Pitigliano è un borgo medioevale arroccato su un promontorio tufaceo che si erge per circa 300 metri sul livello del mare. È sorprendente osservare come le case siano state costruite una sull’altra, occupando il più piccolo spazio, e come alcune si affaccino vertiginosamente sul baratro. Ci ha ricordato un altro bel borgo che si trova nel Sannio, Santagata de Goti. Tutto intorno, belle vallate ricche di boschi, solcate da due fiumi, il Lente ed il Maleta. Il nome Pitigliano sembra risalga ai fondatori, due antichi romani i cui nomi erano Petilio e Celiano. Ma ci sono testimonianze di una presenza umana legate a civiltà anteriori, di epoca preistorica fino ad arrivare agli etruschi e ai romani.
Il periodo medioevale ha visto questo luogo posseduto da importanti casati: Aldobrandeschi, Orsini, Medici. Tuttavia, questo luogo, di per sé estremamente affascinante, è famoso per essere stato prima rifugio e poi ghetto di ebrei, tanto da meritare l’appellativo di “piccola Gerusalemme”. Che ci fosse una concentrazione di persone di religione ebraica in questa zona non appare strano, considerando che questi luoghi rimasero immuni alle restrizioni papali e del Granducato di Toscana che videro nella seconda metà del XVI secolo leggi che ne limitavano i diritti e le libertà. Qui si sentivano relativamente tranquilli e potevano svolgere liberamente le loro attività. Giungevano per lo più dai centri vicini ma anche da lontano. Ed anche quando le condizioni dei vicini centri divennero difficili, Pitigliano rimase sempre un’oasi per la comunità ebraica. Queste condizioni favorirono un modello di reciproca tolleranza e integrazione tra cristiani ed ebrei al punto che Pitigliano cominciò ad essere soprannominata la “piccola Gerusalemme”. C’erano una sinagoga, costruita nel 1598, e numerose attività tradizionali, come il macello e la cantina Kasher, il bagno per la Tevilà, il bagno rituale, il cimitero ebraico.
Le persecuzioni della Seconda guerra mondiale, in seguito alle leggi razziali, trasformarono questa comunità in un ghetto e cominciò il declino lento.
Oggi, della comunità quasi non c’è più traccia se non in ciò che rimane a testimonianza. Rimangono pochissimi, e molto anziani, esponenti di fede ebraica. I cittadini Pitiglianesi hanno protetto e difeso i concittadini di fede ebraica durante la guerra, ne hanno ricostruito la sinagoga quando crollò a seguito di una frana nel 1960, ne mantengono vive le tradizioni anche se appartenenti ad una sfera religiosa diversa. Pitigliano rimane un esempio raro di possibile rispetto reciproco e di pacifica convivenza ed è per questo va visitato.
Oggi il ghetto, che occupa il cuore del centro antico, è affollato da turisti in tutte le stagioni in cui, tuttavia, ancora si respira l’atmosfera di ciò che è stato. La memoria è stata preservata e potrete anche visitare i luoghi tradizionali, che oggi sono per lo più musei.
La Sinagoga, ad esempio, oggi è utilizzata di rado, per lo più per matrimoni o per Bar-Mitzvah, la cerimonia ebraica che segna il passaggio di un ragazzo alla maturità religiosa (13 anni) che diventa responsabile dell'osservanza dei comandamenti e della legge ebraica. Il rito include solitamente la lettura della Torah e dell'Haftarah in sinagoga, e viene celebrato con una festa o un banchetto.
La Sinagoga fu eretta nel 1598 a spese di Leone di Sabato, come ricorda una targa di ceramica. Dalla ricostruzione del 1995 a spese del Comune apre per lo più per le visite turistiche. L’Aron ha-codesh (armadio), il cuore di tutte le Sinagoghe poiché custodisce la Torah, è rivolto verso Gerusalemme.
Quando gli ebrei iniziarono ad abitare il borgo di Pitigliano, trovarono una serie di stanze già scavate nel Tufo e le trasformarono in quelli che oggi sono: il Miqvè, la macelleria e la cantina Kasher, il forno delle azzime e la tintoria.
Il Miqvè (raccolta di acque) era sostanzialmente una vasca per la raccolta delle acque piovane ad uso del bagno rituale (Tevilà). La Tevilà, eccetto quella prima del matrimonio, va fatta di sera, subito dopo il tramonto.
Il Macello Kasher permetteva la macellazione rituale che avveniva con un solo taglio netto della giugulare. Una volta che l’animale sia completamente dissanguato (La legge ebraica vieta l’uso del sangue) poteva essere lavorato.
La cantina Kasher permetteva la produzione di vino secondo i rituali pervisti dalla religione ebraica. Non è consentito l’uso di additivi a base di caseina. Le norme che regolano l’alimentazione ebraica vietano che si consumino nello stesso pasto cibi a base di carne e latticini. Quindi se il vino contenesse caseina non potrebbe essere bevuto mangiando carne.
Il Forno delle Azzime veniva aperto una volta all’anno perché la Comunità lo utilizzava esclusivamente per la cottura dei dolci e del pane azzimo negli otto giorni di Pasqua. Fu usato l’ultima volta nella Pasqua del 1939; poi, le leggi razziali ne impedirono il funzionamento. Da notare all’ingresso e nella porta di accesso al forno, sulla destra dello stipite, l’incavo dove veniva posta la Mezuzà, oggetto rituale ebraico, consistente in una pergamena su cui sono stilati i passi della Torah corrispondenti alle prime due parti dello Shemà, preghiera fondamentale della religione ebraica; solitamente essa viene racchiusa in un apposito contenitore.
Il Cimitero Ebraico, poco fuori del borgo, risale alla seconda metà del XVI secolo, quando il conte Niccolò IV Orsini concesse un piccolo appezzamento di terra al suo medico personale, l’ebreo Davide De Pomis, che vi seppellì la moglie. È davvero singolare la presenza della statua di una bimba sulla propria tomba e di un angelo pensante, dal momento che nei cimiteri ebraici non dovrebbero esserci raffigurazioni. Sono vietate immagini, fotografie o sculture.
Fonti: Comune di Pitigliano; associazione la piccola Gerusalemme
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