LA CRYPTA NEAPOLITANA E VIRGILIO MAGO

Nella città in cui mito e realtà si confondono e le leggende hanno ancora credito tra la gente, un posto speciale lo occupa Publio Virgilio Marone, lo scrittore latino autore dell’Eneide. Virgilio ha stabilito un rapporto speciale con Napoli, tanto da diventare qualcosa di totalmente diverso dal reale ed assumere i contorni di una figura mitologica, un semidio come alcuni dei personaggi delle sue opere. Virgilio non è solo un autore classico che ha mitizzato la nascita di Roma, ma è una sorta di alchimista ante litteram che ha varcato le soglie del mondo visibile penetrando ogni segreto più arcano e nascosto dell’invisibile. È, dunque, un iniziato, un potente mago al cui sortilegio è affidata la sorte di un’intera città che lo ha adottato: Parthenope. Ancora oggi vi capiterà di vedere nelle case il suo ritratto stilizzato, ancora oggi sono tante le richieste di aiuto depositate nell’urna del suo tumulo funebre. Un autore classico creatore di miti eterni, la sua tomba proprio accanto ad una misteriosa spelonca che conduceva proprio ai luoghi del mito sono ciò che ha attraversato i secoli ed è arrivato fino ai giorni d’oggi. Chi era veramente Virgilio?

In sintonia perfetta con il personaggio, anche le notizie biografiche si stemperano nella leggenda. Della sua vita sono arrivate notizie frammentarie, da diversi autori, anche coevi. Una fonte importante è costituita dal Commentario a Virgilio di Aelius Donatus, arrivato incompleto fino a noi. Rimangono soltanto: la lettera dedicatoria al suo patrono Lucio Munazio; la biografia del poeta; l'introduzione alle Bucoliche. Nella Lettera il grammatico espone il metodo filologico da lui seguito i cui cardini sono costituiti dalla completezza e dalla brevitas, con il continuo riferimento alle sue fonti. La Vita è invece tratta da Svetonio, da quella Vita Vergili parte del De poetis, sezione per noi perduta del De viris illustribus.

Sappiamo che Publius Vergilius Maro nacque ad Andes, un villaggio agricolo vicino Mantova, il 15 ottobre del 70 a.C.

Intorno al 42 a.C. si trasferì a Napoli dove entrò in contatto con la scuola Epicurea attraverso due grandi maestri: Sirone e Filodemo. Si stabilì nella Villa di Sirone sulla collina di Posillipo, dove pare amasse molto vivere perché lontano dal clamore di Roma. Oggi di questa Villa non ci sono più tracce e nessuno sa esattamente dove fosse ubicata di preciso. 

Le cronache lo descrivono come una persona schiva, riservata, di aspetto gracile. Per il suo interesse per i giovani uomini fu soprannominato Parthenias, il “verginello”.

Tra le opere famose di Virgilio si annoverano le Bucoliche e le Georgiche.

Le Bucoliche furono scritte nel periodo della guerra civile e degli eventi traumatici che coinvolsero anche l’autore, con l’esproprio delle sue terre in favore dei veterani. Fu questo uno dei motivi che spinsero Virgilio ad andare a Napoli.

Le Georgiche furono scritte in onore di Mecenate che lo introdusse alla corte di Augusto. Negli ultimi anni della sua vita, dopo aver scritto l’Eneide, la sua opera più nota, Virgilio decise di intraprendere un viaggio in Asia minore per sottoporre il testo ad una verifica sul campo. Tale viaggio gli fu fatale. Di salute cagionevole, si ammalò gravemente e mori sulla via del ritorno a Brindisi nel 19 a.c.. Prima di morire chiese ai suoi compagni di viaggio Plozio Tucca e Vario Rufo di distruggere la sua opera perché incompleta e non corretta. I due non esaudirono il suo desiderio e consegnarono il manoscritto ad Augusto. Fortunatamente quel capolavoro è così giunto fino ai nostri giorni. Come da suo desiderio, il celebre poeta fu portato e sepolto a Napoli; sulla tomba fu posto questo epitaffio, pare dettato dallo stesso Virgilio: Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope. Cecini pascua, rura, duces. “Mantova mi generò, la Calabria mi rapì a vita, ora mi custodisce Partenope. Cantai i pascoli, le campagne, gli eroi”. 

