

                                                                                                                IL VECCHIO MOLO                                                                                   L'AEROPORTO

Se si va nella direzione opposta si incontra l’università dell’Artico Si tratta dell’UNIS, un progetto di quattro università norvegesi (quelle di Oslo, Bergen, Trondheim e Tromso) di un ateneo multidisciplinare che forma esperti di Artico. 

L'università dell'Artico

Poco più avanti sul lato sinistro un bellissimo museo, unico al mondo: il North Pole Expedition Museum. Il museo racconta gli eroici sforzi compiuti dai pionieri per raggiungere il Polo Nord all'inizio del secolo scorso: da Nansen a Cook, Peary, Nobile, Amundsen ed altri. Una raccolta incredibile di manufatti originali, documenti, testimonianze pazientemente messe insieme da Stefano Poli, fondatore del museo. La mostra include filmati originali delle spedizioni. Il museo è aperto tutti i giorni dalle 9.00 alle 14.00, il biglietto d’ingresso costa 90 Nok (circa 9 €). 

A pochi passi dal museo c’è la sede della Poli Arctici, la società di servizi turistici di Stefano Poli, che organizza ogni genere di escursione e offre servizi vari, tra cui anche sistemazioni in appartamenti, gite in barca etc. 

POLIARCTICI

Alle Svalbard potete rivolgervi a Stefano Poli, fondatore della Poliarctici, società di servizi turistici e del museo delle spedizioni polari. Stefano è milanese ma vive alle Svalbard, che ormai conosce come le sue tasche, da 25 anni.

Contatti 

Poli Arctici, Longyearbyen, 9171, Svalbard, Norway.
Email: stefano@poliarctici.com Tel: +47 79 02 17 05    Fax: +47 79 02 17 34   Cellular: +47 91 38 34 67

 

Continuando ancora si arriva alla fattoria dei cani da slitta Villmarkessenter ed, infine, al cartello di pericolo Orsi polari oltre il quale non si può andare senza portare con se un arma. 

VILLMARKESSENTER

IL LIMITE SICUREZZA EST

FIORDI E GHIACCIAI

 

Svalbard vuol dire letteralmente “costa gelida”. Nonostante la latitudine compresa tra il 79° l’81° parallelo a ridosso della calotta artica e nonostante siano il luogo abitato più a nord del pianeta, non è la bassa temperatura, mitigata dalle correnti marine, che le contraddistingue. Ci sono luoghi del pianeta, ad esempio alcune zone della siberia, dove la temperatura registra valori più bassi. Quello che caratterizza le Isole Svalbard sono le condizioni estreme di vita. La luce cambia di giorno in giorno, di ora in ora. Si passa dal sole che non tramonta mai, alla lunga notte polare, dove il giorno è costituito da un breve debole chiarore. Non ci sono alberi né vegetazione alle Svalbard, se si eccettuano alcune specie artiche di fiori, muschi e licheni. L’aspetto del territorio è duro e desolato, con alte e spigolose montagne scure che si alternano a enormi ghiacciai che si gettano in mare e vallate innevate. Le Svalbard non sono solo un paradiso per i naturalisti, ma anche per i geologi; ci sono rocce di tutte le epoche, oltre a grandi giacimenti di carbone che danno l’aspetto così scuro e severo al paesaggio. Questo è il luogo nel quale ognuno si sente insignificante e vulnerabile, di fronte ad una natura ed un territorio dove la civiltà, nel senso pieno del termine, non è mai arrivata. Prendendo delle navi al molo di Longyearbyen o rivolgendosi a Stefano (vedi sopra Poli Arctici) è possibile fare escursioni più o meno lunghe tra i fiordi.

Risalendo l’Isfjorden, a Capo Thordsen si possono notare alcuni vecchi edifici di legno abbandonati. Sono l’insediamento minerario più antico delle isole. Sulla destra ci sono alcune abitazioni dove alloggiavano i minatori per poi recarsi attraverso i camminamenti di legno (ancora visibili) alla miniera. Tra queste c’è la famigerata Svenskhuset (letteralmente: “Casa svedese") costruita per trascorrere i duri inverni sul posto. Un gruppo di cacciatori di foche norvegesi si trovava sull'isola nell'autunno del 1872. In difficoltà, furono soccorsi dall'esploratore Erik Nordenskiöld, il quale non aveva modo di soccorrere tutti i cacciatori. Pertanto, vennero prescelti diciassette uomini senza famiglia che avrebbero raggiunto la Svenskhuset, dove avrebbero trovato riparo, cibo, carbone ed equipaggiamenti per sopravvivere all’inverno. L'estate successiva una nave norvegese partì da Tromsø per recuperarli.  Appena arrivata, la squadra di soccorso trovò all'esterno della casa i corpi di cinque cacciatori avvolti in coperte di tela catramata. All'interno vennero ritrovati i corpi dei restanti uomini seduti sulle sedie, sui letti e sul pavimento, così come avevano trovato la morte. In tutto vennero ritrovati quindici corpi. Altri due corpi vennero scoperti da un gruppo di ricercatori alcuni anni dopo. Uno dei cacciatori di foche, Karl Albertsen, l’ultimo a morire, aveva tenuto un diario durante la propria permanenza nella casa. Per lungo tempo si è pensato che gli uomini fossero morti di scorbuto. Si è scoperto di recente, dalla riesumazione di alcuni cadaveri, che i cacciatori erano tutti morti per un lento e progressivo avvelenamento da piombo, presente nel sigillo delle scatole di cibo che avevano trovato

