REGGIA DI CASERTA: IL PARCO ED IL GIARDINO INGLESE

Caserta nasce in età medioevale come borgo montano, ma in età moderna lo spopolamento e le necessità commerciali spingono l’abitato a spostarsi più a valle, nel luogo del preesistente villaggio chiamato “La Torre”. Tra il Cinquecento e Seicento, abbandonata Casa Hirta, l’antica città arroccata sulla collina e da cui deriva il nome, Caserta si è dunque espansa in pianura. Qui un tempo era la residenza dei Principi Acquaviva d’Aragona circondata da giardini all’italiana. Nel corso dei secoli, a causa di avvicendamenti feudali, il suo possesso passò dagli Acquaviva ai Caetani di Sermoneta, fino a quando il feudo non fu acquistato da re Carlo di Borbone. È l’inizio di un progetto che prevede non solo la costruzione della Real Casa, ma anche l’ideazione del piano urbanistico della città, affidato all’architetto Luigi Vanvitelli: si sviluppa la Caserta moderna. Nel 1734 il diciottenne Carlo di Borbone sale al trono di Napoli. Carlo non lo governa per conto della casa Reale di Spagna, ma lo tiene per sé; e così dopo oltre 200 anni il regno torna ad essere indipendente. Figlio di Elisabetta Farnese e Filippo V, il sovrano porta in sé il segno di una cultura illuminata che gli consentirà di avviare importanti azioni di rinnovamento. Negli anni ’40 del Settecento il re comincia a immaginare un progetto visionario senza precedenti sul territorio. Il sogno di re Carlo prende forma nel 1750, con l’acquisto del feudo di Caserta per la cifra di 489.348,13 ducati. Il 20 gennaio del 1752, a Caserta, il re posa la prima pietra del cantiere che cambierà le sorti dell’intera area. Il sogno di re Carlo non include solo l’edificazione della Reggia di Caserta, ma anche lo sviluppo della città e del territorio circostante, come dimostra la costruzione dell’Acquedotto Carolino. La sua realizzazione consente di approvvigionare non solo il Parco Reale con le sue vasche e fontane ma anche la città di Caserta e il Borgo di San Leucio. La nascita nel territorio di realtà produttive come le manifatture seriche di San Leucio e l’azienda agricola di Carditello testimonia l’attenzione rivolta dal sovrano alle potenzialità del territorio e al suo sfruttamento.

Rispettoso delle preesistenze, Luigi Vanvitelli integrò nei suoi progetti una parte dell’antico complesso. Mantenne l’assetto dei boschetti, introdusse specie arboree che garantissero la costanza annuale del verde e riutilizzò una parte delle collezioni statuarie degli Acquaviva.

Luigi Vanvitelli non visse abbastanza per vederne la conclusione. I lavori proseguirono sotto la direzione del figlio Carlo. 

Il Palazzo ha una pianta rettangolare di circa 47.000 mq e un’altezza di 5 piani che sfiora i 40 m. È uno degli edifici privati più grandi, persino più grande di Versailles.  Lo spazio interno è diviso da due bracci ortogonali che incrociano nel mezzo i corpi principali delle facciate. Questo incrocio dà origine a quattro imponenti cortili. Al primo piano, o “Piano Reale”, erano gli Appartamenti, che Vanvitelli aveva suddiviso in “quarti” riservati ai vari membri della famiglia reale. Il Quarto del Principe ereditario, destinato agli ambienti privati, fu l’unico abitato dai Borbone a partire dal 1780, quando vi si insediò Ferdinando IV con la moglie Maria Carolina. Il Quarto del Re, destinato agli ambienti di rappresentanza, fu completato intorno alla metà dell’Ottocento. Il Palazzo affaccia a sud su una grande piazza ellittica, che un tempo accoglieva le adunate militari e i tornei, ed a nord sul Parco Reale.

Il Parco Reale, parte integrante del progetto presentato dall’architetto Luigi Vanvitelli ai sovrani, si ispira ai giardini delle grandi residenze europee del tempo, fondendo la tradizione italiana del giardino rinascimentale con le soluzioni introdotte da André Le Nôtre a Versailles. I lavori, con la delimitazione dell’area e la messa a dimora delle prime piante, iniziarono nel 1753, contemporaneamente a quelli per la costruzione dell’Acquedotto Carolino, le cui acque, dalle falde del Monte Taburno, avrebbero alimentato le fontane dei giardini reali. Il giardino formale, così come oggi si vede, è solo in parte la realizzazione di quello che Luigi Vanvitelli aveva ideato: alla sua morte, infatti, nel 1773, l’acquedotto era stato terminato ma nessuna fontana era stata ancora realizzata. I lavori furono proseguiti, come detto, dal figlio Carlo, il quale, fu fedele realizzatore del progetto paterno, conservando il ritmo compositivo dell’alternarsi di fontane, bacini d’acqua, prati e cascatelle. 