Quanto detto finora spiega ben poco di cosa sia, poi, diventato Virgilio per i napoletani e perché.

Per comprenderlo, dobbiamo distinguere il Virgilio letterato di fama vissuto in epoca imperiale dal Virgilio dell’immaginario popolare napoletano. Le tante leggende e i racconti che colorirono e ingigantirono la figura del poeta furono il frutto di un lento processo che conobbe l’apice in epoca tardo medioevale, quando Virgilio smise di essere un semplice autore classico per diventare una figura esoterica con immense capacità divinatorie, creatore di un uovo magico che egli stesso aveva seppellito nel Castrum Lucullanum (oggi Castel dell’Ovo) alla cui integrità era affidata le sorte stessa della città. Le cronache medioevali riportano che, al tempo della regina Giovanna I, il castello subì ingenti danni a causa del crollo dell'arcone che unisce i due scogli, dovuto ad un terremoto, sul quale esso è costruito e la Regina fu costretta a dichiarare solennemente di aver messo in salvo l'uovo per evitare che in città si diffondesse il panico. Ciò che Virgilio aveva scritto in vita finì per mescolarsi al reale, le leggende stemperarsi nella vox populi; la sua stessa persona finì per essere accostata a figure letterarie da lui stesso create come la Sibilla Cumana. Secondo lo storico Clovis Lamarre: Le opere di Virgilio, alle quali si era presto attribuita la stessa virtù dei libri sibillini, si trovavano depositate in un gran numero di templi ed era nata la consuetudine di consultarle nelle circostanze difficili: si aprivano a caso e i versi che cadevano sotto gli occhi servavano di risposta agli interroganti. Queste consultazioni erano dette Sortes Virgilianae e l’uso si mantenne per tutto il medioevo”.

Ricordiamo che Dante scelse proprio Virgilio come guida nell’oltretomba e non per ciò che aveva scritto in vita, ma piuttosto per la fama che si era guadagnato dopo.

Tra le tante leggende che ruotano attorno a Virgilio, ve ne è una molto significativa relativa al tempo della dominazione normanna (XII sec.). Virgilio era già considerato il protettore dei napoletani, una sorta di San Gennaro dell’epoca.  Le cronache riportano di un misterioso forestiero che intendeva aprire il sepolcro di Virgilio a scopo di studio. Chiese il permesso al Re che glielo accordò. La notizia si sparse presto tra la popolazione che considerava questa una profanazione, un atto sacrilego.  Quando la lastra tombale fu sollevata si sollevò una nube nera che oscurò completamente il luogo per diversi minuti. Quando la nube si diradò, comparve il vate assolutamente intatto adagiato nel sepolcro con la testa appoggiata ad uno scrigno di rame. Il forestiero ordinò allora di estrarre lo scrigno e consegnarglielo. Era questo, dunque, che cercava, il forziere contenente tutti i libri con i segreti e le sue formule. Lo straniero andò via, di lui e del libro non si è saputo più nulla. Questo episodio alimentò altre leggende: chi racconta che lo straniero fu ucciso dalle stesse formule magiche che tento invocare, chi racconta che i libri erano finiti in Vaticano in gran segreto. Questa storia nasconde qualcosa di vero. Abbiamo visto che Virgilio voleva distruggere i manoscritti dell’Eneide perché non corretti e incompleti, ma lo scrigno che portava con sé contenente i libri fu, invece, portato in salvo dai suoi compagni di viaggio che non esaudirono a richiesta del poeta morente. Nell’economia di un Virgilio divenuto stregone, depositario di immensi segreti, è possibile immaginare come questa vicenda sia stata distorta. 