 

BARENTSBURG

 

Barentsburg è una città mineraria ancora attiva ed è anche il secondo centro delle Isole Svalbard con 400 abitanti. Barentsburg vuol dire “città di Barents”. Fondata nel 1916 da una compagnia olandese, fu intitolata al grande navigatore olandese Willem Barents. Si trova ad ovest di Longyearbyen lungo il Grønfjorden, sull’isola di Spitzbergen. Come per Pyramiden, fu acquistata dai russi della Arktikugol che nel 1938 la rilevarono dagli olandesi dopo alcuni anni di inattività. Bombardata dai tedeschi dopo la guerra, conobbe un periodo di nuovo sviluppo nel periodo della “guerra fredda”, quando Barentsburg e Pyramiden divennero due simboli della potenza sovietica incombente sull’Europa. Lavorare a Barentsburg era un autentico privilegio riservato ai migliori. I vantaggi erano tanti in quell’epoca e, quindi, lungi dall’essere una punizione era considerata una fortuna. I residenti nel tempo aumentarono così come gli edifici e la superficie della città. Alla fine degli anni 80 iniziò un lento declino. Le ragioni furono le stesse di Pyramiden: il crollo dell’URSS e la fine dell’era sovietica, il progressivo esaurirsi dei giacimenti, diversi gravi incidenti occorsi nella miniera negli anni e, non da ultimo, il disastro aereo del 1996, quando volo 2801 Vnukovo Airlines, proveniente da Mosca e diretto a Longyearbyen, con a bordo abitanti alle 10.22 del 29 agosto 1996 si schiantò contro la montagna Operafjellet per il mal tempo. Diversamente che per Pyramiden, Barentsburg, sia pure in maniera molto più dimessa e con una popolazione di residenti ridotta del 75%, è rimasta ancora attiva. Come si diceva, oggi ci sono circa 400 residenti, minatori russi ed ucraini e le loro famiglie. Oggi contano molto anche sui visitatori esterni e si sono organizzati con improvvisate guide che accompagnano chi volesse in giro per la città. Hanno allestito anche un picco negozietto di souvenir dentro l’Ufficio postale. E’ un’esperienza assolutamente da fare se siete alle Svalbard. Il tempo qui ha rallentato. Avrete il privilegio di vedere come si viveva decine di anni fa in questi sperduti villaggi artici, e l’atmosfera è quasi la stessa che potreste trovare nelle più remote frontiere siberiane.  

Da Longyearbyen ci sono diverse navi (tipo rompighiaccio) che fanno scalo a Barentsburg. Alcune si sono organizzate per offrire gite di un giorno, con tanto di pranzo a base di zuppa di balena o manzo davanti al ghiacciaio Esmark, dove con un po’di fortuna si possono vedere orsi polari. Ci imbarchiamo su una di queste dal singolare nome di Polar Girl. Arrivati a Barentsburg, c’è da salire una lunga e ripida scalinata di legno sbiancato dal mare e dal vento. Il panorama sulle montagne e sul ghiacciaio è mozzafiato e man mano che si sale si cominciano a vedere i primi edifici di legno, alcuni in cattive condizioni e forse non più utilizzati. 

Terminate le passerelle e scale in legno, che colmano il dislivello tra la linea di costa e l’insediamento, potrete dirigervi avanti a voi verso alcuni edifici grandi e coloratissimi. Davanti ad uno di essi, il busto di Lenin, il secondo più a nord del mondo. Il primo è quello di Pyramiden per un grado di latitudine (Baretnsburg 78°- Pyramiden 79°). Salendo sulla destra, si incontrano l’Ufficio postale, la scuola con decorazioni di sapore artico (balene, trichechi e orsi campeggiano disegnati sulla facciata), gli uffici della Arktikugol in un palazzo rosso acceso. E ‘ da qui che partono i minatori per la miniera dopo essere stati sottoposti al controllo dell’alcool che deve risultare assolutamente assente. Ai minatori è severamente vietato consumare bevande alcooliche. La contraddizione è che invece qui, come a Pyramiden, si può bere uno dei cocktail più forti del pianeta, con gradazione rigorosamente pari alla latitudine (78°) e dall’evocativo nome di “see you tomorrow”. 