Vanvitelli progettò la “via dell’acqua” per creare una illusione ottica molto suggestiva arricchita da sei meravigliose fontane con corpo scultoreo. La prima è la Fontana di Margherita che delimita il giardino all’italiana e introduce al giardino all’inglese. Poi, troviamo in ordine: la Fontana dei Tre Delfini, la Fontana di Eolo, la Fontana di Cerere, la Fontana di Venere e Adone e a conclusione della via dell’acqua c’è la Grande Cascata che si getta nella sesta ed ultima Fontana, la fontana di Diana e Atteone. Per giungere in cima alla cascata ci sono due scalinate laterali. Una piccola grotta sopra la cascata, progettata da Vanvitelli, dona una vista spettacolare a tutto il parco del territorio di Caserta fino Napoli.


LA FONTANA DEI TRE DELFINI

LA FONTANA DI EOLO

LA CASCATA E LA FONTANA DI DIANA E ATTEONE

A nord-est del Parco, su una superficie di circa 25 ettari, delimitata dal borgo di Puccianiello e dall’antica Via dei Mulini, si sviluppa il Giardino Inglese, detto anche “di paesaggio”, realizzato da John Andrew Graefer.

Voluto dalla moglie di Ferdinando IV, Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, su consiglio del ministro plenipotenziario britannico William Hamilton, fu costruito a partire dal 24 luglio 1786. Con una scenografia prossima al gusto romantico d’Oltremanica, già ripresa a Versailles presso il giardino anglo-chinois del Petit Trianon, il Giardino Inglese di Caserta è caratterizzato da scorci apparentemente selvaggi dove, tra rilievi e corsi d’acqua, trovano posto presunte rovine archeologiche, che evocano le entusiasmanti scoperte pompeiane. Caratteristici del giardino inglese sono infatti il “bagno di Venere”, i ruderi del “tempio dorico” nel laghetto dei cigni e il “Criptoportico”.

Il Criptoportico, un finto ninfeo semicircolare con pareti di tufo scandite da colonne, pilastri e nicchioni con statue classiche, provenienti dagli scavi archeologici dei Borbone e dalla collezione Farnese. Gli squarci nella volta, il pavimento sconnesso e l’opus reticolatum che si intravede sulle pareti erano appositamente studiati per convincere i visitatori di trovarsi in un autentico rudere di epoca romana.

Il profilo semicircolare del Criptoportico, opera di Carlo Vanvitelli, abbraccia il cosiddetto Bagno di Venere, un suggestivo scorcio caratterizzato dalla presenza di una statua in marmo di Carrara, scolpita da Tommaso Solari nel 1762. Posta in loco nella prima metà dell’Ottocento, rappresenta la dea Venere nell’atto di uscire dall’acqua. Le sponde dello specchio d’acqua sono animate da una fitta vegetazione, tra cui si distinguono felci e capelvenere, oltre che un esemplare monumentale di Taxus baccata. 

Una sorgente artefatta, posta alla base della secolare pianta di tasso messa a dimora dal giardiniere John Andrew Graefer nei pressi del Bagno di Venere, alimenta un ruscello che sfocia nel cosiddetto Lago dei cigni. Sulle sue due isole sorgono un piccolo padiglione chiamato "Casa dei cigni" e le false rovine di un tempio che, come il Criptoportico, sintetizza elementi archeologici autentici con murature finto rudere.

SCORCI DEL GIARDINO INGLESE

IL LAGHETTO DEI CIGNI E RUDERE DI TEMPIO ROMANO

IL BAGNO DI VENERE

IL CRIPTOPORTICO

Visitare la Reggia di Caserta è un’esperienza inebriante ma anche molto impegnativa, data la notevole estensione e densità artistica del sito. Consigliamo, quindi, di dedicare un giorno alla Reggia ed un giorno al parco globalmente inteso: giardini all’italiana, Castelluccia, bosco vecchio, peschiera, la via dell’acqua con le vasche e le fontane, il giardino all’inglese, la cascata e la grotta. È possibile acquistare il biglietto solo per il Parco (€ 5) separatamente dalla Reggia. Se, quindi, conoscete già la Reggia ma non avete mai visitato il Parco potete fare il biglietto solo per quello.

Sono attive delle navette con piccoli bus elettrici che portano fino in cima alla Fontana di Diana e Atteone al costo di € 2,50 andata e ritorno, così è possibile risparmiare il tragitto di andata in leggero ma lungo e affaticante declivio.