E veniamo adesso alla Tomba di Virgilio. Si tratta di un tumulo di epoca classica su una collina alle spalle della chiesa di santa Maria a Piedigrotta, vicino la Crypta Neapolitana, una spelonca che costituiva l’antico passaggio per recarsi nei campi flegrei, la terra del mito virgiliano. Va detto per completezza che non tutti sono d’accordo sull’ubicazione della tomba di Virgilio. Il tumulo, secondo alcuni, non corrisponderebbe alle misure tramandate dagli storici classici, quel “iter secundum lapidem” dalle antiche Porte cittadine di Puteolana e Cumana. Il decumano maggiore, via Tribunali, aveva ad oriente la Porta Campana (poi Capuana nel XV secolo) e ad occidente Porta Puteolana (nei pressi della chiesa della Croce di Lucca). Per il decumano inferiore, ad oriente era presente la Porta Ercolanense (poi detta Furcillensis) fino alla Porta Cumana ad occidente (detta poi Reale, nei pressi del largo di San Domenico Maggiore).

Secondo questi, il luogo dove doveva essere la tomba di Virgilio ricadrebbe all’interno della odierna Villa “Comunale”, 1,3 km prima della conosciuta tomba. Tuttavia, in quell’area non c’è traccia di alcun sepolcro di epoca classica. Una leggenda nella leggenda.

Presunta o tale, la Tomba di Virgilio si trova come detto su un colle alle spalle della Chiesa di santa Maria a Piedigrotta. Esso viene accuratamente descritto da molti noti scrittori, come Matilde Serao in “Napoli antica” oppure da Alexandre Dumas nel “Corricolo”: La presunta tomba di Virgilio è sita all’ingresso della grotta di Pozzuoli. Al sepolcro del poeta si sale per un sentiero tutto coperto di rovi e di spine; è un rudere pittoresco sormontato da una verde quercia, le cui radici lo stringono come artigli d’aquila. Dicono che in altri tempi al posto della quercia sorgeva un lauro gigantesco che vi era nato spontaneamente. …”

Una grande quercia, dunque, occupava già nel Settecento il posto dove la tradizione racconta ci fosse invece un grande albero di Alloro. L’Alloro era il segno magico di Virgilio, colui che nacque sotto un Alloro e fu seppellito sotto un Alloro. Si diceva che tale pianta traesse nutrimento dallo stesso corpo di Virgilio, assorbendone il potere. L’ennesima leggenda narra che chiunque volesse ottenere una grazia particolare dovesse masticare la foglia dell’“albero sacro”. Anche qui troviamo una sorta di immedesimazione di Virgilio con i personaggi mitici da lui creati. Sempre la Sibilla di Cuma per entrare nello stato di trance profetico masticava foglie di alloro, l’albero sacro ad Apollo.

Le foglie della odierna quercia, al pari del sacro alloro della tradizione, erano ritenute magiche tanto che erano persino richieste dagli immigrati italiani negli USA. 

L’antica lapide posta nella zona del sepolcro, opera di Sebastiano Bartoli del 1668 conferma la presenza di un grande albero di Alloro “Ecce meos cineres: tumulantia saxa coronat laurus, rara solo vivida pausilypi. Si tumuls ruat, aeternum hic monumenta Maronis servabunt lauris, lauriferi cineres. Virgili Maronis super hanc rupem superstiti tumulo sponte enatis lauris coronato, sic lusit arago. Ther. Auc.” ovvero  “Ecco le mie ceneri: l’alloro che qua e là fiorisce sul suolo di Posillipo fa corona alla mia tomba. Se pure la tomba rovinasse, le ceneri, generatrici di alloro, custodiranno qui in eterno il ricordo di Marone, grazie all’alloro. Su questa roccia, sulla tomba superstite di Virgilio Maro, coronata d'alloro, così suonava”.

E oggi, cosa è rimasto?

Oggi la Tomba di Virgilio è all’interno di un parco, il “Vergiliano”, a lui dedicato (da non confondere con quello in cima a Via Posillipo) cui si accede attraverso un cancello ed un sentiero poco prima della attuale moderna galleria di transito delle auto per Fuorigrotta.

Questi i riferimenti: Salita della Grotta, 20 – Coord. 40.830496, 14.218106.