Più avanti, un birrificio, il Krasnyi medved, l’orso rosso, con allusione al tipo di birra rosso ambrata qui prodotta. A fianco la scritta 78°04 con riferimento alla posizione geografica. 

IL KRASNIY MEDVED

Tornando indietro alla grande piazza dove c’è il busto di Lenin, e proseguendo sul lato opposto a quello di provenienza si arriva ad una piccola chiesa di legno, molto suggestiva, ma moderna (1996), eretta come commemorazione delle vittime del disastro aereo del 1996. Nei pressi ci sono alcuni impianti sportivi ed una piscina simile a quella di Pyramiden con acqua di mare riscaldata, ma che ci hanno detto non più funzionante. A Barentsburg c’è anche un ospedale, ma funziona solo per le emergenze. Ci sono alcuni istituti e stazioni di ricerca ed un museo che non abbiamo visitato per ragioni di tempo. 


PYRAMIDEN

 

Le Isole Svalbard custodiscono un relitto di un’epoca ormai tramontata, ma che è possibile magicamente rivivere negli spazi sconfinati e nel silenzio assordante di quelle lande desolate: Pyramiden. Pyramida in russo, è un insediamento minerario abbandonato di epoca sovietica sull’isola di Spitzbergen, sul 79° parallelo latitudine nord. Il nome lo prende dalla montagna a forma di piramide che la sovrasta. Furono gli Svedesi a fondare la miniera nel 1910. Subito si resero conto delle difficoltà di lavorare in condizioni di totale isolamento a quelle latitudini e nel 1927 cedettero la miniera ad una società russa, la Russkij Grumant, che qualche anno dopo la cedette alla Compagnia mineraria russa Arktikugol che è ancora proprietaria della miniera. Distrutta dai tedeschi durante la seconda mondiale, fu ricostruita ancora più grandiosa durante il regime sovietico, anche allo scopo di celebrarne la grandezza. Come una città, era dotata di tutto: aveva un teatro cinema, scuole di ballo e di musica, una scuola, un asilo, un ospedale modernissimo, una biblioteca, una piscina con acqua di mare riscaldata, palestre, campi da basket e da calcetto, una grande mensa, poiché nelle case non c’erano cucine e il cibo veniva preparato per tutti in un unico edificio. Le case erano in realtà tre edifici residenziali: uno per le famiglie chiamato la “crazy house” (сумасшедший дом) in contrapposizione con l’austerità degli altri due; uno per gli uomini chiamato Londra (Лондон); uno per le donne chiamato Parigi (Париж). A partire dagli anni '60 Pyramiden si era ingrandita molto superando i 1000 abitanti, al punto che venne anche creata una sezione del KGB con un suo apposito edificio.

Le ragioni dell’abbandono della città furono molteplici. A parte il crollo dell’URSS e la fine dell’era sovietica, la miniera cominciò a non essere più produttiva. Negli ultimi anni di attività si estrasse il carbone appena sufficiente al mantenimento della città, attività estrattiva che cessò definitivamente nel 1998. Fu, però, il disastro aereo del 1996 a determinare l’inizio della fine di Pyramiden. Il volo 2801 Vnukovo Airlines, proveniente da Mosca e diretto a Longyearbyen, con a bordo 130 abitanti di Pyramiden alle 10.22 del 29 agosto 1996 si schiantò contro la montagna Operafjellet poco prima di virare verso l’aeroporto di Longyearbyen. Gli ultimi abitanti lasciarono la città il 10 ottobre 1998. Alcuni si trasferirono a Barentsburg, una miniera russa ancora oggi parzialmente attiva, altri tornarono in patria. 

Oggi la Arktikugol mantiene ancora una sorta di controllo sull’insediamento. Sei persone a turno vivono qui manutenendo gli impianti, come se un giorno o l’altro la città dovesse tornare a vivere. Ma sappiamo tutti che questo è impossibile. L’orso sovietico ormai è addormentato per sempre e il suo “insediamento modello” ormai mummificato tra i ghiacci e le nere montagne. Dal 2012 è stato rimesso in funzione il vecchio albergo della città, il Tulipan Hotel, dove vivono i guardiani della miniera. Uno tra tutti: Aleksander Romanovskij, detto “Sasha” divenuto ormai leggendario tra chi ha visitato la miniera. Se lo incontrate, chiedetegli di raccontarvi di quella notte quando un orso polare ha fatto irruzione nell'Hotel Tulipano da una finestra al pian terreno devastando il bar. Le comunicazioni con il mondo esterno possono avvenire solo tramite telefoni satellitari. I cellulari funzionano solo a Longyearbyen e Barentsburg.

 

(per il diario dell’esplorazione vedi Link sotto)

RINGRAZIAMENTI A:

Stefano Poli

Marco Fenili di 4winds 

 

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