Il sentiero si snoda lungo una collina dove in cima ci sono la Tomba di Virgilio con l’epitaffio e di fianco la Crypta Neapolitana. Lungo la salita si trova un busto di Virgilio ed una grande lapide composita. Su questa lastra si legge in sequenza: il carme “De Balneis Puteolanis” (delle terme di Pozzuoli) attribuito a Pietro da Eboli, scritto probabilmente nel 1197 in lode all'imperatore Enrico VI. In quest'opera si descrivono le qualità mediche di trentacinque bagni termali nei Campi Flegrei dove le proprietà dei balnea sono affiancate ai ludus del risanamento. La zona era famosa già in epoca classica, ne parlavano già Orazio, Ovidio, Seneca ed erano al centro dell'attenzione dei viaggi medievali, visto che erano gratuiti e aperti a tutti. Nell'autunno del 1227 anche l'imperatore Federico II si recò a Pozzuoli per curarsi di una malattia contratta in procinto di partire per la crociata.  Il trattamento termale, che durava generalmente tre settimane, aveva luogo principalmente in primavera o in autunno, al riparo degli eccessi del clima. Il bagno era alla base di ogni cura: il Balneum Calatura ridesta l'appetito e sconfigge l'anoressia; il Balneum Juncara rende temprati e attenti all'altro sesso; il Balneum Petrae provoca la rimessa dei calcoli renali attraverso l'urina etc. 

Subito dopo c’è il passo Sebastiano Bartoli del 1668 citato sopra.  

Il Vergiliano

Ad arricchire ancora di più di fascino, qualora ce ne fosse bisogno, qui c’è anche la tomba di Giacomo Leopardi che visse a lungo a Napoli che lo considerò sempre un personaggio molto controverso. 

tomba di Leopardi

E la Crypta Neapolitana?

La Crypta è una immensa spelonca che si apre nel muro di tufo accanto alla tomba di Virgilio e arriva più o meno dove sbuca la odierna galleria carrabile, ma più in alto, in cima ad una strada che non per caso si chiama Via "della vecchia grotta".

Per secoli considerata un luogo sacro, dove si praticava il culto pagano di Mitra, nonché più tardi quello cristiano della Madonna.

La crypta era la porta di collegamento con  i  campi flegrei, quella terra del mito che tanto affascinò l’autore dell’Eneide e che di rimbalzo, grazie a lui, ha affascinato ed attirato viaggiatori da tutto il mondo, quelli del colto ed elitario mondo del gran tour e quelli del moderno turismo di massa. Dal Corricolo di Alexandre Dumas: “ Dalle finestre del nostro albergo scorgevamo la tomba di Virgilio e la grotta di Pozzuoli. … Di là da quella grotta, che Seneca chiama una lunga prigione, era il mondo sconosciuto delle antiche stregonerie: l’Averno, l’Acheronte, lo Stige; poi se bisogna credere a Properzio, Baia, lussuriosa città di perdizione che, più sicuramente e più presto che ogni altra città, conduceva ai cupi regni infernali. Ci munimmo del nostro Virgilio, del nostro Svetonio e del nostro Tacito, salimmo nel nostro corricolo (il calesse usato all’epoca per accompagnare i forestieri in giro) e, domandati dal cocchiere ove dovesse condurci, gli rispondemmo tranquillamente: – All’inferno! – Il nostro cocchiere partì al galoppo.”

ingresso Crypta


uscita su via della vecchia grotta

 

Il culto di Virgilio e la conseguente venerazione per questi luoghi ha sfidato l’oblio dei secoli ed è giunta fino ai nostri giorni. È di qualche giorno fa la notizia in un’inchiesta di Repubblica: pare che le richieste di aiuto rivolte a Virgilio sotto forma di bigliettini da lasciare nell’urna siano in forte aumento. Virgilio, Parthenope, Neapolis, i campi flegrei sono molto più che luoghi fisici e come le ceneri di Virgilio Etiam si in ruinam caderent, haec loca a gloria servarentur. 

 

© giovanni Rossi Filangieri 29.6.25